Il capo dell’FBI ha spiegato perché annunciò la riapertura delle indagini su Clinton

«Mi viene la nausea a pensare di aver avuto un qualche impatto sul voto»

James Comey, capo dell'FBI, durante un'audizione in Senato. (AP Photo/Carolyn Kaster)
James Comey, capo dell'FBI, durante un'audizione in Senato. (AP Photo/Carolyn Kaster)

Il capo dell’FBI, James Comey, ha spiegato durante un’audizione al Senato perché lo scorso 27 ottobre decise di comunicare al Congresso di avere riaperto l’indagine sulle email di Hillary Clinton, contraddicendo la prassi consolidata per cui a ridosso di un’elezione le indagini si mantengono riservate, per evitare ripercussioni sul voto. Comey è stato accusato da più parti – compresa la stessa Hillary Clinton – di aver condizionato il voto con la sua decisione irrituale, anche perché nel frattempo l’FBI stava indagando anche su Donald Trump e i suoi rapporti sulla Russia, mantenendo però su quest’inchiesta la consueta riservatezza in campagna elettorale.

Comey ha spiegato che ha trattato diversamente il caso di Clinton perché si era già espresso in pubblico annunciandone la chiusura: a luglio, infatti, Comey aveva annunciato che la revisione delle email di Clinton e le audizioni con la stessa Clinton e vari testimoni non avevano prodotto prove o indizi per cui si potesse ipotizzare un reato. Comey aveva anche spiegato che l’FBI non era stata in grado di trovare alcune migliaia di email inviate e ricevute da Clinton nei suoi primi anni di mandato da segretario di Stato, quando usava un BlackBerry con operatore Verizon. Alla fine di ottobre, quando durante un’inchiesta separata – sul marito della principale assistente di Clinton – l’FBI trovò delle email di Clinton, l’indagine fu riaperta per verificare se quelle email contenessero fatti nuovi. A quel punto, ha spiegato Comey, non si poteva decidere di non fare niente e le opzioni erano solo due: non rendere pubblica la riapertura dell’indagine, dopo aver annunciato solennemente che quell’indagine era stata chiusa, sarebbe stato nascondere intenzionalmente quell’informazione.

«Parlare sarebbe stato molto brutto. C’era un’elezione dopo 11 giorni. Dio se non sarebbe stato molto brutto. Ma nasconderlo sarebbe stato catastrofico, non solo per l’FBI, e onestamente, dovendo scegliere tra “molto brutto” e “catastrofico”, ho detto al mio staff: dobbiamo fare la cosa molto brutta. […] È stato terribile. Mi viene la nausea a pensare di aver avuto un qualche impatto sul voto, ma onestamente oggi prenderei la stessa decisione. […] Abbiamo fatto in buona fede una scelta tra due opzioni – una delle esperienze più dolorose al mondo – e oggi sceglierei la stessa opzione. Non nasconderei al Congresso, il 28 ottobre, la riapertura delle indagini. Non voglio convincervi, ma voglio mettervi a parte di quello che penso»