C’è un sistema per comunicare con le persone affette da totale “sindrome locked-in”

Cioè le persone che hanno tutti i muscoli volontari paralizzati, ma sono comunque coscienti

(Wyss Center)
(Wyss Center)

Utilizzando un dispositivo per rilevare l’attività cerebrale, un gruppo di ricerca dell’Università di Tubinga (Germania) è riuscito a effettuare alcune semplici conversazioni con pazienti affetti da “sindrome locked-in” (LIS): persone coscienti, ma che non possono muoversi a causa della permanente paralisi dei muscoli volontari del corpo. Il nuovo sistema è ancora sperimentale, ma i risultati ottenuti sono considerati incoraggianti e potrebbero consentire ai pazienti con LIS di comunicare più facilmente con medici, amici e parenti. I risultati della ricerca sono stati pubblicati questa settimana sulla rivista scientifica PLOS Biology.

I test sono stati eseguiti su un uomo e tre donne tra i 24 e i 76 anni, a più di un anno dalla diagnosi di totale sindrome locked-in (quindi con paralisi anche degli occhi), causata nel loro caso dalla sclerosi laterale amiotrofica, una malattia degenerativa del sistema nervoso che porta nei suoi ultimi stadi alla paralisi. Chi ne soffre non si può muovere, non riesce nemmeno a deglutire autonomamente, ma mantiene comunque intatte buona parte delle capacità di pensiero e in alcuni casi la possibilità di muovere gli occhi. I pazienti dei test erano intubati per mantenere la respirazione e la nutrizione.

I ricercatori hanno fatto indossare ai pazienti una particolare cuffia dotata di numerosi sensori a infrarossi, in grado di rilevare le variazioni nell’afflusso di sangue alle varie aree del cervello. Semplificando, quando svolgiamo un’attività, la quantità di sangue tende ad aumentare in corrispondenza dei punti dell’encefalo responsabili per le azioni che stiamo compiendo, compreso pensare alla risposta da dare a una domanda. Nelle lunghe fasi di addestramento e di calibrazione della cuffia, a ogni paziente è stato chiesto di pensare a un “sì” o a un “no” per rispondere a domande molto semplici come “Berlino è la capitale della Francia?” o “Il nome di tuo marito è Joachim?”. Mappando le aree di attivazione del cervello, è stato possibile costruire un modello al computer per comprendere come reagiva il cervello di ogni paziente per pensare a un “sì” o a un “no”.

Conoscendo i punti di attivazione è stato possibile utilizzare in seguito il sistema al contrario, per ottenere risposte personali su argomenti di cui i ricercatori non potevano conoscere la risposta, come per esempio: “Sei felice in questa condizione?”. Tutti e quattro i pazienti hanno risposto di sì, cosa che ha sorpreso il gruppo di ricerca e che al tempo stesso indica che la completa paralisi non sia necessariamente vissuta male, come ci si potrebbe immaginare. Sulla risposta ha probabilmente influito il fatto che, quando potevano ancora esprimersi, i quattro pazienti avessero chiesto di essere mantenuti in vita con un respiratore, a differenza di altri casi in cui i pazienti preferiscono non essere intubati e lasciati morire.

Come ha spiegato Niels Birbaumer, uno dei ricercatori, in passato altri studi avevano messo in evidenza la percezione positiva della loro vita da parte dei pazienti. I motivi non sono molto chiari, ma l’ipotesi è che le persone con LIS si concentrino sulle opportunità per le interazioni sociali, seppure limitate, e sul fatto di poter continuare a pensare e a immaginare. Il loro approccio alla vita, dice Birbaumer, diventa simile a quello della meditazione.

Il sistema usato per l’esperimento sui quattro pazienti dovrà essere perfezionato, soprattutto per ridurre il tempo necessario per individuare le aree del cervello che si attivano per i “sì” e per i “no” in ogni singolo caso. Inoltre, per ora il sistema prevede che la stessa domanda sia formulata più volte al paziente, per evitare falsi positivi o errori nelle rilevazioni della macchina. L’obiettivo dei ricercatori è ottenere risultati più affidabili in minor tempo e di rendere più economico e portatile il sistema, cosa che potrebbe consentire il suo utilizzo per un maggior numero di pazienti, e con interazioni più articolate dei semplici “si” o “no”.

Molti pazienti con LIS mantengono la capacità di muovere gli occhi e le palpebre: questi movimenti diventano il loro modo primario di comunicazione. Il caso più famoso di comunicazione attraverso questi movimenti è probabilmente quello del giornalista parigino Jean-Dominique Bauby, che nel 1995 ebbe un ictus. Al risveglio dal suo coma, durato 20 giorni, scoprì di essere rimasto paralizzato e di poter controllare solamente la palpebra del suo occhio sinistro. Attraverso un pannello con tutte le lettere dell’alfabeto, dettò un intero libro strizzando l’occhio sinistro quando veniva indicata la lettera che voleva utilizzare. Il suo libro Lo scafandro e la farfalla, pubblicato nel 1997, ebbe un notevole successo. Bauby morì dieci giorni dopo la pubblicazione, a causa di un arresto cardiaco: aveva 45 anni.