Snap si prepara a entrare in borsa

Oggi l'azienda che controlla Snapchat annuncerà il prezzo delle sue azioni, tra grandi opportunità e rischi legati alla concorrenza di Facebook

(Carl Court/Getty Images)
(Carl Court/Getty Images)

Aggiornamento del 2 marzo 2017
Snap ha collocato le sue azioni a 17 dollari, una cifra superiore a quella inizialmente prevista dagli analisti. La valutazione di mercato per l’azienda è quindi di 24 miliardi di dollari: oggi sarà il suo primo giorno di contrattazioni alla borsa statunitense.


 

A marzo inizia un periodo molto importante per Snap, la società che controlla l’applicazione Snapchat, famosa per il suo sistema per scambiarsi foto e video che si cancellano da soli. Dopo mesi di attesa, oggi alla chiusura della seduta di borsa di Wall Street Snap dovrebbe formalizzare la sua offerta pubblica iniziale (IPO), il primo passo per diventare una società per azioni, vendere delle quote agli investitori in borsa e raccogliere così miliardi sul mercato con i quali finanziare i suoi prossimi sviluppi. L’entrata in borsa di Snap è molto attesa perché è la prima di rilievo nel settore tecnologico da tre anni, quando fu Twitter a diventare società per azioni con una IPO rivelatasi poi deludente. Snapchat è usata da circa 150 milioni di persone al giorno e – nonostante la concorrenza sempre più agguerrita di Facebook – potrebbe continuare a crescere notevolmente, soprattutto se sarà in grado di differenziare la sua offerta.

L’obiettivo di Snap è raccogliere fino 3,2 miliardi di dollari nella prima fase della sua IPO, con un’offerta di 200 milioni di azioni a un prezzo compreso tra i 14 e i 16 dollari. Al punto massimo della sua offerta, che si raggiunge con l’avvio delle prime contrattazioni, l’azienda potrebbe raggiungere un valore di mercato intorno ai 18,5 miliardi di dollari. Secondo alcuni analisti Snap potrebbe scegliere un prezzo iniziale più alto per le sue azioni, vendendole a 17-18 dollari, che porterebbero a un capitale di mercato tra i 19,7 e i 20,8 miliardi di dollari. Questa scelta comporterebbe però qualche rischio in più, perché potrebbe disincentivare alcuni investitori dall’acquistare quantità significative di azioni. Nelle settimane scorse si era parlato di 25 miliardi di dollari come risultato auspicato da Snap, ma per molti analisti sarebbe stato un azzardo.

I cofondatori di Snap, Evan Spiegel (26 anni) e Bobby Murphy (28), diventeranno miliardari grazie alla IPO ma al tempo stesso si sono assicurati di mantenere uno stretto controllo sull’azienda. Almeno nella fase iniziale le azioni saranno vendute senza diritto di voto, quindi gli azionisti non avranno la possibilità di controllare le decisioni di Spiegel e Murphy. La condizione non è piaciuta a molti investitori, compresi alcuni grandi fondi, e ha reso più complicata la formulazione degli accordi pre-IPO in cui un’azienda che si quota in borsa può raccogliere una sorta di prenotazioni su parte delle sue azioni per assicurarsi un esordio ai prezzi previsti.

Nelle ultime settimane Snap ha organizzato diversi incontri con potenziali azionisti negli Stati Uniti e a Londra, ricevendo risposte non sempre entusiaste. Alcuni investitori si sono tirati indietro alla notizia della mancanza del diritto di voto; altri hanno manifestato il loro interesse a patto che il prezzo delle azioni fosse ragionevole e non al di sotto dei 25 miliardi di dollari di possibile valore di mercato. Molti analisti sono incuriositi non solo dai futuri sviluppi di Snapchat, ma anche dalla possibilità che Snap realizzi nuovi progetti: specialmente dopo l’iniziale successo ottenuto con gli Spectacles, gli occhiali da sole con videocamera incorporata per registrare e pubblicare video in soggettiva.

Le IPO portano sempre qualche incognita e Snap vuole evitare di fare la fine che fece Twitter tre anni fa, confidando di potere invece replicare il successo di Facebook dopo il suo ingresso in borsa nel 2012. All’epoca il social network decise di vendere le azioni per la IPO al loro massimo, scelta che portò le sue quotazioni in borsa a crescere di meno dell’1 per cento nel primo anno di contrattazioni. Le cose cambiarono nell’estate del 2013, quando Facebook dimostrò i primi risultati ottenuti investendo moltissimo nelle sue applicazioni per smartphone: le azioni aumentarono il loro valore di un terzo in pochi mesi e da allora hanno continuato a crescere.

Twitter è l’esempio opposto ed è la preoccupazione più grande di Snap per come potrebbero andare le cose. Twitter fece la sua IPO con un prezzo superiore a quello degli analisti, sfruttando un’iniziale euforia degli investitori che portò le azioni ad aumentare il loro valore di oltre il 70 per cento nel primo giorno di contrattazioni. Nelle settimane seguenti le azioni iniziarono ad andare sempre peggio, complici risultati finanziari non entusiasmanti e livelli di crescita più bassi del previsto. Nel 2015 il valore delle azioni continuò a scendere rapidamente, fino a dimezzarsi rispetto ai massimi raggiunti nel 2013. Ancora oggi il valore in borsa di Twitter è del 38 per cento inferiore a quello del suo lancio. Il social network ha 319 milioni di utenti unici al mese, contro gli 1,2 miliardi di utenti unici che Facebook mette insieme in un giorno.

Bloomberg scrive che Facebook e Twitter sono due lezioni importanti per Snap: per consolidare un successo in borsa la società dovrà concentrarsi su quanto ha promesso agli investitori, seguendo i piani per aumentare i ricavi per utente e contrastare la riduzione dei nuovi iscritti al servizio (le nuove iscrizioni sono diminuite del 50 per cento nell’ultimo trimestre del 2016, soprattutto a causa della concorrenza di Facebook). Snap dovrà presentare risultati concreti nel suo primo trimestre da azienda quotata in borsa, perché sarà su quei dati che gli investitori faranno le loro considerazioni sul tenere o vendere le azioni in loro possesso. Se dati poco incoraggianti dovessero far prevalere lo scetticismo, Snap rischierebbe di ritrovarsi nella situazione di Twitter.

Come molte altre aziende di recente fondazione che offrono app e servizi online, Snap per ora non produce utili: nel 2016 ha avuto perdite per 515 milioni di dollari, dovute soprattutto ai costosi investimenti per lo sviluppo di nuovi prodotti e agli accordi commerciali con alcune aziende, come quello con Alphabet per i server che fanno funzionare Snapchat. Le perdite sono aumentate rispetto ai 382 milioni di dollari dell’anno precedente, a fronte comunque di un aumento di sette volte dei ricavi: passati da 59 milioni di dollari a 404 milioni di dollari.

Il problema principale di Snap, e che preoccupa di più gli analisti, è comunque Facebook. Il suo CEO, Mark Zuckerberg, ha sempre avuto molte attenzioni per Snapchat, inizialmente amichevoli. Nell’autunno del 2013 offrì 3 miliardi di dollari per acquistare l’azienda, che all’epoca si stava facendo notare come una piccola startup dalle buone potenzialità, ma ancora senza piani credibili per la sua crescita. Evan Spiegel, il CEO di Snapchat (l’azienda ha cambiato nome in Snap lo scorso anno), rifiutò l’offerta convinto che la sua azienda potesse avere più opportunità di sviluppo senza finire sotto il controllo di Facebook. Zuckerberg da allora le ha provate tutte per impedire a Snapchat di continuare a crescere e conquistare fette di mercato.

Nei mesi seguenti al rifiuto Facebook introdusse nuove applicazioni che erano sostanzialmente cloni di Snapchat. Tra questi c’era Slingshot, un’app a parte rispetto a quella principale di Facebook, con funzioni per creare e condividere contenuti a tempo con gli amici. L’applicazione non fece presa e il progetto fu presto abbandonato per seguire una strategia molto più aggressiva: sfruttare il successo delle app già esistenti – quella di Facebook più Messenger, Instagram e WhastApp – per inserire direttamente al loro interno funzioni simili a quelle di Snapchat e molto popolari, come le Storie (raccolte di foto e video che spariscono dopo 24 ore) e i filtri per fotografie e video.

Oggi le Storie sono messe in bella evidenza nella schermata principale di Instagram e sull’app di Facebook, mentre una loro versione più discreta è disponibile anche su WhatsApp. Ogni giorno sono mostrate a centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, facilmente accessibili e senza la necessità di usare un’ulteriore app come Snapchat. Soprattutto su Instagram, le Storie hanno portato a risultati sorprendenti a pochi mesi dalla loro introduzione, causando – secondo diversi analisti – parte della riduzione nelle nuove iscrizioni a Snapchat nell’ultimo trimestre.