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  • Giovedì 16 marzo 2017

Il re del Marocco ha revocato il mandato al primo ministro

Abdellilah Benkirane, leader di un partito islamista moderato, aveva vinto le elezioni ma dopo cinque mesi di consultazioni non era ancora riuscito a formare un governo

Il re del Marocco Mohammed VI con Abdelilah Benkirane, nel 2014 a Casablanca (AP Photo/Abdeljalil Bounhar)
Il re del Marocco Mohammed VI con Abdelilah Benkirane, nel 2014 a Casablanca (AP Photo/Abdeljalil Bounhar)

Mercoledì 15 marzo, il re del Marocco Mohammed VI ha revocato il mandato al primo ministro incaricato e primo ministro uscente Abdellilah Benkirane, il leader del partito islamista moderato Giustizia e sviluppo (PJD), che aveva vinto le elezioni dello scorso ottobre: a cinque mesi dal voto, le consultazioni non avevano ancora portato alla formazione di un nuovo governo. Il re dovrà ora designare un nuovo primo ministro, scegliendolo sempre all’interno del PJD. Il re ha comunicato la propria decisione con una nota diffusa dopo il suo ritorno da un viaggio in diversi paesi dell’Africa: nella nota si dice che Mohammed VI «nella sua qualità di garante della Costituzione e del buon funzionamento delle istituzioni» è preoccupato per «l’attuale situazione di immobilismo» del paese e che l’opzione di sostituire Benkirane è stata preferita ad altre «per consolidare le scelte democratiche e preservare i risultati ottenuti dal Marocco in questo campo».

Abdelilah Benkirane stava tentando di trovare una maggioranza di governo dall’ottobre del 2016. Il suo partito, Giustizia e sviluppo, aveva ottenuto 125 seggi su 395, mentre il partito rivale, il Partito dell’autenticità e della modernità (PAM), liberale e di centrosinistra, ne aveva guadagnati 102. Dopo due mesi di negoziati, il PJD era riuscito ad avere il sostegno del Partito del progresso e del socialismo (PPS, di sinistra) e di Istiqlal (partito conservatore). Per arrivare alla maggioranza necessaria a governare mancavano però ancora 15 seggi e da lì in poi la situazione non si era più sbloccata. Il Raggruppamento Nazionale degli Indipendenti che aveva ottenuto 37 seggi e che è guidato da un ricco uomo d’affari considerato molto vicino alla monarchia, Aziz Akhennouch, aveva infatti ottenuto l’appoggio di alcuni partiti minori riuscendo, di fatto, a bloccare Benkirane.

Benkirane è ex membro di un’organizzazione islamista violenta attiva negli anni Settanta. Nel 2007, il suo partito si presentò alle elezioni come forza politica moderata e istituzionale, e divenne il principale partito di opposizione. Quattro anni dopo, nel 2011, durante le proteste della primavera araba, il PJD vinse le elezioni e Benkirane diventò primo ministro del paese. Durante il suo governo, il PJD si è battuto in particolare contro la corruzione e ha adottato una serie di misure di austerità, apprezzate anche all’estero, per rimettere ordine nei bilanci dello stato. Ha fatto inoltre molta attenzione a non scontrarsi con la monarchia su molte questioni importanti.

Durante la campagna elettorale del 2016, il PJD ha puntato molto nell’attribuire gli insuccessi del suo governo a delle manovre sotterranee non meglio specificate e ha fatto attenzione a presentarsi sia come il partito più compatibile con il cosiddetto “sistema” e con la monarchia (che in Marocco sono ancora molto influenti), sia a criticarli attribuendo proprio a loro una possibile sconfitta. Il Marocco è una monarchia costituzionale, ma a differenza delle monarchie europee, il re gode ancora di molti poteri. Nel luglio del 2011 Mohamed VI aveva avviato una serie di riforme costituzionali poi confermate in un referendum: prevedevano un ampliamento dei poteri del primo ministro e del parlamento e limitavano (almeno formalmente) quelli del sovrano cancellandone la «sacralità». La riforma prevedeva comunque che il re potesse decidere di scogliere il parlamento e che fosse lui a scegliere, all’interno del partito vincitore delle elezioni, il capo del governo.

Diversi osservatori hanno fatto notare come Mohammed VI, prendendo la decisione di destituire il primo ministro, abbia voluto sia riaffermare il fatto che non è possibile governare il Marocco senza una reale vicinanza alla monarchia sia ribadire la sua posizione come arbitro al di sopra delle parti. Il re non potrà infatti essere incolpato per non aver lasciato un tempo sufficiente a Benkirane per formare un nuovo governo e annunciando che nominerà un altro membro del PJD ha mostrato rispetto per gli elettori e per la Costituzione 2011, che prevede che il primo ministro sia nominato dal re tra i membri del partito che ha ottenuto più voti. Per ora il PJD non ha rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale e ha anzi invitato i suoi sostenitori a non commentare la decisione di Mohammed VI. Tra i nomi che più circolano per la nomina a nuovo capo del governo c’è quello del ministro uscente della Giustizia Mustapha Ramid.