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  • Domenica 5 marzo 2017

C’è un motivo se La Mecca è quella che è oggi

Negli ultimi anni molti siti storici sono stati distrutti per fare spazio a infrastrutture e grattacieli, per sostenere i pellegrini ma anche per imporre una certa visione dell'Islam

La Mecca, in Arabia Saudita, il 13 settembre 2016 (AHMAD GHARABLI/AFP/Getty Images)
La Mecca, in Arabia Saudita, il 13 settembre 2016 (AHMAD GHARABLI/AFP/Getty Images)

Da quando è diventato governatore di La Mecca, nel 2007, il principe saudita Khaled bin Faisal al Saud ha supervisionato una serie di vasti cambiamenti architettonici e infrastrutturali nella più importante città santa dell’Islam, in quello che può essere considerato il più grande progetto di sviluppo urbanistico avvenuto nel Medio Oriente negli ultimi anni. Gran parte di questi cambiamenti sono stati decisi per rispondere alle necessità del gran numero di fedeli che ogni anno visita La Mecca, per il pellegrinaggio religioso che ogni musulmano dovrebbe compiere almeno una volta nella vita: nel 2016 sono stati 7,5 milioni. Molti lavori sono stati fatti non solo per ospitare i visitatori, ma anche per la loro sicurezza: spesso capitano grandi incidenti attorno alla Kaaba, l’edificio a forma di cubo che costituisce il centro simbolico dei musulmani di tutto il mondo. Nel 2015 più di duemila persone morirono nella calca nella Grande Moschea, nel cui cortile (sahn) si trova la Kaaba.

Vicino alla Kaaba sono stati costruiti dei grandi grattacieli. Le colline dove un tempo si trovavano le case delle mogli di Maometto, il profeta fondatore dell’Islam, e dei primi califfi, i successori del profeta, sono state spianate. Nuove autostrade, hotel e parcheggi sono stati costruiti per i turisti. Il fondo Jabal Omar Development sta investendo centinaia di milioni di dollari per erigere due torri da cinquanta piani nel punto dove si trovava la casa del terzo califfo, e ci sono molti altri cantieri aperti.

Come ha spiegato l’Economist in un articolo intitolato “La distruzione della Mecca”, non tutti hanno un’opinione positiva dei grossi cambiamenti urbanistici che sono già avvenuti o stanno avvenendo nella città, perché hanno causato la demolizione della maggior parte degli edifici storici. Khaled bin Faisal al Saud e gli attuali costruttori non ne sono gli unici responsabili: La Mecca ha cominciato a essere profondamente trasformata fin da quando entrò a far parte dell’Arabia Saudita nel 1925. Fin dall’inizio del regno saudita La Mecca ha subito molti cambiamenti, in linea con i dettami della corrente religiosa legata alla famiglia regnante, quella wahabita. Il wahabismo è una forma particolarmente intransigente e conservatrice dell’Islam, chiamata anche “salafismo”, e in Arabia Saudita i suoi rappresentanti controllano quasi completamente l’istruzione e il sistema giudiziario.

Negli anni il clero wahabita ha imposto agli altri tipi di musulmani sunniti arabi la propria visione dell’Islam anche attraverso le trasformazioni di La Mecca: tre dei quattro pulpiti che sorgevano attorno alla Kaaba, uno per ciascuna delle quattro scuole giuridico-religiose islamiche sunnite (hanafismo, malikismo, sciafeismo e hanbalismo), sono per esempio stati eliminati, lasciando solo quello destinato ai predicatori wahabiti, che appartengono alla scuola hanbalita. Sempre per volere del clero wahabita tutti i luoghi sacri della Mecca diversi dalla Kaaba – molti venerati da musulmani sciiti o da altri tipi di sunniti – sono stati demoliti. A metà degli anni Settanta molti edifici antichi risalenti al tempo del profeta Maometto hanno cominciato a essere distrutti. Le vecchie case risalenti ai tempi dell’Impero Ottomano sono state sostituite con edifici nuovi e nel giro di pochi anni La Mecca è stata trasformata in una città moderna, senza più vicoli medievali e con ampie strade a più corsie, svincoli, alberghi e centri commerciali.

Secondo l’Economist esiste la possibilità che questa tendenza a cancellare il passato della città venga invertita, perché ultimamente c’è più attenzione nei confronti del patrimonio storico. Lo stesso architetto Anas Serafi, membro della direzione del fondo Jabal Omar Development, ha incluso nel progetto delle due torri una specie di percorso virtuale che spieghi quali erano gli antichi luoghi sacri distrutti negli anni. Inoltre il governo nazionale potrebbe intervenire in favore della preservazione di ciò che resta del passato della Mecca. L’anno scorso il principe Muhammad bin Salman, vice-erede al trono e presidente del Consiglio per gli Affari Economici e di Sviluppo, ha promesso miliardi di dollari di investimenti in progetti di salvaguardia del patrimonio storico del paese.