Come funziona negli altri paesi

I principi sui quali si basano le leggi di cittadinanza sono sempre e solo due, ma nella pratica le regole variano molto da stato a stato

(Elaborazione grafica del Post, basata sulle icone di Thomas Helbig da Noun Project)
(Elaborazione grafica del Post, basata sulle icone di Thomas Helbig da Noun Project)

Sebbene i principi che ispirano le leggi di cittadinanza di tutti i paesi del mondo siano solo due (lo ius soli e lo ius sanguinis) ogni paese ha una legge diversa, scritta adottando uno o l’altro principio, o una soluzione intermedia tra i due. Queste leggi si applicano sia quando una persona nasce, sia quando si trasferisce stabilmente dal suo paese di origine a un altro di cui col tempo vorrebbe diventare cittadino (ed essere così “naturalizzato” cittadino del nuovo stato).
Per quanto riguarda il momento della nascita, la maggioranza degli ordinamenti segue lo ius sanguinis, considerando propri cittadini coloro che nascono da almeno un genitore cittadino di quello stato. Questa può essere considerata la regola generale, valida in tutti gli stati. In alcuni casi a essa si sommano applicazioni più o meno ampie dello ius soli, che ad esempio è molto marginale per quanto riguarda l’Italia, ma è totale in paesi come gli Stati Uniti. La cosa più interessante è proprio andare a vedere come i due principi si combinino, in particolare nei casi minoritari in cui viene applicato lo ius soli.

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Per diventare cittadino degli Stati Uniti al momento della nascita bisogna essere nati entro i confini dello stato federale, o in territori non incorporati ma comunque statunitensi e regolati dalla loro giurisdizione (come Porto Rico o le Isole Vergini americane); oppure nascere all’estero, ma avere almeno un genitore cittadino statunitense. Dopo la nascita ma entro la maggiore età, il riconoscimento può avvenire come conseguenza della cittadinanza ottenuta dai propri genitori; passata la maggiore età, invece, si diventa cittadini per naturalizzazione. Questa richiede alcuni requisiti tra i quali il fatto di essere stati residenti in modo permanente per tre o cinque anni e il superamento di un test nel quale viene valutato il livello di conoscenza della lingua inglese e della storia e dell’ordinamento statunitense.

In Canada, la prima legge di cittadinanza che ha separato la nazionalità canadese da quella britannica è del 1946. Da allora ci sono state due riforme, nel 2009 e nel 2015. In generale, un po’ come per gli Stati Uniti, si è canadesi se nati in Canada, a prescindere dalla nazionalità dei propri genitori (a meno che non si sia figli di ambasciatori). La nazionalità dei genitori conta nel caso si nasca all’estero, per cui è necessario che almeno un genitore sia nato in Canada o sia stato naturalizzato canadese prima della nascita del figlio. Come minori si ha la possibilità di ricevere la cittadinanza dopo la naturalizzazione di almeno un genitore e da maggiorenni si possono avviare autonomamente le pratiche per la naturalizzazione. Una delle novità introdotte dalla riforma del 2015 riguarda i nati all’estero dopo la prima generazione: dal 2015 in poi non si è cittadini canadesi dalla nascita se si è nati fuori dal Canada da genitori canadesi a loro volta nati all’estero.
Lo ius soli puro si applica anche a tutta l’America Latina, con l’eccezione del Cile, che dal 1980 non prevede il riconoscimento automatico per chi nasce sul territorio dello stato da genitori non cileni: in questo caso si deve presentare una richiesta di cittadinanza e questa deve essere approvata dal governo.

In Europa l’applicazione dello ius soli non è mai automatica e prevede regole diverse a seconda dei paesi. In Irlanda la legge è cambiata a partire dal 2005: da allora chi nasce in Irlanda da genitori britannici o legalmente residenti in Irlanda o nell’Irlanda del Nord può ottenere la cittadinanza irlandese. Negli altri casi invece non c’è un riconoscimento automatico: i genitori cittadini di paesi terzi devono provare di avere un legame autentico con l’Irlanda, ad esempio dimostrando di aver vissuto regolarmente in Irlanda per almeno tre dei quattro anni precedenti alla nascita del figlio, oppure essere rifugiati ai quali è stata riconosciuta la protezione da parte dell’Irlanda.
Sul sito del governo britannico, invece, potete fare un test per scoprire se per caso siete cittadini britannici, ma è difficile a meno che non siate nati prima del 1983 sul territorio del Regno Unito o in una delle colonie britanniche o possiate dimostrare che vostro padre abbia almeno una di queste due caratteristiche. Per i nati dopo il 1983 non è sufficiente essere nati sul territorio britannico: bisogna discendere da almeno un genitore britannico (non più solo il padre) o da genitori che abbiano un permesso di soggiorno stabile sul territorio del Regno Unito.

Nel 2015 la Grecia ha approvato una legge per la quale i figli nati sul suo territorio da cittadini stranieri che hanno vissuto regolarmente e continuativamente in Grecia per almeno cinque anni possono ottenere la cittadinanza greca. Anche per i minori arrivati in Grecia dopo la nascita è prevista una modalità di acquisizione della cittadinanza legata ad aver terminato positivamente un ciclo scolastico: vale aver frequentato per nove anni le scuole greche, o l’intera durata delle scuole superiori, oppure ancora aver ottenuto un diploma in una scuola tecnica o una laurea in un’università greca. Anche in Francia, dove si applica lo ius sanguinis, i bambini nati sul territorio da genitori stranieri possono richiedere la cittadinanza francese, con procedure e requisiti che variano a seconda dell’età del richiedente: per chi ha tra i 13 e i 16 anni e ha vissuto in Francia continuativamente dall’età di otto anni la cittadinanza è automaticamente riconosciuta; chi ha più di 16 anni può presentare domanda dimostrando di aver vissuto ininterrottamente in Francia dall’età di 11 anni.

Il Portogallo ha leggi simili: là il principio alla base della legge di cittadinanza è stato lo ius soli fino al 1981, quando è entrata in vigore la legge attuale che si basa invece sullo ius sanguinis con eccezioni per quanto riguarda i figli di stranieri. Questi possono ottenere la cittadinanza portoghese in due casi: completando il primo ciclo della scuola dell’obbligo o se i loro genitori vivono regolarmente in Portogallo da almeno cinque anni. Anche in Finlandia il principio è quello dello ius sanguinis, ma per i figli degli stranieri nati lì sono previste delle modalità particolari di acquisizione della cittadinanza che richiedono di nuovo dei periodi minimi di residenza e dei test sulla conoscenza della lingua. Per chi ha meno di 15 anni questi requisiti sono molto attenuati: non è previsto che il minore abbia particolari competenze linguistiche e rispetto alla residenza è sufficiente che viva in Finlandia nel momento in cui viene fatta la richiesta. Per chi ha già raggiunto i 15 anni le cose sono un po’ diverse: rispetto ai requisiti temporali, è richiesto di aver vissuto in Finlandia negli ultimi quattro anni ininterrottamente; nel caso di interruzioni, è sufficiente aver accumulato un totale di sei anni, calcolati nell’arco di tempo che va dai sette anni del richiedente al momento in cui presenta la richiesta. Per quanto riguarda le competenze linguistiche, vengono fatti test sulla conoscenza del finlandese o dello svedese, che sono entrambe lingue ufficiali in Finlandia.

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