Le ultime possibilità per salvare le vaquita dall’estinzione

Una rara specie di cetacei che popola soprattutto il golfo della California potrebbe estinguersi entro due anni: ne restano solo 30 esemplari

(AP)
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Entro un paio di anni le vaquita (Phocoena sinus), una rara specie di cetacei che popola soprattutto il golfo della California, potrebbero essere completamente estinte. Secondo le ultime stime dei naturalisti effettuate nel novembre del 2016, ne sono rimasti solamente 30 esemplari, la metà di quelli censiti nel 2015. “Vaquita” in spagnolo significa “piccola vacca”, per via del muso che ricorda seppure lontanamente quello di alcuni bovini. Tra le numerose specie che costituiscono l’ordine dei cetacei, le vaquita sono le più piccole, riconoscibili per la forma che ricorda quella di un delfino, il muso prominente e gli occhi e la bocca contornati di nero.

Questi animali vivono nella parte settentrionale del golfo della California, dove le acque sono più ricche di nutrienti e altre specie marine, compresi i totoaba, pesci molto richiesti in Cina per la preparazione di diversi piatti tradizionali. Gli esemplari di vaquita restano intrappolati nelle reti usate illegalmente dai pescatori di totoaba: impossibilitati a risalire in superficie per respirare, muoiono affogati durante le battute di pesca (i cetacei sono mammiferi, quindi a differenza dei pesci respirano più o meno come noi, e hanno quindi bisogno di tornare in superficie per raccogliere aria nei polmoni). I totoaba sono particolarmente ricercati per la loro vescica natatoria, che essiccata è considerata una prelibatezza nella cucina cinese, nonché una risorsa per la medicina tradizionale.

Si stima che tra poco più di cinque anni, i pescatori di frodo avranno sostanzialmente sterminato la popolazione di vaquita nel golfo della California: dal 2011 il numero di esemplari è diminuito del 90 per cento, secondo i dati raccolti dai centri di ricerca del governo del Messico. Tutti erano consapevoli dello sterminio in corso, comprese le autorità messicane, ma non sono state adottate misure efficaci per fermarlo e per favorire la nascita di nuovi esemplari. Associazioni ambientaliste e naturalisti hanno suggerito negli anni varie soluzioni per migliorare la situazione, ma molti tentativi condotti dal governo del Messico, compreso l’utilizzo della marina militare per fermare la pesca di frodo dei totoaba, non ha funzionato.

Ora gli esperti consigliano al governo messicano di catturare alcuni esemplari di vaquita e di tenerli temporaneamente in cattività, con l’obiettivo di conservare la specie in attesa che sia trovata una soluzione definitiva contro la pesca illegale dei totoaba. Gli ambientalisti hanno sperato fino all’ultimo di non dovere ricorrere a questo sistema perché non offre molte garanzie, soprattutto sulla possibilità di rimettere in libertà gli esemplari nati in cattività cambiando le loro abitudini. Come hanno spiegato gli esperti al New York Times, ormai non ci sono molte altre soluzioni, anche perché l’alternativa sarebbe continuare con i sistemi di deterrenza della pesca illegale che non hanno funzionato.

vaquita

La cattività comporta diverse altre incognite, prima tra tutte la possibilità di trovare famiglie di vaquita e di trasferirle in un’area sicura. Non è nemmeno certo che si riesca a catturare facilmente questi animali, senza spaventarli o ferirli, e non si sa come potrebbero reagire a una vita confinata in un piccolo tratto di mare recintato. Se qualcosa andasse storto, l’intero piano potrebbe fallire, riducendo ulteriormente il numero di vaquita ancora esistenti. La cattività non si presterebbe nemmeno a effettuare una massiccia campagna di ripopolamento, considerato che una femmina partorisce in media una volta ogni due anni.

Quando la situazione è diventata critica, all’incirca un paio di anni fa, il governo del Messico ha imposto un divieto sull’utilizzo dei tramagli, un particolare tipo di rete da pesca formata da due reti laterali a maglie larghe con una mediana, che di solito resta meno tesa, e a maglie più piccole. La messa al bando di queste reti ha riguardato l’intera area popolata dalle vaquita nel golfo della California, un tratto di mare ampio 13mila chilometri quadrati. Il governo ha anche disposto il pattugliamento dell’area da parte della marina militare, fornendo sussidi per 74 milioni di dollari ai pescatori della zona, come forma di rimborso per la mancata attività di pesca in quelle acque per due anni.

L’area da controllare era però molto vasta e numerosi pescherecci hanno comunque proseguito le loro attività, lanciando i tramagli nei punti più pescosi. La presenza delle reti è stata segnalata da svariate associazioni ambientaliste, che per conto del governo collaborano ai programmi di controllo nell’habitat dei vaquita. Il governo del resto ha mantenuto un atteggiamento ambiguo, promettendo da un lato di impegnarsi per fermare la pesca di frodo, dall’altro lasciando di fatto impuniti i trasgressori. Nei rari casi in cui i responsabili dei pescherecci vengono arrestati, i capi d’accusa sono spesso secondari e non incisivi.

Con l’ulteriore peggioramento della situazione e la riduzione delle vaquita, il ministero dell’Ambiente messicano ha promesso nuovi interventi per migliorare le attività di sorveglianza nei confronti della pesca illegale. Tra le promesse c’è l’invio di 45 agenti di polizia che si occupino del pattugliamento delle spiagge da cui partono i pescatori e dove organizzano i loro accampamenti. Non ci sono invece notizie chiare sulla proposta di estendere il bando dei tramagli e renderlo permanente, misura richiesta da tutte le principali associazioni ambientaliste. Divieto di uso delle reti e controlli più accurati sono l’unica speranza per evitare l’estinzione delle vaquita, e i tempi sono sempre più stretti.