Matteo Salvini ha vinto le primarie della Lega Nord

Aveva contro l'assessore lombardo Gianni Fava, che rappresenta quelli a cui non piace la «svolta lepenista» del partito

Aggiornamento lunedì 15 maggio 2017
Il segretario uscente della Lega Nord, Matteo Salvini, ha vinto le primarie del partito ottenendo l’82,7 per cento dei voti e raggiungendo così l’80 per cento dei consensi che, secondo alcuni giornali, aveva fissato come obiettivo della consultazione. In tutto hanno votato 8.024 iscritti alla Lega Nord fino al 31 dicembre 2016, contro i 9.995 che votarono alle primarie del 2013. Salvini ha ottenuto 6.637, circa duemila voti in meno rispetto all’ultima consultazione tre anni fa.

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Domenica 14 maggio si voterà per le primarie della Lega Nord. Sono le seconde elezioni primarie per eleggere il segretario del partito, dopo quelle che nel 2013 portarono alla nomina di Matteo Salvini. Quattro anni fa Salvini vinse ottenendo l’80 per cento dei voti, contro il fondatore del partito Umberto Bossi. Questa volta Salvini dovrà battere l’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava. Quasi tutti gli osservatori danno per scontata la vittoria di Salvini, ma secondo i giornali l’attuale segretario si sarebbe posto un obiettivo molto ambizioso. Pochi giorni fa, secondo la Stampa, avrebbe detto che se non otterrà almeno l’80 per cento dei voti rinuncerà all’incarico. Alle primarie parteciperanno tutti i militanti della Lega Nord iscritti da almeno cinque anni.

La differenza di forze tra i due candidati è così grande che l’obiettivo di Salvini non sembra impossibile da raggiungere. Per presentare la sua candidatura Salvini è riuscito a raccogliere più di seimila firme, mentre Fava si è fermato poco oltre le mille necessarie. Salvini è molto conosciuto grazie alle sue numerose apparizioni in televisione, e ha il merito di aver guidato la Lega fuori dal momento peggiore della sua storia, quando in seguito agli scandali che avevano coinvolto il fondatore Bossi, il partito riuscì a ottenere appena il 4 per cento dei voti alle elezioni del 2013. Oggi, secondo i sondaggi, la Lega ha circa il triplo dei consensi dell’epoca. Con una percentuale tra il 12 e il 13 per cento la Lega è, insieme a Forza Italia, il più grande partito del centrodestra.

Salvini sostiene di essere riuscito a ottenere questo risultato trasformando la Lega da movimento territoriale, concentrato soprattutto sulla questione settentrionale, a partito nazionale. Oggi la Lega non ha più una sua specificità politica, rispetto al resto dell’estrema destra europea: si occupa soprattutto di immigrazione, tutela dei confini e protezionismo (o “sovranismo”): questioni nelle quali qualunque italiano potrebbe potenzialmente identificarsi. Salvini ha cercato di espandere la base territoriale della Lega, da sempre concentrata al nord e al nord est, e ha creato il movimento “Noi con Salvini” allo scopo di raccogliere voti nel centro e sud Italia. La scelta di concentrare la battaglia politica su temi nazionali ha fatto sì che la Lega abbandonasse numerosi dei suoi storici capisaldi, come il federalismo e la lotta per l’autonomia del nord. Salvini ha stretto numerose alleanze internazionali con partiti populisti e di destra radicale in tutta Europa: per esempio ha appoggiato in Francia la candidata sconfitta al secondo turno, Marine Le Pen.

Nonostante questi ottimi risultati, da circa un anno la leadership di Salvini sembra avere alcune difficoltà. Le ultime elezioni amministrative sono andate abbastanza male; la Lega ha perso il comune di Varese, dove governava dalla sua fondazione. Contemporaneamente non si è verificato lo “sfondamento al sud” di Noi con Salvini, mentre i sondaggi mostrano che ormai da molti mesi il partito ha rallentato o arrestato la sua crescita. Questa situazione ha rincuorato gli avversari interni di Salvini: negli ultimi mesi i suoi rivali hanno iniziato a mostrare sempre più insofferenza verso una linea politica che, a loro avviso, ha portato la Lega troppo lontano dalle sue radici e rischia, nel lungo periodo, di danneggiarla.

Secondo giornalisti ed esperti di Lega Nord, il principale avversario interno di Salvini è Roberto Maroni, ex segretario e attuale presidente della Lombardia. Maroni raramente ha attaccato Salvini, ma ha spesso lasciato filtrare la sua insofferenza per le scelte compiute dal segretario. Sul suo profilo Facebook, per esempio, pubblica spesso vecchi slogan del partito come “Prima il nord”, e foto delle vecchie manifestazioni avvenute a Pontida, quando la Lega era favorevole all’indipendenza della Padania. Mercoledì scorso, in un’intervista al Corriere della Sera, Maroni ha criticato Salvini dicendo che per la Lega è arrivato il momento di «tornare alle nostre origini di movimento post ideologico, né di destra né di sinistra. La nostra identità è l’identità dei nostri territori». Poi, riferendosi alle alleanze internazionali di Salvini e alla sconfitta del Front National alle presidenziali francesi, ha detto che «è finita la fase lepenista».

A sfidare Salvini domenica sarà un alleato di Maroni, il suo assessore all’Agricoltura Gianni Fava, 49 anni, mantovano. Fava dice di essere l’ultimo dei seguaci di Umberto Bossi e ripete spesso gli slogan che Bossi usava negli anni Novanta: «Non siamo né di destra né di sinistra, ma al di sopra, al Nord». Come Bossi era ostile al padre di Marine Le Pen, che nel 2002 portò per la prima volta al ballottaggio il Front National, così Fava è ostile alla figlia: «Non vogliamo diventare uno strapuntino di estrema destra lepenista» dice Fava, che descrive il partito di destra radicale francese come «fascisti che andavano davvero a scoperchiare le tombe degli ebrei».

Fava, racconta il Sole 24 Ore in un ritratto che gli ha dedicato questa settimana, è ancora convinto della missione originale della Lega Nord: «Il Carroccio deve continuare a essere il sindacato del Nord». Più che l’Europa e Bruxelles, il suo avversario è ancora Roma: «Io resto convinto che Roma sia la più avanzata capitale del Nord Africa. Milano, una delle più avanzate capitali d’Europa». Il Sole racconta che Fava ha anche altre opinioni in dissenso con quelle di Salvini: per esempio è stato favorevole alla legalizzazione della cannabis e ha criticato il giornale di partito, La Padania, quando nel 2013 iniziò una campagna contro l’allora ministra Cécile Kyenge.