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  • Domenica 19 marzo 2017

La più grave crisi umanitaria dalla fine della Seconda guerra mondiale

In quattro paesi del mondo più di 20 milioni di persone stanno morendo di fame: come siamo arrivati fin qui?

Tre donne portano dei sacchi pieni di cibo a Ganyiel, in Sud Sudan (ALBERT GONZALEZ FARRAN/AFP/Getty Images)
Tre donne portano dei sacchi pieni di cibo a Ganyiel, in Sud Sudan (ALBERT GONZALEZ FARRAN/AFP/Getty Images)

La scorsa settimana Stephen O’Brien, sottosegretario generale per le questioni umanitarie dell’ONU, ha fatto un intervento considerato molto importante al Consiglio di sicurezza dell’ONU. O’Brien ha detto che il mondo sta attraversando la più grave crisi umanitaria dalla fine della Seconda guerra mondiale, nel 1945, e che più di 20 milioni di persone stanno morendo di fame in Yemen, Somalia, Sud Sudan e Nigeria: «Senza aumentare e coordinare gli sforzi globali, queste persone semplicemente moriranno di fame. E molte altre si ammaleranno, e moriranno». Simili dichiarazioni erano già state fatte la settimana precedente dal segretario generale dell’ONU, António Guterres, il quale aveva anche sottolineato quanti pochi aiuti umanitari l’ONU aveva ricevuto dal gennaio 2017 fino a quel momento.

I motivi di questa enorme crisi umanitaria sono diversi e variano da paese a paese. Come ha scritto il Financial Times, tuttavia, a eccezione di quello che sta succedendo in Somalia tutte le altre crisi sono state causate dall’uomo. In Sud Sudan la situazione è catastrofica dal 2013, cioè due anni dopo il raggiungimento dell’indipendenza del paese dal Sudan. La guerra tra la fazione guidata dal presidente Salva Kiir e l’ex vicepresidente Riek Machar è cominciata subito dopo l’indipendenza e non si è mai fermata. Nel corso dei mesi è diventata sempre più violenta per il sovrapporsi di rivalità etniche e per la formazione di molte milizie armate, ciascuna con i propri obiettivi. L’ONU ha detto che circa 100mila sud-sudanesi sono già stati colpiti da una grave carestia, mentre il 40 per cento dell’intera popolazione ha bisogno urgente di cibo e assistenza. Alcuni funzionari ONU hanno anche detto che il governo di Kiir ha volutamente bloccato gli aiuti umanitari diretti verso alcune specifiche aree – le accuse sono state smentite dalle autorità sud-sudanesi – e hanno aggiunto che ci sono stati attacchi a convogli umanitari compiuti da entrambe le parti, governo e ribelli.

Anche in Yemen la crisi umanitaria è stata causata da una guerra molto violenta che non sembra avere soluzione, almeno nel breve periodo. La guerra è cominciata nel marzo 2015, quando l’Arabia Saudita e altri paesi arabi hanno iniziato a bombardare i ribelli sciiti Houthi, che si pensa abbiano forti legami con l’Iran e che oggi controllano la capitale del paese, Sana’a. Quando è iniziata la guerra, lo Yemen era già il paese più povero del Medio Oriente e tre anni e mezzo prima c’era anche stata una rivoluzione che aveva costretto Ali Abdullah Saleh, il capo del paese da oltre trent’anni, a lasciare il potere. Gli aiuti arrivati in questi anni in Yemen sono stati pochissimi, anche perché la maggior parte delle attenzioni dell’Occidente è stata rivolta alla guerra che si sta combattendo in Siria. L’ONU ha detto che più di 10mila civili yemeniti sono morti dall’inizio del conflitto, mentre 19 milioni di persone, cioè due terzi dell’intera popolazione yemenita, ha bisogno urgente di qualche sorta di aiuto umanitario.

La crisi in Nigeria è concentrata per lo più nelle aree nord-occidentali, dove da tempo l’esercito nigeriano sta combattendo contro i miliziani di Boko Haram, un gruppo estremista islamista affiliato allo Stato Islamico. I feroci attacchi dello Stato Islamico contro la popolazione civile e gli scontri tra miliziani ed esercito hanno costretto centinaia di migliaia di persone a lasciare le loro case. Il World Food Programme dell’ONU, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di assistenza alimentare, ha detto che molte famiglie stanno morendo di fame ma la crisi non è ancora così diffusa da poterla chiamare “carestia”. L’ONU ha una definizione molto stringente di carestia, identificata con l’ultimo dei cinque livelli usati per valutare la gravità della mancanza di cibo in un paese. Si dichiara una carestia quando almeno il 20 per cento delle famiglie di quel paese non ha più cibo, quando più del 30 per cento soffre di malnutrizione in maniera grave e quando più di due persone ogni 10mila muoiono ogni giorno.

L’unico paese in cui la crisi umanitaria non ha a che fare con l’uomo è la Somalia. Qui la causa principale della mancanza di cibo è la siccità, descritta dagli allevatori locali come la peggiore mai vista. Negli ultimi anni le temperature in tutto il Corno d’Africa sono aumentate – un fenomeno legato al riscaldamento globale – e la debolezza del governo somalo non ha contribuito a migliorare la situazione. Kevin Watkins, presidente di Save The Children, ha visitato di recente il Puntland, regione del nord-est della Somalia che si è autoproclamata indipendente del 1998, e ha descritto la situazione “sull’orlo del precipizio”. Due settimane fa la giornalista del Washington Post Amanda Erickson ha descritto così la situazione in Somalia:

«Oltre 5 milioni di somali hanno bisogno immediato di cibo, stando alle stime delle Nazioni Unite. Metà della popolazione del paese – 6,2 milioni di persone – rischia la carestia se le condizioni non miglioreranno presto. «È impressionante», ha detto ad ABC Dave Husty, direttore di programma della sede australiana dell’organizzazione umanitaria Plan, «il 40/50 per cento della popolazione deve affrontare gravi carenze alimentari, molti di loro rischiano di finire in una situazione disperata». Circa 363mila bambini sono già gravemente denutriti, e altri 270mila rischiano di diventarlo nel 2017. Recentemente le Nazioni Unite hanno detto che c’è solo “una finestra di due mesi per evitare una catastrofe dovuta alla siccità”.»

Il Financial Times si è chiesto se il ripetersi delle carestie non sia un fenomeno in qualche maniera ciclico e inevitabile. La risposta è che non è così, come ha dimostrato il caso dell’Etiopia. Tra il 1983 e il 1985 una grave carestia provocò la morte di almeno 400mila etiopi, anche se alcune stime parlavano di oltre un milione di morti. Da allora in Etiopia si è insediato un governo autoritario e repressivo, che però ha sviluppato dei programmi per evitare il ripetersi di situazioni del genere. Lo scorso anno anche l’Etiopia è stata colpita dalla siccità più grave degli ultimi tre decenni, ha attraversato una grossa crisi ma in qualche maniera il governo è riuscito a intervenire efficacemente ed evitare un’altra carestia.