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  • Martedì 24 gennaio 2017

Cosa ha deciso Trump sull’aborto

Ha cancellato i finanziamenti del governo federale a tutte le organizzazioni che praticano o fanno informazione sulle interruzioni di gravidanza nel mondo, come già Reagan e George W. Bush prima di lui

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump firma uno dei suoi tre primi ordini esecutivi nello Studio Ovale, il 23 gennaio 2017 (Ron Sachs - Pool/Getty Images)
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump firma uno dei suoi tre primi ordini esecutivi nello Studio Ovale, il 23 gennaio 2017 (Ron Sachs - Pool/Getty Images)

Uno dei primi ordini esecutivi firmati dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha bloccato i finanziamenti del governo federale alle organizzazioni non governative internazionali che praticano o informano sull’interruzione di gravidanza all’estero. Non è la prima volta che un presidente americano introduce questa regola, che viene chiamata “Mexico City Policy”. Era stata introdotta dall’amministrazione di Ronald Reagan nel 1985 e poi ha sempre diviso i Repubblicani, che tendenzialmente hanno posizioni antiabortiste, e i Democratici: Bill Clinton la eliminò nel 1993, George W. Bush la ripristinò nel 2001, Barack Obama la eliminò nuovamente nel 2009. Anche durante la presidenza Obama la legge americana proibiva il finanziamento diretto dei servizi che comprendono l’interruzione di gravidanza (secondo l’emendamento Helms del 1973), ma le stesse organizzazioni che li fornivano potevano essere finanziate in altri ambiti, comprese la diffusione dei metodi contraccettivi e le cure post-operatorie per le donne che scelgono di abortire.

Con la “Mexico City Policy” le ONG che in tutto il mondo forniscono assistenza sanitaria e informazioni alle donne che scelgono di interrompere una gravidanza non riceveranno più fondi dall’Agenzia americana per lo sviluppo internazionale, uno dei più grandi finanziatori al mondo delle organizzazioni che lavorano nei paesi in via di sviluppo. Organizzazioni non governative come Pathfinder International, che ha sede in Massachusetts e si occupa di diffondere la contraccezione, la prevenzione della trasmissione dell’HIV e le cure a madri e bambini in venti paesi tra Africa, Asia, Medio Oriente e America Latina, dovranno scegliere se modificare i servizi che forniscono o rinunciare completamente ai finanziamenti del governo federale americano. L’International Planned Parenthood Federation (IPPF), che fornisce assistenza alle donne in 180 paesi del mondo, ha già annunciato che non cambierà il tipo di servizi che offre per via della regola reintrodotta da Trump, come non lo aveva fatto ai tempi di Bush, anche se così perderà 100 milioni di dollari all’anno (93 milioni di euro).

Il portavoce della Casa Bianca Sean Spicer ha detto ai giornalisti: «È risaputo che il presidente ha posizioni pro-life, lo ha fatto sapere in modo chiaro». Spicer ha usato l’espressione “pro-life”, letteralmente “a favore della vita”, che negli Stati Uniti è usata come autodefinizione dalle associazioni che vogliono rendere illegale l’aborto e a cui si oppongono i gruppi cosiddetti “pro-choice”, letteralmente “a favore della scelta”. Spicer ha anche detto: «Il presidente vuole difendere tutti gli americani, anche quelli che non sono ancora nati, e penso che la reintroduzione di questa norma non sia soltanto un modo per riflettere questo valore ma anche per rispettare i contribuenti».

Nel 2016 gli Stati Uniti hanno finanziato organizzazioni che si occupano di salute riproduttiva in tutto il mondo per 607,5 milioni di dollari (quasi 566 milioni di euro) secondo una stima del Guttmacher Institute, un gruppo di ricerca in favore del diritto all’aborto.

La “Mexico City Policy” si chiama così perché fu annunciata durante la Conferenza Internazionale delle Nazioni Unite sulla Popolazione che si tenne a Città del Messico nel 1984. I suoi oppositori però la chiamano con un altro nome, cioè “Global Gag Rule”, letteralmente “Regola del bavaglio globale”, perché colpisce anche le organizzazioni che non praticano direttamente le interruzioni di gravidanza ma si limitano a fornire informazioni in merito alle donne. Secondo gli oppositori della legge, un effetto della “Mexico City Policy” è far aumentare il numero di aborti clandestini (e spesso pericolosi) perché anche le campagne informative sulla contraccezione ne vengono danneggiate. Molti hanno notato che Trump l’ha reintrodotta il giorno dopo il 44esimo anniversario della sentenza Roe contro Wade della Corte Suprema degli Stati Uniti, uno dei passaggi fondamentali per rendere legale l’interruzione di gravidanza in tutti gli stati americani.

La capogruppo dei Democratici alla Camera, Nancy Pelosi, ha detto che l’ordine esecutivo di Trump che ha reintrodotto la “Mexico City Policy” «fa tornare gli Stati Uniti in quell’epoca vergognosa che disonorava il valore americano della libertà di parola e infliggeva sofferenze di cui non sappiamo nulla a milioni di donne in tutto il mondo». La senatrice Democratica del New Hampshire Jeanne Shaheen ha scritto su Twitter che proporrà una legge che impedisca per sempre che la “Mexico City Policy” entri in vigore, mettendo fine al ciclo per cui viene introdotta dai presidenti Repubblicani per poi essere cancellata da quelli Democratici. Tuttavia è improbabile che con l’attuale maggioranza Repubblicana al Congresso una proposta del genere possa essere approvata.

La decisione di Trump di reintrodurre la “Mexico City Rule” è soprattutto un modo per aumentare il consenso di Trump in una consistente fetta dell’elettorato Repubblicano, quella molto religiosa e antiabortista. In passato Trump aveva posizioni favorevoli all’aborto: lo disse chiaramente in un’intervista del 1999, anche se poi nel 2011 disse di aver cambiato idea. Durante la campagna elettorale ha cambiato posizione più volte sull’argomento con varie dichiarazioni contraddittorie. Prima ha detto che l’aborto andrebbe reso illegale e che le donne che scelgono di interrompere una gravidanza andrebbero punite, poi ha ritrattato dicendo che solo i medici che praticano l’interruzione di gravidanza dovrebbero essere puniti. La posizione principale del suo programma sull’aborto comunque era che la legalità della procedura dovesse essere stabilita dai singoli stati, così come le eventuali pene per chi la pratica. Chi invece ha da sempre avuto posizioni antiabortiste è il vicepresidente Mike Pence, che come governatore dell’Indiana ha fatto approvare molte leggi di limitazione alle interruzioni di gravidanza e come deputato ha proposto molte leggi che avrebbero cancellato i fondi federali alle organizzazioni che permettono alle donne di abortire.

All’inizio di gennaio lo speaker della Camera, il Repubblicano Paul Ryan, ha annunciato che tra le misure per smantellare la riforma sanitaria dell’amministrazione Obama la maggioranza Repubblicana al Congresso farà cancellare tutti i fondi federali a Planned Parenthood, un’organizzazione di cliniche non profit che forniscono molti servizi sanitari alle donne, tra cui anche le interruzioni di gravidanza.