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  • Martedì 31 gennaio 2017

Nella Polinesia francese saranno costruite delle isole galleggianti

Il governo locale ha fatto un accordo con un'organizzazione californiana per costruire un prototipo di città galleggiante, possibile soluzione all'innalzamento del livello degli oceani

Una possibile conformazione di una città galleggiante (Seasteading Institute)
Una possibile conformazione di una città galleggiante (Seasteading Institute)

Il 13 gennaio il governo della Polinesia francese ha trovato un accordo con l’organizzazione no profit californiana Seasteading Institute per la futura realizzazione di una serie di isole artificiali galleggianti in una laguna. La Polinesia francese, un insieme di arcipelaghi appartenente alla Francia in qualità di collettività d’oltremare e quindi dotato di autonomia politica, si trova nell’oceano Pacifico ed è uno dei posti più minacciati dall’innalzamento del livello del mare causato dal cambiamento climatico. Il progetto iniziale di Seasteading Institute per la Polinesia francese consiste nella costruzione di alcune isole galleggianti pensate per ospitare alcune decine di persone. I lavori inizieranno nel 2018 se gli studi ambientali e di fattibilità economica saranno positivi.

Seasteading Institute è stato fondato nel 2008 dall’attivista e ingegnere informatico Patri Friedman, nipote del premio Nobel per l’economia Milton Friedman, e dal miliardario cofondatore di PayPal Peter Thiel, famoso per aver aiutato l’ex wrestler Hulk Hogan a fare causa al sito di news Gawker, per essere un sostenitore di Donald Trump e per aver detto di essere favorevole alla secessione della California dagli Stati Uniti; ora Thiel non è più tra i finanziatori di Seasteading Institute. Per sviluppare il progetto delle città galleggianti l’organizzazione ha raccolto l’equivalente di 2,3 milioni di euro da più di mille donatori, ma per realizzare il progetto pilota nella Polinesia francese serviranno dai 10 ai 50 milioni di dollari (in euro, dai 9 ai 47 milioni), secondo quanto il direttore esecutivo dell’organizzazione Randolph Hencken ha spiegato al New York Times.

Tra le caratteristiche delle prime isole galleggianti ci sarà l’uso dei più moderni pannelli fotovoltaici, di impianti eolici e di acquacoltura: l’idea è renderle il più possibile autonome dal punto di vista energetico. Tra le questioni per cui deve ancora essere trovata una soluzione c’è il trattamento dei rifiuti, che deve ancora essere progettato. Nemmeno l’isola vicino alla quale sarà costruito il progetto pilota è ancora stata scelta.

I potenziali abitanti del progetto pilota saranno persone benestanti, perché secondo le stime di Seasteading Institute i costi degli alloggi saranno simili a quelli del mercato immobiliare di Londra e New York. Tuttavia, ha detto Hencken, i futuri progetti di isole galleggianti non saranno pensati per ospitare solo persone con grandi disponibilità economiche: con lo sviluppo della tecnologia necessaria a costruire le piattaforme galleggianti, i costi degli alloggi si abbasseranno. Se il progetto nella Polinesia francese avrà successo, la stessa idea verrà proposta anche in altri paesi minacciati dall’innalzamento dei livelli del mare. Tutti i costi del progetto saranno a carico di Seasteading Institute e non della Polinesia francese.

In Polinesia francese non tutti sono entusiasti del progetto di Seasteading Institute, in particolare perché non si sa ancora che tipo di impatto la costruzione delle isole potrebbe avere sull’ambiente circostante. C’è anche chi pensa che un progetto del genere non dovrebbe essere importato senza consultare gli abitanti locali. Alcuni esperti internazionali del cambiamento climatico sono scettici sui potenziali vantaggi del progetto soprattutto perché i paesi dell’oceano Pacifico sono tra i più poveri del mondo e quindi è difficile che isole galleggianti come quelle pensate da Seasteading Institute siano realizzabili dove ce ne sarebbe bisogno. Secondo alcuni, i fondi per la realizzazione delle isole galleggianti sarebbero spesi meglio in iniziative sanitarie o a favore dell’istruzione; oppure ancora per far trasferire le persone che vivono nei territori minacciati in altri paesi e costruire delle abitazioni migliori lì.

Il geografo canadese Simon Donner, esperto degli effetti del cambiamento climatico nelle isole del Pacifico, ha detto al New York Times che il progetto di isole galleggianti nella Polinesia francese è interessante e che non ci sono ragioni per pensare che i suoi finanziatori non abbiano buone intenzioni, ma anche che il piano per costruire le isole rivela una crudele verità: i paesi sviluppati, quelli che sono più responsabili del cambiamento climatico, sono anche quelli più in grado di affrontare il problema dal punto di vista tecnologico ed economico.

Secondo i più recenti modelli predittivi sul cambiamento climatico, il livello degli oceani potrebbe crescere fino a 1,8 metri entro il 2100. Tra i paesi più minacciati da questa prospettiva ci sono Kiribati e l’arcipelago delle Isole Salomone, dove alcune isole sono già state sommerse.