Lo spettacolare osservatorio di neutrini sotto una montagna in Giappone

Le foto e la storia del Super Kamiokande, l'enorme rilevatore sotterraneo alla base di molte scoperte su come è fatto tutto

(Kamioka Observatory, ICRR, Institute for Cosmic Ray Research, The University of Tokyo)
(Kamioka Observatory, ICRR, Institute for Cosmic Ray Research, The University of Tokyo)

Nelle profondità della miniera Mozumi, nei pressi della città giapponese di Hida nella provincia di Gifu, c’è un enorme serbatoio di acciaio inossidabile alto 41,4 metri e con un diametro di 39,3 metri. La struttura è parte di uno dei più grandi laboratori per l’osservazione dei neutrini, l’Osservatorio Kamioka, diretto dall’Università di Tokyo attraverso il suo Istituto per la ricerca dei raggi cosmici. Il gigantesco cilindro è sepolto sotto la montagna Ikeno-yama (1.369 metri) a circa mille metri dalla sua sommità e negli anni, grazie ai numerosi esperimenti organizzati nei laboratori dell’Osservatorio, ha permesso di dare un contributo fondamentale per la comprensione di come funziona la fisica delle particelle, in particolare per quanto riguarda i neutrini.

Il primo esperimento per indagare la stabilità della materia (studiando la teoria del decadimento del protone, la particella elementare che assieme al neutrone costituisce il nucleo di un atomo) fu organizzato agli inizi degli anni Ottanta con la realizzazione del Kamiokande (Kamioka Nucleon Decay Experiment), un rilevatore costituito da un cilindro più piccolo di quello attuale, che si chiama Super-Kamiokande. Realizzato negli anni Novanta, ha consentito di confermare la teoria secondo la quale in determinate circostanze i neutrini mutano.

I neutrini questi sconosciuti
Per farsi un’idea di come funziona il Super-Kamiokande è prima necessario un breve ripasso di fisica. Mentre state leggendo questo articolo, come in ogni altro istante della vostra esistenza, siete attraversati da migliaia di miliardi di neutrini: sono particelle subatomiche elementari con una massa piccolissima e carica elettrica nulla, che viaggiano a velocità prossime a quelle della luce e che sono invisibili alla nostra vista (una particella subatomica è una particella molto più piccola di un atomo). La teoria più condivisa tra i ricercatori è che parte dei neutrini rilevabili oggi si siano formati durante il Big Bang, l’evento primordiale nell’evoluzione del Cosmo, mentre altri si formano di continuo in numerosi processi sulla Terra e nello Spazio: esplosioni stellari, reazioni negli impianti nucleari e, più semplicemente, durante il decadimento radioattivo di alcuni elementi.

I neutrini che dallo Spazio arrivano sulla Terra sono di solito nati nel Sole, il reattore nucleare più grande in prossimità del nostro pianeta. Mentre i fotoni (i quanti di luce) impiegano milioni di anni per emergere dal centro del Sole verso la sua superficie e diventare visibili alla nostra vista, i neutrini impiegano pochissimo tempo a emergere e a raggiungerci, quindi il loro studio può dirci molte cose per capire meglio come funzionano il Sole e le altre stelle e come si è evoluto l’Universo.

Super-Kamiokande

Lo studio dei neutrini ha una storia relativamente recente e di pochi decenni: prima i fisici non erano nemmeno certi che esistessero. La loro esistenza era stata ipotizzata negli anni Trenta da Wolfgang Pauli, i cui studi furono poi estesi dal fisico italiano Enrico Fermi che arrivò a una prima definizione di neutrino. Servirono però altri 25 anni per dimostrarne l’esistenza, grazie agli studi dei fisici statunitensi Frederick Reines e Clyde Cowan. La scoperta fu fondamentale per la fisica delle particelle, ma si portò dietro nuove domande, cui fu molto difficile dare risposta.

I neutrini cambiano
Approfondendo le loro conoscenze, i ricercatori provarono a calcolare il numero teorico di neutrini creati nelle reazioni nucleari che si verificano nel Sole, misurando la quantità di neutrini arrivati sulla Terra dalla nostra stella. Il problema è che dai calcoli mancava sempre circa un terzo delle particelle: nessuno sapeva dove fossero finite nel processo. Si ipotizzò che fossero sbagliati i calcoli, mentre altri ricercatori si spinsero in un’altra direzione, teorizzando che i neutrini si modificassero e cambiassero la loro identità diventando tipi diversi di neutrini (elettronico, muonico, tauonico). Ma c’era solo un modo per dimostrarlo: costruire osservatori di neutrini più evoluti e schermati, con impianti sottoterra, proprio per escludere eventuali interferenze durante le rilevazioni.

L’osservatorio Super-Kamiokande in Giappone (mostrato nello schema qui sotto) così come il Sudbury Neutrino Observatory nell’Ontario (Canada) si rivelarono fondamentali per dimostrare la mutazione dei neutrini, scoperta che nel 2015 è valsa il premio Nobel per la Fisica a Takaaki Kajita e Arthur B. McDonald.

super-kamiokande

Super-Kamiokande
Il Super-Kamiokande è un enorme serbatoio di acciaio inossidabile che contiene 50mila tonnellate di acqua purissima. Le sue pareti interne sono ricoperte da 11.129 tubi fotomoltiplicatori (PMT), rilevatori elettronici di luce molto sensibili, al punto da poter rilevare la presenza di un singolo fotone. Ogni PMT assomiglia a una grande lampada di 50 centimetri di diametro, come si vede nelle fotografie del rilevatore. Altri 1.885 PMT, di dimensioni più piccole (20 centimetri), sono collocati sulla parete esterna del serbatoio.

Super-Kamiokande

Quando un neutrino penetra all’interno del serbatoio può interagire con l’acqua e produrre una particella con carica elettrica, come un elettrone o un muone (una sorta di elettrone più pesante). La probabilità che si verifichi un’interazione di questo tipo è molto bassa, per questo motivo serve un’enorme quantità di acqua: più ce n’è, più è probabile che uno dei neutrini che l’attraversano reagisca e porti alla produzione di una particella. Quando un neutrino penetra all’interno del serbatoio può interagire con l’acqua e produrre una particella con carica elettrica, come un elettrone o un muone (una sorta di elettrone più pesante). Questa si muove nell’acqua a una velocità prossima a quella della luce nel vuoto, superiore quindi a quella della luce nell’acqua (di circa un quarto). Ed è proprio quando si muovono in un mezzo a velocità superiore a quella della luce nel mezzo stesso che le particelle cariche emettono una radiazione luminosa, concentrata nel blu (effetto Čerenkov): i PMT collocati sulle pareti del serbatoio la rilevano e si può determinare la direzione di provenienza dell’elettrone o del muone, e di conseguenza del neutrino che ha reagito con l’acqua di SuperKamiokande.

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La rilevazione dei neutrini è molto complessa ed è ulteriormente complicata dalle interferenze. I muoni generati dai raggi cosmici (le particelle energetiche provenienti dallo Spazio cui è esposta la Terra, come qualsiasi altro corpo celeste) possono penetrare nel serbatoio e imitare il comportamento dei neutrini, portando sulla strada sbagliata i ricercatori. Per questo motivo il rilevatore si trova a 1.000 metri di profondità sotto la montagna, che viene sfruttata come schermo e che consente di ridurre di circa 100mila volte il tasso di muoni rispetto a quanti se ne rilevano in superficie. I pochi ostinati muoni che riescono ugualmente a superare la barriera, sono identificati dai PMT sulla superficie esterna del rilevatore, e quindi catalogati come rumore di fondo.

Super-Kamiokande

Negli anni l’Osservatorio Kamioka è stato utilizzato per numerosi altri esperimenti per lo studio dei neutrini e più in generale della materia, e dei meccanismi che ne regolano la stabilità. Da qualche anno l’Università di Tokyo insieme ad altri centri di ricerca lavora alla proposta di costruire un nuovo rilevatore, dieci volte più grande del Super Kamiokande. Il nuovo sistema si dovrebbe chiamare Hyper-Kamiokande e i lavori per la sua realizzazione potrebbero essere avviati già l’anno prossimo, con l’obiettivo di concluderli entro il 2025.