C’è un nuovo video di quella foto di Marilyn

Di quando fu scattata, perché le scene che finirono nel film che stava facendo furono girate un altro giorno: è una storia un po' complicata

Nel 1955 uscì Quando la moglie è in vacanza: una buona commedia di Billy Wilder, diventata un pezzo di storia del cinema e della cultura pop del Novecento grazie a una brevissima scena, quella della gonna bianca della protagonista Marilyn Monroe, alzata dall’aria proveniente da una grata sul marciapiede. A diventare famose furono in realtà alcune fotografie, perché la scena nel film dura giusto un paio di secondi, non è mai a figura intera ed è oggettivamente molto peggio della foto. Anche perché scena e foto non furono fatte nello stesso posto: la foto fu fatta a New York, la scena del film fu invece girata qualche giorno dopo, all’interno di uno studio cinematografico di Hollywood. Il New York Times ha da poco avuto accesso a un video mai pubblicato prima, girato la sera della foto scattata a New York.

Monroe Photo Sale(AP Photo/Matty Zimmerman, file)

L’autore del video – girato con una cinepresa Bolex 16 millimetri – fu Jules Schulback, un pellicciaio di New York di origine tedesca, appassionato di cinema e di riprese (allora non era infatti così comune possedere una Bolex 16 millimetri, che pesava qualche chilo e nemmeno costava pochissimo). Schulback era appassionato di cinema e di Monroe – che era già Marilyn Monroe e aveva già fatto alcuni dei suoi film più famosi – e in quei giorni andò a riprenderla un paio di volte, in giro per Manhattan, riuscendo a farsi dire prima dove avrebbero girato le scene con lei. La scena della gonna fu girata poco a sud di Central Park, all’incrocio tra Lexington Avenue e la 52esima strada.

Schulback andò lì, girò il suo breve filmato e mise la pellicola insieme ad altre cose meno importanti (tra cui una ripresa familiare e quella di una parata per le strade di New York). Aggiunse all’inizio la scritta “World Premiere” e mise via quello che aveva girato. La scena importante, quella mostrata dal New York Times, dura qualche secondo ed è stata ripresa a pochissima distanza da Monroe e da Wilder.

Schulback fece le sue riprese più o meno all’una di notte di un giorno di metà settembre del 1954: faceva abbastanza freddo ma insieme a Schulback arrivò molta gente a vedere le riprese. Sembra anzi che sapendo che la scena avrebbe attirato molti curiosi, Wilder decise apposta di girarla all’aperto, per fare pubblicità al film, far scattare foto ai fotografi e far scrivere articoli ai giornalisti.

Nel film la scena arriva dopo che la ragazza senza nome interpretata da Monroe esce dal cinema e si gode l’aria che arriva dalla metropolitana, dicendo «Io la trovo un’estasi». Se ve lo state chiedendo, la trama di Quando la moglie è in vacanza non è particolarmente complessa: parla di un uomo che – quando la moglie va in vacanza – conosce la ragazza che abita al piano di sopra e cerca di resistere alla tentazione di invaghirsi di lei dimenticandosi della moglie. Il complicato effetto speciale usato per simulare l’aria della metropolitana fu un grande ventilatore messo sotto la grata in questione.

Oltre che da Schulback e da qualche curioso quella scena fu vista però anche da Joe DiMaggio, leggendario giocatore di baseball dei New York Yankees che si era sposato con Monroe nel gennaio di quell’anno. DiMaggio, descritto come molto geloso, era andato a fare una sorpresa alla moglie e si dice che si infastidì molto nel vedere quella scena e, soprattutto, nel sentire quei curiosi urlare “più su, più su” ogni volta che la gonna si alzava. Come scrisse poi Wilder nella sua biografia: «Non gli piacque quello che vide, e quello che tutti gli altri stavano vedendo». Il New York Times ha scritto che «più tardi quella notte la coppia fu sentita litigare, la mattina dopo la parrucchiera dovette coprire con il trucco alcuni lividi sul viso di Monroe e tre settimane dopo Monroe chiese il divorzio da DiMaggio».

Wilder non usò mai quelle scene girate a New York, che anzi sparirono del tutto (e ancora non sono saltate fuori). Secondo qualcuno l’unico scopo di quelle riprese era fare pubblicità al film, qualcuno sostiene invece che non le si poterono usare perché il rumore fatto dagli spettatori curiosi era troppo e c’è anche una terza teoria secondo cui quelle scene erano effettivamente esagerate, con la gonna che andava davvero troppo in alto. In questo caso non è però chiaro se la decisione di non usarle fu di Wilder, di Monroe o della produzione, spaventata da un’eventuale censura. È probabile che tra le cause ci furono un po’ tutte queste cose, ma è comunque un fatto che ancora prima dell’uscita del film le foto scattate quella sera finirono un po’ ovunque.

Intanto, quelle riprese erano rimaste nella Bolex 16 millimetri di Schulback, che – come ha raccontato al New York Times sua nipote Bonnie Siegler – andò avanti per decenni a raccontare quella storia, senza però mai ricordarsi dov’era finita quella pellicola.

Siegler, che fa la graphic designer, ha anche detto che il nonno, morto nel 2005, aveva un altro interessante aneddoto cinematografico. Era ebreo e decise di scappare dalla Germania nazista nel 1938, quando aveva 25 anni. Per poter andare negli Stati Uniti con la famiglia aveva però bisogno di trovare un cittadino statunitense che facesse loro da sponsor, da garante. Dovette quindi andare negli Stati Uniti, trovarlo, tornare in Germania, prendere la famiglia e tornare negli Stati Uniti. Siegler ha detto che al rientro dal primo viaggio negli Stati Uniti Schulback fu fermato alla frontiera e che riuscì a entrare solo perché disse di essere l’addetto alla distribuzione tedesca di Accadde una notte, un famoso film con Clark Gable (che Schulback sapeva essere molto apprezzato in Germania). Disse quindi qualcosa del tipo: «Se non fate entrare me allora non entreranno nemmeno i film di Gable», ed entrò. Raggiunse la sua famiglia e l’8 novembre 1938 partirono tutti per gli Stati Uniti: era il giorno prima della Notte dei cristalli.

Non ci sono ovviamente possibilità di conferme sull’aneddoto che riguarda Gable, è però certo che nel 2004 Siegler e suo marito aiutarono Schulback, che al tempo aveva 92 anni, a traslocare. Tra le tante cose trovarono un groviglio di pellicole. Il marito di Siegler, che fra le altre cose fa il regista, si mise quindi a guardarle tutte, anche lui attratto da «quel mito familiare, così spesso raccontato e mai confermato». In mezzo ad altre cose meno importanti trovò anche il video di Monroe, di cui ha detto che, visto in piccolo, su pellicola, il vestito sembrava «un paracadute, con due gambe attaccate». Fecero in tempo a mostrarlo a Schulback e decisero poi di mostrarlo ad alcuni amici, ma nulla più. Da qualche giorno il video è stato pubblicato dal New York Times.