Trump ha imposto il silenzio all’agenzia per la protezione dell’ambiente

L'EPA non può comunicare fino a nuovo ordine: succede spesso quando s'insedia un nuovo presidente, ma ci sono dettagli preoccupanti sul cambiamento climatico

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump (Scott Eisen/Getty Images)
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump (Scott Eisen/Getty Images)

Il nuovo governo di Donald Trump ha imposto all’Agenzia per la protezione dell’ambiente (EPA) e ad altre agenzie governative statunitensi di interrompere qualsiasi tipo di comunicazione pubblica, attraverso i loro siti istituzionali e sui social network. Al personale dell’EPA è stato inoltre vietato di attivare nuovi contratti e finanziamenti, fino a quando non saranno state verificate le ultime decisioni assunte dall’agenzia poco prima dell’insediamento di Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Decisioni di questo tipo erano già state assunte in passato nelle fasi di transizione da un’amministrazione a un’altra, soprattutto se di diverso orientamento politico, ma secondo diversi osservatori nel caso dell’EPA le limitazioni sono più pesanti e potrebbero essere il primo segnale di forti cambiamenti all’interno dell’agenzia, che tra le altre cose è responsabile di analisi e studi sul cambiamento climatico.

Durante la sua campagna elettorale, Donald Trump ha più volte messo in dubbio le ricerche che hanno dimostrato – con un ampissimo consenso nella comunità scientifica – che l’inquinamento prodotto dall’uomo è una causa diretta e ormai evidente del riscaldamento globale. Prima di candidarsi Trump aveva definito una bufala il cambiamento climatico, arrivando a sostenere che “il concetto di riscaldamento globale è stato creato dalla Cina per rendere meno competitiva l’industria statunitense”.

Il divieto sulle comunicazioni e i nuovi contratti è arrivato nello stesso giorno in cui l’EPA ha rinviato l’attuazione di circa 30 nuovi regolamenti per l’ambiente decisi negli ultimi mesi dal governo di Barack Obama. Tra i provvedimenti non ancora attuati, e che a questo punto potrebbero essere annullati da Trump, ci sono regole più severe per le emissioni in alcuni stati, nuovi limiti per l’utilizzo di alcuni prodotti chimici nella lavorazione del legno e di altri materiali, la revisione di alcuni standard sull’utilizzo di combustibili derivanti da fonti rinnovabili. Poco dopo il suo insediamento di venerdì 20 gennaio, Trump aveva del resto firmato un ordine per bloccare tutti i nuovi regolamenti delle agenzie governative non ancora attuati, in attesa di una loro completa revisione.

Associated Press si è messa in contatto con alcuni impiegati dell’EPA, che hanno confermato di avere ricevuto l’ordine di non diffondere nuovi comunicati stampa, di non aggiornare i blog dell’agenzia e di non utilizzare gli account della stessa sui social network. L’ultimo tweet dell’EPA è di 5 giorni fa e anche su Facebook non sono più stati pubblicati aggiornamenti dallo scorso 19 gennaio. Fino a nuovo ordine, tutte le richieste ufficiali da parte della stampa verso l’EPA saranno inoltrate agli uffici del governo che si occupano del coordinamento e del controllo delle risorse delle agenzie.

Doug Ericksen, il responsabile della comunicazione del gruppo di lavoro che si sta occupando della transizione dall’amministrazione Obama a quella Trump, ha detto che il blocco sulle comunicazioni imposto all’EPA e ad alcune altre agenzie dovrebbe essere rimosso entro pochi giorni, forse alla fine di questa settimana. Ericksen ha spiegato che questo tipo di sospensioni sono una prassi e che si sta lavorando per “assicurarsi che ciò che viene diffuso al pubblico rifletta le priorità del nuovo governo”.

Analisti, osservatori, giornali e diversi politici ritengono però che il blocco sia più esteso e vincolante di quanto avvenuto in passato, e non solo per la comunicazione con il pubblico. La sospensione nell’attuazione dei nuovi regolamenti e nell’attivazione di nuovi finanziamenti è arrivata senza precisi preavvisi, complicando il lavoro di molte agenzie a livello statale che dipendono direttamente dalle decisioni assunte dall’EPA. Anche per questo motivo molti esponenti politici, non solo tra i Democratici, hanno chiesto ulteriori informazioni sul blocco e che le restrizioni siano rimosse il prima possibile.

Due fonti interne all’EPA consultate in via informale da Reuters hanno fornito altri dettagli poco incoraggianti. Dicono che l’amministrazione Trump ha chiesto all’agenzia di rimuovere dal suo sito la sezione informativa sul cambiamento climatico, una sorta di mini-sito con informazioni sugli effetti del riscaldamento globale, le sue cause e le attività svolte dall’EPA per assicurarsi che siano rispettati i trattati internazionali sull’ambiente. Subito dopo l’insediamento di Trump, dal sito ufficiale della Casa Bianca è sparito qualsiasi riferimento al riscaldamento globale, sostituito da una breve nota dove si spiega che: “Il presidente Trump è impegnato a eliminare politiche inutili e dannose come il Climate Action Plan”, il piano avviato nel 2008 da Barack Obama per tutelare l’ambiente e ridurre le emissioni di anidride carbonica, prime responsabili del riscaldamento globale.

Altre decisioni assunte nelle ultime ore confermano l’orientamento di Donald Trump verso un ritorno al consumo dei combustibili fossili. Ieri ha firmato due ordini esecutivi per riavviare i lavori dei grandi oleodotti Dakota Access e Keystone XL, due infrastrutture molto discusse che consentiranno di aumentare le riserve di petrolio degli Stati Uniti, bloccate da Obama e avversate da tutte le organizzazioni ambientaliste.

La notizia è arrivata a pochi giorni dall’ultimo studio della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) con altri centri di ricerca, che ha dichiarato il 2016 l’anno più caldo mai registrato. L’anno da poco finito ha battuto il precedente record del 2015, che a sua volta aveva superato quello del 2014. I dati indicano non solo un consistente aumento della temperatura media globale, ma anche un aumento cospicuo delle temperature in alcuni punti specifici della Terra, a cominciare dal Polo Nord dove si sta assistendo a una riduzione della calotta artica definita preoccupante dai ricercatori.

Il Badlands National Park, un grande parco nazionale nel South Dakota, ha pubblicato ieri alcuni tweet con una serie di dati scientifici (verificati e verificabili) sugli effetti del riscaldamento globale e delle attività dell’uomo. I tweet – che sono stati in seguito cancellati volontariamente dal parco – erano stati pubblicati da un ex impiegato, senza autorizzazione.