L’overbooking, spiegato bene

Perché le compagnie aeree vendono più posti di quelli disponibili e perché fanno bene, salvo disastri come quello di United

(Scott Olson/Getty Images)
(Scott Olson/Getty Images)

Domenica 9 aprile un uomo è stato portato via con la forza dal volo United 3411 in partenza dall’aeroporto Chicago O’Hare (Illinois) e diretto verso Louisville (Kentucky) per un caso di overbooking: a bordo dell’aereo c’erano più persone dell’effettivo numero di posti disponibili, a causa di alcune scelte della compagnia aerea, che tra le altre cose doveva trasferire 4 suoi impiegati da un aeroporto a un altro (United ha cambiato versione diverse volte, dicendo infine che tecnicamente non si sarebbe trattato di un overbooking vero e proprio). Molti passeggeri hanno ripreso la scena – piuttosto violenta – del trasferimento a terra del passeggero e la vicenda si è trasformata in un caso esemplare di pubblicità negativa per United, che solo dopo due giorni ha chiesto ufficialmente scusa per l’accaduto tramite il suo CEO, Oscar Munoz. Il caso inoltre ha reso di nuovo attuali le discussioni sull’overbooking, sulle politiche seguite dalle compagnie aeree per gestire i passeggeri e sulle proposte di regolamentarle meglio.

Cos’è l’overbooking
L’overbooking (o “sovraprenotazione”) deriva dalla necessità di una compagnia aerea di trarre il massimo profitto possibile da ogni singolo volo. La stessa pratica è applicata in numerosi altri contesti, per esempio quello alberghiero, dove c’è una probabilità che qualche cliente cancelli all’ultimo una prenotazione, rinunciando al servizio che aveva richiesto, e quindi si accettano le prenotazioni di più persone rispetto a quelle che si possono davvero ospitare o far viaggiare. Il più delle volte nessuno si accorge di niente, perché qualcuno rinuncia al viaggio che ha prenotato (oppure lo perde, a causa del ritardo di un volo precedente). Il sistema è soprattutto utilizzato nei trasporti e viene applicato ampiamente dalle compagnie aeree, dove è più difficile rimpiazzare un passeggero con una nuova prenotazione rispetto per esempio a un viaggio in treno con più fermate.

Rinuncia all’ultimo minuto
In molti casi i passeggeri rinunciano al loro volo con discreto anticipo, chiedendo la cancellazione del biglietto e ottenendo un rimborso (di solito parziale). In questi casi la compagnia aerea ha tempo di mettere in vendita nuovamente il biglietto, con margini sufficienti per ottenere una nuova prenotazione. C’è però sempre la possibilità che un passeggero abbia un contrattempo dell’ultimo minuto che gli impedisca di presentarsi in aeroporto, portandolo a rinunciare al viaggio. In questo caso la compagnia aerea ha una grande opportunità: da un lato incassa comunque buona parte del biglietto (non fruito) da chi ha rinunciato, dall’altra può vendere una seconda volta il biglietto e assicurarsi che il suo aereo sia pieno e il più profittevole possibile. Il problema è che questa pratica non può essere fatta all’ultimo minuto: la compagnia aerea vende quindi in anticipo più biglietti dei posti disponibili, sapendo che alla fine qualche passeggero non si presenterà e prevenendo quindi la sua assenza.

Prevedere le rinunce
Le compagnie aeree più grandi, quindi con numerose destinazioni e una flotta di molti aerei, riescono a ottenere centinaia di milioni di euro in più ogni anno grazie all’overbooking. Fanno affidamento su algoritmi elaborati e raffinati per stimare quanti passeggeri non si presenteranno su ogni volo, mettendo quindi in vendita già da settimane prima un numero maggiore di biglietti rispetto all’effettiva disponibilità di posti a bordo. Ogni compagnia usa algoritmi diversi e questi algoritmi sono un po’ come la ricetta della Coca-Cola: sono super segreti, per evitare che i concorrenti possano avvantaggiarsi in qualche modo. Gli algoritmi tengono in considerazione centinaia di variabili come gli aeroporti di partenza e destinazione dell’aereo, le condizioni meteo, le precedenti cancellazioni e i ritardi dei voli precedenti, nel caso di viaggi con tappe intermedie.

In linea di massima, un aereo in partenza da un piccolo aeroporto di provincia verso un aeroporto più grande (“hub”) dal quale si prende una coincidenza è meno a rischio di rinunce all’ultimo minuto: non ci sono altre alternative pratiche per raggiungere velocemente l’hub e ci sono meno voli nella giornata, condizioni che influiscono molto sulla motivazione dei viaggiatori, che cercheranno quindi di superare il loro contrattempo per imbarcarsi ugualmente. In un grande hub le cose cambiano: è molto più trafficato, l’offerta dei voli è enormemente più ampia, ci sono più probabilità di ritardi e rischi di perdere le coincidenze. È quindi più probabile che si verifichino imprevisti in un hub, come è successo al Chicago O’Hare, rispetto a un piccolo aeroporto da cui partono solo voli interni.

Prevenire l’overbooking
Le compagnie aeree fanno di tutto per evitare di non avere posto per tutti, e i loro sistemi di previsione sono migliorati notevolmente. Nel 1990 la media di passeggeri interessati da overbooking negli Stati Uniti era a 16 su 10mila, ora si è ridotta a 9 su 10mila. Questo significa che un certo numero di persone – pochissime, rispetto al totale dei viaggiatori – è comunque interessato di tanto in tanto dall’inconveniente di sentirsi dire che non c’è posto sull’aereo per cui aveva normalmente acquistato un biglietto. In questi casi la compagnia aerea è tenuta a offrire un posto sul successivo primo volo disponibile e a compensare in qualche modo, offrendo per esempio un buono da qualche centinaio di euro, oppure uno sconto per una futura prenotazione o ancora un posto in una classe migliore sul volo successivo. Per la compagnia aerea è una spesa più che sostenibile, considerati i maggiori ricavi offerti dalle pratiche di overbooking per riempire sempre il più possibile ogni suo aereo.

Come evitare l’overbooking 
Quasi tutti i contratti di volo, che sono implicitamente accettati dai passeggeri al momento dell’acquisto, comprendono clausole che descrivono le pratiche di overbooking e la conseguente possibilità che il posto a bordo non sia sempre garantito. Le persone che hanno più probabilità di subire l’overbooking sono quelle che viaggiano in classe economica, che hanno volato poche volte con la stessa compagnia aerea, che non hanno carte fedeltà come quelle per la raccolta delle miglia e che hanno tardato a fare il check-in per confermare la loro presenza. Il consiglio per evitarsi brutte sorprese è quindi di fare check-in il prima possibile, per esempio il giorno prima della partenza utilizzando il sito della compagnia aerea. La tessera di frequent flyer, anche se poi non si viaggia così spesso, può rendere meno probabile di essere interessati dall’overbooking.

Per offrire biglietti sempre più convenienti, facili da prenotare e in qualsiasi momento, le compagnie aeree applicano una sterminata quantità di pratiche che consenta di ottenere il maggior profitto possibile da ogni posto sui loro aeroplani. Se gestito responsabilmente, senza storture come nel caso del volo United, l’overbooking non è quindi il male assoluto: la sua applicazione permette di avere biglietti più convenienti e migliora la concorrenza tra le compagnie aeree.