Chi è Ilham Mounssif, che non potrebbe entrare in Parlamento

La storia della ragazza sarda di origine marocchina con cui la presidente Boldrini si è scusata domenica

di Marina Petrillo

Ilham Mounssif insieme alla Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini prima di entrare a visitare l'aula (ANSA)
Ilham Mounssif insieme alla Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini prima di entrare a visitare l'aula (ANSA)

La mattina di giovedì 16 marzo, Ilham Mounssif, 22 anni, una studentessa sarda nata in Marocco, si trovava a Roma per “Rome Mun”, una simulazione annuale dei lavori delle Nazioni Unite per i giovani, nella quale aveva rappresentato l’Italia. Allo stesso tempo, si trovava lì anche per ricevere un premio della Fondazione Italia-Usa per neolaureati meritevoli. La cerimonia si sarebbe svolta nell’aula dei Gruppi Parlamentari in Campo Marzio, ma Ilham Mounssif, appassionata di politica e diplomazia, aveva pensato che fosse un’ottima opportunità per visitare anche la Camera dei Deputati. È andata così in piazza Montecitorio, è entrata, ha riempito il modulo di richiesta a disposizione dei visitatori, e ha mostrato il proprio documento. Che è un passaporto marocchino, perché nonostante sia cresciuta in Italia dall’asilo nido a oggi, Mounssif non ha ancora la cittadinanza italiana. La commessa della Camera si è consultata con altri al telefono, e si è trovata costretta a rifiutarle l’ingresso, perché la regola impone che possano accedere soltanto cittadini dell’Unione Europea. «La commessa era dispiaciuta», ha raccontato poi Mounssif: «per farmi sentire meno discriminata, mi ha detto “Sa, non possono entrare nemmeno visitatori extracomunitari di serie A”, come quelli dagli Stati Uniti!» Parla velocissima, con un forte accento sardo e un intercalare preferito, “ergo”: «E sembra che sia proprio così, è la regola. Però è un’assurdità e lo voglio dire, perché io ho anche visitato l’aula del parlamento europeo a Bruxelles, ho mostrato il mio passaporto marocchino e non c’è stato nessun problema. E questo è il mio paese, io sono arrivata qui che avevo due anni, ho fatto l’asilo, la materna, le elementari, le medie, il liceo e l’università in Sardegna, rappresento l’Italia nell’assemblea giovanile delle Nazioni Unite, mi chiamano al parlamento per premiarmi, ergo, sono italiana. E invece non ho diritto di accedere al simbolo della nostra democrazia».

Nelle stesse ore in cui Mounssif ci raccontava la sua storia, il Movimento degli Italiani Senza Cittadinanza metteva in evidenza l’episodio sui social media, e la Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini l’ha fatta quindi contattare. Domenica, per rimediare, l’ha accompagnata di persona a visitare l’aula. È stata comunque un’eccezione, perché la stessa cosa che è accaduta a Ilham Mounssif sarebbe accaduta a qualunque persona di origine extracomunitaria che non avesse la cittadinanza italiana.

Ma perché una studentessa diplomata e laureata col massimo dei voti, avviata alla carriera diplomatica, non è ancora cittadina italiana? «Perché mi manca il requisito del reddito. Io finora ho studiato, e sfortunatamente la mia famiglia, che pure mi ha dato tantissimo, non è benestante. Potrò fare richiesta soltanto quando potrò dimostrare di avere almeno tre anni di sufficiente reddito». Il papà di Ilham, marocchino e anche lui senza cittadinanza italiana, fa i mercati, girando con la sua bancarella di abbigliamento. «È sempre stato un lavoratore autonomo, con la licenza da ambulante. Per un po’ è riuscito ad avere anche un suo negozio, ma poi la crisi ha colpito anche da noi in Sardegna. La mia non è una famiglia ricca, e non è giusto che altri riescano ad accedere alla cittadinanza solo perché hanno maggiori possibilità. Ci sono persone che riescono a ottenerla dichiarando un reddito maggiore del reale, che poi guardacaso si sgonfia dopo averla ottenuta. Scorciatoie di questo genere non dovrebbero essere possibili né incentivate, non è giusto nei confronti delle persone oneste come me. Io sono figlia di una persona che non farebbe mai una cosa del genere».

Vent’anni fa, il padre di Ilham Mounssif si trasferì da Marrakesh a Bari Sardo, nel nuorese, un borgo antichissimo che oggi conta a malapena 4 mila abitanti, e in cui è stato a lungo l’unico marocchino. «Era quello che voleva», dice Ilham. «Voleva andarsene dal Marocco, e non trasferirsi nei posti dove andavano tutti, in altre zone d’Italia, o in Francia. A quel tempo fra l’altro l’Italia non aveva obbligo di visto per i marocchini. E a mio padre piaceva anche l’idea di non stare fra altri marocchini. Io avevo due anni, e il mio fratellino è nato in Sardegna – è sardo fino al midollo». Diplomata a Lanusei, laureata l’anno scorso a Sassari, Ilham Mounssif si è sempre sentita ben accetta e protetta dal crescere in una comunità di campagna, dove solo di recente ha conosciuto coetanei di provenienze non italiane. La comunità marocchina di Bari Sardo oggi conta un centinaio di persone, e ci sono anche persone di altre origini: «E nelle vicinanze, a Tortolì, ci sono ghanesi, nigeriani, senegalesi, e cinesi».

Parlando con lei, le parole che ricorrono sono “autonomia” e “indipendenza”. Protetta dai genitori – che qualche volta la invitano alla prudenza nelle sue intraprendenze, ma non l’hanno mai frenata nella sue aspirazioni – ha avuto ottimi risultati nello studio. «Ho sempre avuto questa spinta a superare le difficoltà, sono sempre stata molto responsabile fin da adolescente, forse perché sapevo che non avevamo molti mezzi, e i miei genitori mi hanno sempre dato una grande fiducia. E ho sempre pensato di volermi realizzare, e che la mia strada fosse nella comunicazione interculturale, nel viaggio, nel problem solving, nelle istituzioni». L’anno scorso, durante un soggiorno di studio a Grenoble, ha visto che c’erano biglietti economici per andare a Marrakesh, ha avvisato i genitori, e ha deciso di andare a rivedere la città in cui è nata. «Lì ho incontrato mia zia, e ci sono stata solo cinque giorni, ma mi ha colpito molto. È un paese che porto in faccia e negli occhi, ma non l’ho mai davvero conosciuto. La città è magnifica, piena di contraddizioni, le diseguglianze sociali sono tante, e comincia a vedersi un nuovo multiculturalismo. Quei giorni a Marrakesh mi hanno ispirato nella scelta della mia tesi dedicata alle donne del mondo arabo; le studiose che più mi hanno ispirato sono marocchine».

Una settimana dopo la laurea, Ilham è stata accettata per fare undici mesi di servizio civile in Marocco con una Ong di Verona. Partirà a maggio e non vede l’ora di fare questa esperienza. «È un’opportunità che mi dà proprio l’essere cresciuta in Italia, ed è una di quelle che dovrebbe renderci orgogliosi del nostro paese», dice. Ma in realtà, che cosa succederebbe se volesse andare all’estero con una borsa di studio e fare un’esperienza più lunga di dodici mesi? «Perderei automaticamente la carta di soggiorno». E cosa succederebbe dopo? «Eh, sarebbe un bel problema, perché dovrei avviare la trafila per chiedere da capo la carta di soggiorno, e se possibile, riottenere la carta di soggiorno è perfino più difficile che ottenere la cittadinanza. Per la carta di soggiorno, per esempio, è previsto un test di italiano, che per la cittadinanza non c’è. E la burocrazia, anche in questo caso, è lunghissima».

Domenica, riuscire a entrare alla Camera come aveva sperato è stata una grande emozione. «Gli Italiani Senza Cittadinanza avevano scritto al deputato Andrea Maestri del Gruppo Misto», mi racconta subito dopo, «e lui prontamente si è attivato con la presidente della Camera Boldrini, che mi ha invitato ad andare con lei alla Camera durante l’iniziativa Porte Aperte che si tiene ogni domenica. La presidente è stata gentilissima, ha anche spiegato di me agli altri visitatori, ed entrare in aula accanto a lei, accolta da un applauso, è stato indescrivibile». Boldrini ha spiegato che il motivo per cui la procedura per visitare Montecitorio prevede che possano entrare solo cittadini della UE è perché questi sono identificabili più facilmente, per ragioni di sicurezza. E la visita riparatrice di Ilham Mounssif rimane un’eccezione. Per lei, l’urgenza di far passare la riforma sulla cittadinanza resta immutata. È stata invitata a partecipare alla trasmissione Agorà su Rai Tre lunedì mattina, e si è trovata a discutere con esponenti della Lega da cui dice di essere stata accusata «di fare la furbetta perché non ho ancora fatto la richiesta di cittadinanza! Ma vi pare che se avessi avuto i requisiti per la cittadinanza aspetterei ancora e starei qua a parlarne a mezza Italia? È ora di cambiarla, la legge sulla cittadinanza. Adesso speriamo», ride, «in sardo diciamo “deus te intendiri” – che Dio t’ascolti. È il mio paese che mi sta facendo aspettare per diventare qualcosa che io sono già».

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