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  • Martedì 2 maggio 2017

Hamas ha accettato i “confini del 1967”

Cioè quelli risultati dalla guerra arabo-israeliana del 1948: è una grossa novità, anche se non ci sono stati cambiamenti riguardo al riconoscimento di Israele come stato sovrano

Yahya Sinwar (a sinistra), nuovo leader di Hamas nella Striscia di Gaza, e Ismail Haniyeh (al centro) assistono al discorso di Khaled Meshal, il capo di Hamas in esilio in Qatar. La foto è stata scattata a Gaza, l'1 maggio 2017 (MAHMUD HAMS/AFP/Getty Images)
Yahya Sinwar (a sinistra), nuovo leader di Hamas nella Striscia di Gaza, e Ismail Haniyeh (al centro) assistono al discorso di Khaled Meshal, il capo di Hamas in esilio in Qatar. La foto è stata scattata a Gaza, l'1 maggio 2017 (MAHMUD HAMS/AFP/Getty Images)

Hamas ha diffuso un nuovo programma politico che contiene delle novità riguardo ai confini dello stato palestinese. Nel documento Hamas accetta per la prima volta formalmente l’idea che i confini della Palestina siano quelli del 1967, cioè quelli precedenti alla guerra dei Sei Giorni vinta da Israele e persa da Siria, Iraq e Giordania: è una novità importante, perché fino a ieri Hamas sosteneva che i confini palestinesi dovessero ricalcare quelli stabiliti dall’ONU nel 1947, molto più estesi. Hamas, che comunque nel documento non arriva a riconoscere lo stato d’Israele né accetta esplicitamente la cosiddetta soluzione “dei due stati”, aggiunge che non cercherà di fare la guerra indiscriminata contro la popolazione ebraica, ma concentrerà i suoi sforzi solo contro il sionismo, cioè quel movimento che ha come obiettivo la ricostruzione in Palestina di uno stato ebraico. Il documento è il risultato di anni di discussioni tra le varie fazioni di Hamas ed è visto da diversi analisti come un tentativo da parte del gruppo di adottare un approccio più pragmatico e meno intransigente nei confronti di Israele.

Il documento è stato annunciato ieri da Khaled Meshal, che guida la corrente più “moderata” di Hamas, vicina al Qatar, e che si oppone dalla fazione composta dai cosiddetti “iraniani”, cioè dai membri di Hamas più vicini all’Iran e intenzionati a proseguire a tutti i costi la guerra con Israele.

La concessione più significativa fatta dal documento è contenuta nel passaggio che dice che Hamas «considera l’istituzione di uno stato palestinese indipendente e sovrano – con Gerusalemme capitale lungo le linee del 4 giugno 1967, con il ritorno dei profughi alle case dalle quali erano stati mandati via – come una formula di consenso nazionale». Questa frase sembra indicare l’accettazione da parte di Hamas di un’altra entità statale fuori dai suoi confini, nonostante non si faccia diretta menzione di Israele. La citazione dei confini del 1967 è altrettanto importante. I confini del 1967, in realtà, sono i confini risultanti dalla guerra arabo-israeliana combattuta nel 1948 all’indomani della nascita dello stato d’Israele. Quel conflitto fu una disfatta per gli arabi e per i palestinesi, mentre per Israele fu un enorme successo: gli israeliani conquistarono un terzo dei territori che l’ONU aveva assegnato ai palestinesi l’anno precedente. I cosiddetti “confini del 1967” sono anche quelli a cui si rifanno praticamente tutti i negoziati di pace tra Palestina e Israele.

Ci sono almeno due cose che si possono dire sulla nuova posizione di Hamas. La prima è che il documento potrebbe provocare un avvicinamento tra le due storiche fazioni palestinesi, Hamas (che controlla la Striscia di Gaza) e Fatah (che governa sulla Cisgiordania): Fatah ha posizioni molto più moderate di Hamas ed è favorevole al dialogo con gli israeliani. La seconda è che nel documento non sono citati i Fratelli Musulmani egiziani, a differenza di quanto succedeva nella carta fondativa di Hamas del 1988. Secondo diversi analisti, la scelta di non citare i Fratelli Musulmani sarebbe una concessione di Hamas al presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, che è andato al potere in Egitto proprio a seguito di un colpo di stato contro Mohammed Morsi, leader dei Fratelli Musulmani. Alcuni analisti vedono questa apertura nei confronti dell’Egitto come una possibilità per la comunità internazionale di avviare nuovi negoziati tra israeliani e palestinesi grazie a un’eventuale mediazione di al Sisi.

Secondo Abu Saada dell’Università di al Azhar, «Hamas sta cercando di camminare su una linea sottile che passa tra i suoi esponenti più intransigenti e quelli più moderati. Da una parte, i moderati possono dire che accettano uno stato palestinese lungo i confini del 1967, dall’altra gli intransigenti possono dire di non riconoscere Israele come stato sovrano». Israele aveva già criticato il documento giorni fa, prima ancora che venisse reso pubblico: lo aveva definito un tentativo di Hamas di ingannare il mondo, presentando sé stesso come un movimento moderato.