Ritratti e città di Berenice Abbott

Una mostra a Nuoro racconta l'evoluzione della fondamentale fotografa americana del Novecento

Blossom Restaurant, 1935 
© Berenice Abbott
Blossom Restaurant, 1935 © Berenice Abbott

Da domani 17 febbraio fino al 31 maggio, il museo MAN di Nuoro ospita una mostra sulla fotografa statunitense Berenice Abbott, una delle più conosciute del Novecento. Presenta una selezione di 82 immagini realizzate tra la metà degli anni Venti e i primi anni Sessanta, divise in tre sezioni che ne raccontano l’evoluzione dello stile: ritratti, New York e fotografie scientifiche.

Abbott era nata a Springfield, in Ohio, nel 1898. Da ragazza si era trasferita al Village di New York, dove studiava scultura e per mantenersi posava da modella per artisti come Man Ray e Nikolas Muray. All’inizio degli Venti seguì Man Ray a Parigi, dove continuò a studiare arte e divenne assistente di Ray nel 1923. A questo periodo risalgono i ritratti che Abbott scattò ai protagonisti dell’avanguardia artistica e letteraria europea, tra cui Jean Cocteau, James Joice, Max Ernst e André Gide. In quegli anni Abbott aprì il proprio laboratorio di fotografia, frequentato da un circolo di intellettuali e artiste lesbiche, e nel 1926 espose i propri ritratti nella galleria “Le Sacre du Printemps”.

Ma soprattutto, a Parigi Abbott incontrò il fotografo francese Eugène Atget, famoso per le fotografie con cui raccontava le strade e le mutazioni nel paesaggio urbano della città. Abbott fu molto colpita dal suo lavoro e quando nel 1929 tornò a New York decise di realizzare qualcosa di simile: iniziò a fotografare in strada per raccontare la vita degli abitanti e i cambiamenti della città, che aveva ritrovato molto diversa dopo gli otto anni all’estero, con molti palazzi del XIX secolo demoliti per far spazio a nuovi grattacieli.
Al progetto Abbott dedicò tutti gli anni Trenta, che coincisero con la Grande Depressione: il risultato è “Changing New York”, un volume pubblicato nel 1939, tra i più celebri della storia della fotografia del XX secolo, con un testo della critica d’arte – e sua compagna – Elizabeth McCausland. Inizialmente Abbott poté dedicarsi al progetto soltanto nei mercoledì liberi e grazie al sostegno economico di organizzazioni, fondazioni e privati. Dal 1935 venne finanziato dal Federal Art Project (FAP), il programma che durante la Grande Depressione cercava di aiutare – commissionando opere – artisti e persone che lavoravano nel settore della pubblicità, della grafica e dell’editoria. Il FAP assunse Abbott e oltre a uno stipendio di 145 dollari al mese le fornì anche una segretaria, una macchina e alcuni assistenti. In questo modo la fotografa poté dedicarsi completamente al suo progetto, anche se il fondo iniziò ben presto a subire tagli e venne chiuso nel 1939.

Dal 1939 Abbott si dedicò alla fotografia scientifica. Inizialmente sperimentava modi per fotografare il magnetismo e l’elettricità, provando e inventando diverse macchine fotografiche nella sua mansarda. A metà degli anni Quaranta diventò photo editor dell’autorevole rivista Science Illustrated e in quegli anni realizzò una delle sue fotografie più famose, ritraendo la struttura molecolare delle bolle di sapone. Nel 1958 cominciò una collaborazione con il MIT (Massachusetts Institute of Technology) e due anni dopo le sue immagini vennero incluse in uno storico libro di fisica per il liceo.
Abbott Lasciò New York nel 1968 e si trasferì in Maine, dove morì nel dicembre del 1991.