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  • Martedì 7 marzo 2017

Corea del Nord e Malesia continuano a litigare su Kim Jong-nam

Negli ultimi tre giorni hanno espulso i rispettivi ambasciatori e impedito ai cittadini dell'altro paese di lasciare il territorio nazionale, accusandosi a vicenda

L'ambasciata della Corea del Nord a Kuala Lumpur, Malesia, fotografata il 7 marzo 2017 (AP Photo/Vincent Thian)
L'ambasciata della Corea del Nord a Kuala Lumpur, Malesia, fotografata il 7 marzo 2017 (AP Photo/Vincent Thian)

Da diverse settimane ci sono tensioni diplomatiche fra la Corea del Nord e la Malesia, due paesi asiatici situati entrambi nel Mar Cinese, per via dell’uccisione di Kim Jong-nam, il fratellastro del dittatore nordcoreano Kim Jong-un assassinato il 13 febbraio a Kuala Lumpur (la capitale della Malesia). I quotidiani internazionali scrivono da giorni che la leadership della Corea del Nord – governata da una dittatura di ispirazione socialista dal 1945 – non è soddisfatta del modo in cui la Malesia sta gestendo le indagini sulla morte di Kim Jong-nam. La situazione si è complicata nei giorni scorsi: Corea del Nord e Malesia hanno espulso i rispettivi ambasciatori nel proprio paese, mentre stamattina entrambe hanno annunciato che impediranno ai cittadini dell’altro paese di lasciare il territorio nazionale. La misura dovrebbe interessare rispettivamente 11 cittadini malesi attualmente in Corea del Nord – cinque funzionari e sei membri delle loro famiglie – e circa un migliaio di nordcoreani che si trovano in Malesia.

Il primo paese ad adottare questa misura è stata la Corea del Nord, che secondo il Guardian se l’era già presa molto quando il mese scorso la polizia malese aveva convocato sette cittadini nordcoreani per interrogarli in relazione all’assassinio e aveva vietato che il corpo di Kim Jong-nam lasciasse il paese, di modo da condurre l’autopsia. La Corea del Nord aveva accusato la Malesia di voler “politicizzare” l’assassinio e di collaborare segretamente con la Corea del Sud. Negli ultimi giorni ci sono stati nuovi sviluppi: secondo la polizia malese, due dei cittadini nordcoreani convocati nel corso delle indagini sono nascosti nell’ambasciata nordcoreana di Kuala Lumpur. La polizia ha quindi circondato l’edificio dell’ambasciata, e il suo capo Khalid Abu Bakar ha spiegato ai giornalisti che se necessario è disposto ad aspettare anche diversi anni prima che «qualcuno venga fuori».

Martedì mattina, il ministero degli Esteri della Corea del Nord ha diffuso un comunicato in cui ha spiegato che ai cittadini malesi «sarà temporaneamente vietato lasciare il paese finché l’incidente accaduto in Malesia sia risolto in maniera adeguata». Il primo ministro malese Najib Razak ha definito la decisione della Corea del Nord “ripugnante” e ha impedito a sua volta ai cittadini nordcoreani di lasciare il paese. BBC fa notare che azioni del genere sono molto rare nella diplomazia internazionale, e che probabilmente violano diverse norme del diritto internazionale (anche se verosimilmente entrambe le misure sono state prese su base temporanea). L’esperto di Corea del Nord e collaboratore del sito di notizie NK News Benjamin R. Young ha spiegato su Twitter che la Corea del Nord non è interessata a rispettare questo tipo di norme.

Nel frattempo sta proseguendo l’indagine sulla morte di Kim Jong-nam: due settimane fa, grazie all’autopsia, si è scoperto che la morte è avvenuta per effetto dell’agente nervino VX, cioè una sostanza considerata un’arma chimica. Al momento solamente due donne – una cittadina indonesiana e una vietnamita – sono state accusate di omicidio: la Corea del Nord ha chiesto da tempo che siano rilasciate perché innocenti, e ha accusato la Corea del Sud di avere ordinato l’omicidio. La Corea del Sud, invece, ritiene che Kim Jong-nam sia stato assassinato per ordine della leadership nordcoreana, per via di rivalità interne alla famiglia che gestisce il regime.