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  • Venerdì 31 marzo 2017

Malesia e Corea del Nord hanno fatto pace sulla questione di Kim Jong-nam

E quindi difficilmente ne sapremo di più: il corpo del fratellastro di Kim Jong-un è stato consegnato alle autorità nordcoreane

Il ministro degli Esteri malese Anifah Aman, al centro, insieme ai cittadini malesi che sono potuti tornare da Pyongyang a Kuala Lumpur il 31 marzo 2017 (MANAN VATSYAYANA/AFP/Getty Images)
Il ministro degli Esteri malese Anifah Aman, al centro, insieme ai cittadini malesi che sono potuti tornare da Pyongyang a Kuala Lumpur il 31 marzo 2017 (MANAN VATSYAYANA/AFP/Getty Images)

La crisi diplomatica tra Malesia e Corea del Nord cominciata lo scorso 13 febbraio con l’omicidio di Kim Jong-nam, il fratellastro del dittatore nordcoreano Kim Jong-un, pare essersi risolta. All’inizio di marzo i due paesi avevano espulso i rispettivi ambasciatori nel proprio paese e avevano annunciato che avrebbero impedito ai cittadini dell’altro paese di lasciare i rispettivi territori nazionali. Grazie a un accordo per cui il corpo di Kim Jong-nam è stato consegnato dalle autorità malesi a quelle nordcoreane, però, la situazione è tornata alla normalità: i nove cittadini malesi che si trovavano in Corea del Nord sono potuti tornare in Malesia (sono arrivati all’aeroporto di Kuala Lumpur, la capitale, questa mattina) e anche il blocco opposto è stato sollevato. Prima della morte di Kim, le relazioni diplomatiche tra Malesia e Corea del Nord erano buone: la Malesia è uno dei pochi paesi al mondo a ospitare un’ambasciata nordcoreana.

Non si sa cosa abbia promesso la Malesia alla Corea del Nord, oltre alla consegna del corpo di Kim, per far tornare i suoi cittadini: BBC spiega però che dato che il primo ministro malese Najib Razak ha detto che tutti i nordcoreani potranno rientrare in patria, probabilmente anche i due coinvolti nelle indagini sull’omicidio di Kim hanno potuto farlo. Finora i due uomini (il diplomatico Hyon Kwang Song e l’impiegato della compagnia aerea nordcoreana Air Koryo Kim Uk Il) erano rimasti all’interno dell’ambasciata nordcoreana e si erano rifiutati di essere interrogati dalla polizia malese. Secondo l’agenzia di stampa giapponese Kyodo i due uomini erano a bordo dell’aereo che ha portato il corpo di Kim da Kuala Lumpur a Pechino, in Cina, dove è stato consegnato alle autorità nordcoreane. In precedenza la Malesia aveva detto che avrebbe consegnato il corpo solo ai famigliari di Kim nel momento in cui fosse arrivata una richiesta in questo senso. Ieri Najib ha detto che questa richiesta era arrivata, ma non ha dato altri dettagli: non si sa nemmeno chi sia stato a chiedere la restituzione del corpo. Della famiglia di Kim (cioè di sua moglie, di suo figlio Kim Han-sol e di sua figlia) non si sa molto: solo che vive nascosta.

La Corea del Nord se l’era presa con la Malesia per varie ragioni: la prima era stata il rifiuto delle autorità malesi di consegnare il corpo di Kim senza prima fare un’autopsia. La polizia malese si era rifiutata perché l’omicidio era avvenuto all’aeroporto di Kuala Lumpur, quindi su suolo malese. Poi la polizia malese aveva convocato sette cittadini nordcoreani per interrogarli in relazione all’assassinio e anche questa cosa non era piaciuta alla Corea del Nord, che aveva accusato la Malesia di voler “politicizzare” l’assassinio e di collaborare segretamente con la Corea del Sud. Ultimamente è venuto fuori che subito dopo la morte di Kim le autorità malesi pensavano si trattasse di un sudcoreano (avevano letto male il passaporto con cui l’uomo viaggiava, che pur recando il nome falso Kim Chol era nordcoreano) e per questo avevano avvertito l’ambasciata della Corea del Sud. Per questa ragione erano stati i giornali sudcoreani a dare per primi la notizia della morte di Kim Jong-nam, identificato come il fratellastro di Kim Jong-un dai servizi segreti. Tuttora la Corea del Nord nega che l’uomo ucciso il 13 febbraio sia Kim Jong-nam, sebbene la cosa sia stata verificata dalla polizia malese grazie a un esame del DNA.

Per quanto riguarda le indagini sulla morte di Kim Jong-nam, grazie all’autopsia si è scoperto che la morte è avvenuta per effetto dell’agente nervino VX, cioè una sostanza considerata un’arma chimica. Due donne, una indonesiana e una vietnamita, sono state arrestate per la morte di Kim, ma finora non sono state molto d’aiuto per le indagini: sostengono che non erano a conoscenza della pericolosità della sostanza usata per uccidere Kim e che pensavano di essere state assoldate per fare uno scherzo per un programma televisivo. Ora che i sospetti nordcoreani hanno lasciato la Malesia, è difficile che le indagini possano proseguire. La Corea del Sud ritiene che Kim Jong-nam sia stato assassinato per ordine della leadership nordcoreana, per via di rivalità interne alla famiglia che gestisce il regime.