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  • Martedì 28 febbraio 2017

Mattarella ha concesso la grazia parziale a Sabrina De Sousa

L'ex agente della CIA, ritenuta coinvolta nel rapimento di Abu Omar del 2003, ha ricevuto uno sconto di un anno della pena

Sabrina De Sousa, in una foto del 2012 (Nikki Kahn/The Washington Post via AP)
Sabrina De Sousa, in una foto del 2012 (Nikki Kahn/The Washington Post via AP)

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha concesso la grazia parziale di un anno di reclusione a Sabrina De Sousa, l’ex agente della CIA coinvolta nel rapimento di Abu Omar nel 2003. De Sousa era stata condannata, con altre persone, a sette anni di carcere per il reato di sequestro di persona, pena ridotta a quattro anni per via dell’indulto del 2006. Con la grazia parziale, la pena di De Sousa è stata ridotta di un altro anno, portandola a tre, condizione che permetterà ai suoi legali di chiedere di scontarla con soluzioni alternative al carcere. Come da prassi in questi casi, la decisione di Mattarella ha tenuto conto del parere favorevole del ministro della Giustizia.

Di Sabrina De Sousa si era tornato a parlare lo scorso gennaio in seguito alla decisione della corte d’Appello di Lisbona di estradarla in Italia. De Sousa è una cittadina con doppio passaporto, portoghese e statunitense: lo scorso ottobre era stata arrestata all’aeroporto di Lisbona dalla polizia portoghese su richiesta italiana e le erano stati confiscati i passaporti in attesa della decisione del giudice se estradarla o meno. A dicembre il presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva concesso la grazia ad altri due agenti coinvolti nel caso Abu Omar. De Sousa doveva essere estradata in Italia dal Portogallo domani, mercoledì 1 marzo, ma a differenza da quanto annunciato dalle agenzie di stampa nel pomeriggio, ora non è chiaro se intenda raggiungere Roma e con che tempi.

Del caso di De Sousa in Italia si è occupato il procuratore Armando Spataro, che sostiene che De Sousa fosse tra gli organizzatori del rapimento. De Sousa si è sempre dichiarata innocente e aveva precedentemente dichiarato che in caso fosse stata decisa la sua estradizione avrebbe fatto ricorso alla Corte Suprema portoghese e qualora avesse perso anche lì a quella Costituzionale.

Abu Omar, il cui vero nome era Osama Hassan Mustafa Nasr, era un imam di Milano che venne rapito il 17 febbraio del 2003 dalla CIA con la collaborazione di agenti italiani. Fu sequestrato e portato in Egitto dove fu torturato, raccontò in seguito. Abu Omar è un cittadino egiziano ma all’epoca del sequestro era residente in Italia, dove si trovava con lo stato di rifugiato. Dopo il sequestro è rimasto in carcere per diversi anni senza processo in Egitto. Il suo caso è stato al centro del primo processo civile che ha indagato le responsabilità delle detenzioni illegali statunitensi, e non è ancora stato chiarito fino in fondo il ruolo e l’effettiva collaborazione dei servizi segreti italiani con quelli degli Stati Uniti nella vicenda.

Da parte sua, l’imam aveva avuto una vita avventurosa e con qualche punto oscuro: mentre era titolare di un negozio in Albania, raccontò lui stesso ad Al Jazeera nel 2007, era stato avvicinato più volte sia dalla CIA che dai servizi segreti egiziani con la proposta di lavorare per loro, ma non aveva accettato. Abu Omar ha sostenuto inoltre che in Albania nel 1995 la CIA provò a rapirlo. Poi era andato in Germania per richiedere asilo politico, senza ottenerlo, e infine era andato a Milano dove aveva ottenuto finalmente lo status di rifugiato (dichiarò di essere «cittadino italiano con passaporto italiano») nel giugno del 2001. In Italia Abu Omar è stato indagato per coinvolgimento nel terrorismo internazionale e nei suoi confronti è stato emesso un mandato di arresto, dopo il suo rapimento: ma al momento del suo rapimento non era mai stato arrestato né interrogato dalle autorità italiane.