La Corte Costituzionale ha riscritto l’Italicum

Bocciato il ballottaggio e modificate le pluricandidature: la legge elettorale per la Camera diventa un proporzionale con premio di maggioranza

(ANSA/GIUSEPPE LAMI)
(ANSA/GIUSEPPE LAMI)

La Corte Costituzionale ha bocciato il ballottaggio previsto dall’Italicum, la legge elettorale in vigore alla Camera, e ha modificato il meccanismo delle pluricandidature, che permettevano ai capilista di presentarsi in più di un collegio e scegliere successivamente dove essere eletti. Ha invece mantenuto il premio di maggioranza, che garantisce il 55 per cento dei seggi alla lista che raggiunge la soglia del 40 per cento. La Corte ha anche mantenuto il meccanismo dei capilista bloccati, che garantisce ai primi candidati di ogni lista di essere eletti automaticamente, se a quella lista spetta un seggio in quel determinato collegio, senza bisogno di ottenere preferenze; il metodo delle preferenze viene invece utilizzato per determinare gli altri eventuali eletti nello stesso collegio.

La Corte ha quindi trasformato l’Italicum in una legge proporzionale corretta da un ampio premio di maggioranza e ha specificato che la legge è immediatamente applicabile. Nelle prossime settimane la Corte pubblicherà le motivazioni della sentenza, che probabilmente conteranno ulteriori informazioni e indicazioni. Da oggi l’Italia ha ufficialmente in vigore due leggi elettorali, una per la Camera e una per il Senato, che sono entrambe il frutto di interventi della Corte Costituzionale su leggi precedentemente approvate dal Parlamento.

Il comunicato integrale della Corte Costituzionale sulla decisione di oggi:

Oggi, 25 gennaio 2017, la Corte costituzionale si è pronunciata sulle questioni di legittimità costituzionale della legge elettorale n. 52 del 2015 (c.d. Italicum), sollevate da cinque diversi Tribunali ordinari. La Corte ha respinto le eccezioni di inammissibilità proposte dall’Avvocatura generale dello Stato. Ha inoltre ritenuto inammissibile la richiesta delle parti di sollevare di fronte a se stessa la questione sulla costituzionalità del procedimento di formazione della legge elettorale, ed è quindi passata all’esame delle singole questioni sollevate dai giudici.
Nel merito, ha rigettato la questione di costituzionalità relativa alla previsione del premio di maggioranza al primo turno, sollevata dal Tribunale di Genova, e ha invece accolto le questioni, sollevate dai Tribunali di Torino, Perugia, Trieste e Genova, relative al turno di ballottaggio, dichiarando l’illegittimità costituzionale delle disposizioni che lo prevedono.
Ha inoltre accolto la questione, sollevata dagli stessi Tribunali, relativa alla disposizione che consentiva al capolista eletto in più collegi di scegliere a sua discrezione il proprio collegio d’elezione. A seguito di questa dichiarazione di incostituzionalità, sopravvive comunque, allo stato, il criterio residuale del sorteggio previsto dall’ultimo periodo, non censurato nelle ordinanze di rimessione, dell’art. 85 del d.p.r n. 361 del 1957.
Ha dichiarato inammissibili o non fondate tutte le altre questioni.
All’esito della sentenza, la legge elettorale è suscettibile di immediata applicazione.

Il risultato di questi interventi sono due leggi elettorali piuttosto diverse. Quella per la Camera è un proporzionale corretto da un largo premio di maggioranza, che non prevede coalizioni e dove la soglia di sbarramento è fissata al 3 per cento. Quella in vigore al Senato, il cosiddetto “Consultellum” frutto della modifica del 2014 alla legge elettorale voluta dal governo Berlusconi nel 2006 (il famoso “Porcellum”), è un proporzionale puro senza premio, in cui è prevista la possibilità di presentarsi in coalizioni. Le soglie al Senato sono fissate all’8 per cento per i partiti fuori dalle coalizioni e al 3 per cento per i partiti all’interno di una coalizione. Non è chiaro invece come funzioneranno le pluricandidature: dai testi diffusi sembra che i capilista potranno presentarsi in più di un collegio, ma non potranno scegliere in quale farsi eleggere, che sarà invece assegnato tramite sorteggio.

Se si votasse con questo sistema, si potrebbe arrivare ad una larga maggioranza alla Camera, grazie al premio, o a una Camera molto frammentata se nessuna lista arrivasse al 40 per cento (cosa mai successa dal 1958 a oggi nelle elezioni politiche), mentre il Senato resterebbe frammentato comunque: sarebbe quindi necessario formare una larga coalizione per dare la fiducia al governo. È probabile che nelle prossime settimane ci saranno tentativi per “armonizzare” i sistemi di Camera e Senato, come hanno chiesto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, quello del Consiglio Paolo Gentiloni e quello del Senato Piero Grasso. Le modifiche più semplici da introdurre sono quelle per uniformare le soglie di sbarramento. Un’altra modifica, più difficile da introdurre, sarebbe cambiare il metodo di assegnazione del premio di maggioranza: dalla singola lista alla coalizione. In ogni caso queste modifiche non sono necessarie: in teoria è già possibile andare a votare con le attuali leggi.

Una proposta ancora più radicale, e meno praticabile politicamente, sarebbe la scrittura di una nuova legge elettorale. Oggi il testo su cui sembra esserci il maggiore accordo in Parlamento è una versione aggiornata del Mattarellum, la legge in vigore tra il 1993 e il 2006. È una legge maggioritaria con alcuni correttivi proporzionali che incentiva le coalizioni pre-elettorali. Il Mattarellum modificato è la proposta ufficiale del PD e piace anche al segretario della Lega Nord Matteo Salvini. Potenzialmente potrebbe piacere anche ai partiti più piccoli, con cui le formazioni più grandi sarebbero incentivate ad allearsi. Non piace invece a Silvio Berlusconi, perché rischia di costringerlo ad allearsi con la Lega Nord che, probabilmente, finirebbe con l’esprimere il candidato presidente del Consiglio dell’intera coalizione.

Dal tipo di modifiche che le forze politiche decideranno di apportare al testo uscito dalla Corte dipenderà il futuro e la durata della legislatura. Le leggi elettorali sono complicate da approvare perché influenzano i risultati dei partiti e le possibilità di rielezione dei parlamentari: mettere tutti d’accordo è sempre molto complesso e lo è ancora di più in un Parlamento frammentato come quello attuale. Ampie modifiche alle attuali leggi elettorali richiederanno molto tempo per trovare un accordo parlamentare. Se i tempi dovessero allungarsi oltre l’autunno, è probabile che la legislatura giungerà alla sua scadenza naturale, la primavera del 2018.

La legge che la Corte Costituzionale ha di fatto riscritto era stata approvata definitivamente nel 2015 e aveva lo scopo di produrre in ogni circostanza una netta maggioranza alla Camera. Questo obbiettivo era garantito dal premio di maggioranza che veniva assegnato a chi otteneva il 40 per cento dei consensi su base nazionale o al vincitore di un ballottaggio tra i due partiti più votati. L’Italicum era pensato per agire in sintonia con la riforma costituzionale, bocciata al referendum dello scorso dicembre. Grazie all’eliminazione della necessità per il governo di chiedere la fiducia al Senato, prevista dalla riforma, l’Italicum avrebbe garantito in ogni circostanza una robusta maggioranza al partito principale.

La sentenza della Corte Costituzionale era attesa da circa un anno, da quando, nel febbraio del 2016, il tribunale di Messina chiese di valutare sei potenziali “profili di incostituzionalità” dell’Italicum. In seguito sono arrivate richieste simili da altri quattro tribunali. La Corte si sarebbe dovuta esprimere il 4 ottobre 2016, ma lo scorso settembre annunciò che la decisione sarebbe stata rimandata a gennaio. La scelta della Corte era legata alla volontà di non prendere una decisione prima del referendum costituzionale – secondo alcuni per evitare di influenzarne l’esito, secondo altri in modo da prendere una decisione che tenesse conto della Costituzione effettivamente in vigore.