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  • Venerdì 31 marzo 2017

È possibile un mondo senza armi nucleari?

Ed è desiderabile? È un dibattito vecchio quanto le armi nucleari stesse, reso di nuovo attuale da 113 paesi che all'ONU stanno discutendo un trattato che ne stabilisca la completa messa al bando

(AP Photo)
(AP Photo)

Questa settimana, alla sede dell’ONU di New York, i rappresentanti di 113 paesi hanno iniziato a discutere un trattato legalmente vincolante che stabilisca la completa messa al bando delle armi nucleari. Nel corso del primo incontro, lunedì 27 marzo, Kim Won-soo, sottosegretario al disarmo delle Nazioni Unite, ha sottolineato in maniera solenne quanto sia urgente vietare per sempre le armi atomiche. «L’orologio dell’apocalisse non è mai stato così vicino alla mezzanotte», ha detto rivolgendosi all’assemblea. L’orologio è una stima realizzata da un gruppo di scienziati, usata per indicare quanto il genere umano sia vicino a una catastrofe in grado di distruggere la civiltà per come la conosciamo. Lo scorso gennaio l’orologio è stato fatto avanzare fino a due minuti e mezzo alla mezzanotte.

In pochi sono ottimisti sul futuro dei negoziati. Le nove potenze nucleari conosciute, Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia, Cina, India, Pakistan, Israele e Corea del Nord, hanno boicottato le trattative e hanno disertato la cerimonia inaugurale. Il trattato di fatto sarà legalmente vincolante, ma soltanto per quei paesi che decideranno di firmarlo. Il vice ambasciatore francese, Alexis Lamek, ha già detto che per il prevedibile futuro i paesi dotati di armi atomiche «continueranno a utilizzare la deterrenza nucleare per ragioni di sicurezza e stabilità».

Quello sull’abolizione delle armi nucleari è un dibattito antico quanto le armi nucleari stesse. Nel giugno del 1946, appena un anno dopo la prima esplosione nucleare della storia, il presidente degli Stati Uniti Harry Truman propose alle Nazioni Unite un bando generale sulla ricerca e sull’uso di armi nucleari. Il suo inviato, Bernard Baruch, usò le parole della Bibbia di re Giacomo (la versione ufficiale in inglese usata dalla chiesa anglicana) per evidenziare il tono drammatico della sua richiesta all’assemblea: «We are here to make a choice between the quick and the dead», “Siamo qui per fare una scelta tra i vivi e i morti”. Da allora, e per sette decenni, le richieste di mettere al bando le armi nucleari si sono susseguite nelle conferenze internazionali, negli appelli degli scienziati, nelle mozioni alle Nazioni Unite: fino a oggi, senza risultati definitivi.

Alle pressioni degli “idealisti”, che chiedono la messa al bando delle armi in grado di distruggere la civiltà stessa, fin dai tempi di Truman si oppongono politici e intellettuali secondo cui le energie del genere umano sarebbero meglio spese nel cercare un modo per minimizzare i rischi di una guerra atomica, piuttosto che sprecate nel sogno impossibile di cancellare qualcosa che irreversibilmente esiste: per esempio persone come Herman Khan, che ispirò a Stanley Kubrick il personaggio del dottor Stranamore e fu uno dei fisici che lavorarono all’invenzione della bomba all’idrogeno. Per i “realisti” come Khan, è la storia stessa del genere umano a mostrarci come non si possa tornare indietro. Dall’invenzione della balestra a quella della dinamite, l’umanità ha sempre cercato di mettere limiti e regole all’utilizzo delle nuove armi: quasi nessuno di questi tentativi ha avuto successo e non c’è arma che, una volta creata, sia stata eliminata.

Gli “idealisti” di solito rispondono citando il caso delle armi chimiche. I gas mortali furono utilizzati per la prima volta nel corso della Prima guerra mondiale. Da allora sono stati vietati a livello internazionale e non hanno più conosciuto un uso esteso come quello che avvenne tra il 1915 e il 1918. Nel corso della Seconda guerra mondiale, per esempio, nemmeno nei momenti più disperati il regime nazista fece ricorso al suo arsenale di gas tossici. I realisti come Khan rispondono che le armi chimiche sono state abbandonate perché non sono mai state uno strumento in grado di cambiare l’esito di una guerra: sono armi dalle quali ci si può difendere con relativa facilità, usando tute e maschere antigas, mentre il loro utilizzo è fortemente condizionato dalle condizioni meteorologiche. L’impatto di una bomba nucleare è di una scala immensamente più grande. È, come la definì Truman, «la più grande cosa che sia mai accaduta», in grado di modificare completamente non solo l’esito di un conflitto, ma anche della pace che gli farà seguito e delle relazioni internazionali negli anni a venire. Per i realisti l’idea che un’arma simile possa fare la fine del gas nervino e dell’iprite è un’utopia.

Gli “idealisti”, però, hanno comunque ottenuto una lunga serie di successi che, secondo questa logica, avrebbero dovuto essere aldilà della loro portata. Il più incredibile è probabilmente il fatto che soltanto nove paesi al mondo si siano dotati di armi nucleari, mentre il resto del pianeta ha firmato il tratto di non proliferazione nucleare, con cui i sottoscrittori si impegnano a non acquisire mai armi atomiche. Nessuna arma potente e innovativa come le armi nucleari – dagli esplosivi ad alto potenziale agli aerei da guerra – era mai stata rifiutata da un numero così alto di paesi.

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In verde i paesi sottoscrittori del Trattato di non proliferazione nucleare, in blu i paesi che possiedono la bomba nucleare, in rosso quelli che non hanno sottoscritto il trattato

A partire dalla fine degli anni Sessanta, con i trattati SALT I, SALT II, START I, START II per arrivare al 2010 con il New START, Stati Uniti e Russia si sono impegnati a mantenere costante o addirittura a ridurre il loro arsenale atomico. Con il trattato sui missili anti-missile hanno rallentato per anni la corsa ai sistemi di difesa che avrebbero potuto sbilanciare l’equilibrio nucleare, rendendo una guerra più probabile. Si sono accordati anche per limitare e poi vietare gli esperimenti nucleari e hanno messo altre limitazioni sui missili nucleari a corto raggio. Nessuno di questi accordi mira all’abolizione completa delle armi nucleari, se non nello spirito e nei discorsi dei leader che li hanno firmati, ma è possibile sostenere che dopo quelle chimiche e batteriologiche, le armi nucleari siano le più regolate e limitate che l’uomo abbia mai prodotto.

I successi ottenuti nel “controllo” degli armamenti nucleari mostrano che il dibattito sulla loro proibizione non è stato soltanto la battaglia di un pugno di romantici idealisti. Personaggi insospettabili hanno sostenuto non solo la possibilità, ma la necessità di fare un ulteriore passo avanti e arrivare al loro completo divieto. Tra il 2007 e il 2008, per esempio, cinque ex segretari di stato americani scrissero due lettere pubbliche in cui sostenevano la necessità di abolire le armi nucleari ed elencavano una serie di passaggi concreti per mettere in pratica l’abolizione. Tra loro c’era anche l’arci-realista Henry Kissinger, a lungo consigliere per la sicurezza nazionale e segretario di stato.

Anche gli idealisti, infatti, hanno argomentazioni solide. Se è vero che nessuna arma è mai stata riposta sullo scaffale delle invenzioni, è altrettanto vero che nessuna arma è rimasta per sempre sugli scaffali degli arsenali. La storia insegna che una volta create, le armi prima o poi vengono utilizzate. Il fatto che negli ultimi settanta anni non sia mai accaduto, sostengono gli idealisti, non vuol dire che non possa più accadere. Come scrisse il filosofo Bertrand Russell, uno dei più convinti tra gli abolizionisti: «Possiamo ragionevolmente aspettarci che un uomo riesca a camminare su una corda per dieci minuti senza alcun problema, ma è irragionevole pensare che riesca a farlo per duecento anni». È lo stesso concetto che espresse il presidente degli Stati Uniti Barack Obama in uno dei suoi discorsi più famosi, quando nel 2009, pochi mesi dopo il suo insediamento, firmò a Praga il trattato New START con la Federazione Russa:

Il fatalismo è il nostro nemico mortale, perché se crediamo che la diffusione delle armi nucleari sia inevitabile stiamo ammettendo che anche il loro uso è inevitabile. Per questo, sono convinto di ribadire l’impegno degli Stati Uniti a cercare la pace e la sicurezza in un mondo senza armi nucleari. Non sono un ingenuo. Questo obiettivo non sarà raggiunto rapidamente – probabilmente non nel corso della mia vita. Costerà pazienza e persistenza. Ma dobbiamo ignorare le voci che ci dicono che il mondo non può cambiare. Dobbiamo insistere. Sì, possiamo.

Per gli idealisti, il fatto che negli ultimi settanta anni non ci sia stata una guerra nucleare non è un’assicurazione sufficiente che una guerra del genere non scoppi in futuro. Molti di loro sottolineano come parecchie volte l’umanità sia arrivata a un passo dall’apocalisse atomica a causa di errori banali e come la catastrofe sia stata evitata solo grazie alla fortuna. Nel 1979 e poi di nuovo nel 1980, prima per un errore umano e poi per un difetto nei computer, il comando della difesa missilistica americana segnalò un lancio multiplo di missili nucleari dall’Unione Sovietica. In entrambi i casi i generali arrivarono a un passo dal chiedere al presidente Ronald Reagan l’autorizzazione a rispondere all’attacco e si fermarono soltanto pochi minuti prima che fosse troppo tardi. Nel 1983 fu il sistema di allarme dell’Unione Sovietica a subire un malfunzionamento e fu solo grazie all’ufficiale in comando in quel momento, il tenente colonnello Stanislav Petrov, che venne evitata una rappresaglia che avrebbe dato inizio alla Terza guerra mondiale.

Secondo gli idealisti, l’unico modo per evitare gli incidenti, o un uso deliberato delle armi nucleari, è abolirle o almeno ridurne lo stato di allerta. Oggi Stati Uniti e Russia hanno ciascuno un migliaio di armi atomiche schierate e pronte a essere utilizzate nel giro di pochi minuti. Secondo i promotori della trattativa in corso alle Nazioni Unite, la pressione dell’opinione pubblica mondiale e degli stati non-nucleari potrebbe portare, se non all’abolizione delle armi nucleari, almeno a una riduzione del livello di allerta, riducendo così il rischio di incidenti potenzialmente catastrofici.

Ma c’è anche chi crede che questo processo possa avere risultati opposti a quelli sperati. Thomas C. Schelling, professore di economia morto lo scorso dicembre, esperto di sicurezza nazionale e armamenti atomici, che nel 2005 vinse il premio Nobel per la sua applicazione della teoria dei giochi ai conflitti internazionali, era uno dei personaggi più autorevoli nel dibattito sulle armi nucleari. In un articolo del 2009, Schelling spiegò che anche eliminando le armi nucleari le competenze necessarie a produrle non sarebbero andate perdute. In caso di emergenza, le attuali potenze atomiche sarebbero in grado di ricostruire i loro arsenali nello spazio di anni, forse addirittura di mesi.

Un “mondo senza armi nucleari” sarebbe un mondo in cui Stati Uniti, Russia, Israele, Cina e mezza dozzina di altre nazioni avrebbero dei piani di mobilitazione per ricostituire i loro arsenali nucleari e preparare i sistemi con cui spedirli sui loro obiettivi e avrebbero anche piani per colpire le installazioni nucleari nemiche in modo da evitare che i loro avversari facciano lo stesso. Tutti sarebbero in uno stato di massima allerta, con frequenti esercitazioni e sistemi di comunicazione sicuri pronti per ogni emergenza. Ogni crisi sarebbe una crisi nucleare e ogni guerra potrebbe diventare una guerra nucleare. Chiunque ricostituirà per primo il suo arsenale sarà in grado di sottomettere o prevenire i propri avversari. Un mondo senza armi nucleari sarebbe un mondo molto nervoso.

Gli idealisti, in genere, argomentano che non sarebbe una situazione molto diversa da quella attuale, con la differenza che per riarmarsi sarebbero necessari mesi e forse e anni, e quindi non rischieremmo una guerra nucleare per un errore umano come è accaduto diverse volte nel corso della Guerra fredda. Ma secondo Schelling le cose non sono così semplici. Gli Stati Uniti hanno impiegato decenni a organizzare il loro arsenale nucleare, a preparare piani di emergenza per essere in grado di rispondere a un attacco a sorpresa e per reagire con un attacco preventivo a una minaccia nucleare. L’Unione Sovietica ha fatto lo stesso e questo equilibrio, costato anni di pericoli e incertezza, è uno degli elementi che fino a oggi hanno assicurato la pace. Se le armi nucleari venissero abolite, queste competenze rischiano di venire perse. Il riarmo in caso di crisi, scrive Schelling, avverrebbe in maniera disordinata. Il precario equilibrio di oggi verrebbe sostituito da una nuova situazione di incertezza. Cosa accadrebbe in questo scenario, se Cina, Russia o India riuscissero a riacquisire capacità nucleari molto prima dei loro avversari? Secondo Schelling: «Il sistema che abbiamo sviluppato e con il quale siamo divenuti familiari andrebbe smantellato soltanto quando saremo sicuri della situazione nella quale ci stiamo mettendo».

Tutti questi discorsi oggi sembrano una questione accademica. Dopo un lungo periodo di quiete, infatti, le tensioni nucleari sono tornate a un livello che non si vedeva da decenni. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha fatto sapere che sta valutando se mantenere il decennale impegno americano ad arrivare un giorno a un mondo senza armi nucleari. Trump ha anche suggerito a diversi alleati degli Stati Uniti di dotarsi di armi nucleari e ha detto che è necessario investire in nuovi armamenti perché l’arsenale atomico americano sta venendo superato da quello dei suoi avversari (è falso). La Russia ha adottato una posizione sempre più aggressiva, ha annunciato un piano di ammodernamento del suo arsenale nucleare e ha da poco iniziato a sostituire i suoi missili balistici intercontinentali “Satan” con il nuovo modello “Sarmat”. La Corea del Nord ha condotto due esplosioni nucleari negli ultimi dodici mesi e continua a condurre test proibiti per missili a lungo raggio. L’accordo sul nucleare con l’Iran, che ha fortemente limitato le capacità del paese di produrre armi atomiche, sembra in bilico, osteggiato dalle fazioni politiche e religiose iraniane più aggressive e maltollerato dall’amministrazione Trump. Dopo decenni di discussione, la domanda “può esistere un mondo senza armi nucleari?” è ancora senza risposta e, con il clima di tensione che sembra acuirsi invece di attenuarsi, sembra che lo rimarrà ancora a lungo.