Tartarotti spiegato agli alieni

La prefazione del direttore del Post alla raccolta di fumetti – "che fanno ridere" – di Stefano Tartarotti

L’editore Comicout ha pubblicato una raccolta di storie a fumetti di Stefano Tartarotti, quelle che vengono lette  da ormai più di un anno: si chiama L’Italia spiegata agli alieni. Questa è la prefazione scritta dal peraltro direttore del Post Luca Sofri.

Anche un giornale online non grande come il Post riceve molte proposte di collaborazione, e anche di disegnatori e fumettisti (a cui va riconosciuta una maggiore consapevolezza delle difficoltà a ottenere spazio sui giornali: sono molti meno degli aspiranti scrittori): all’inizio se ne è lusingati, e incuriositi dalla prospettiva di poter scoprire straordinari e geniali talenti. Dopo un po’ si comincia a considerare che quasi tutti quelli che disegnano bene non hanno trovate particolarmente brillanti o spiritose, e che quelli che hanno qualche guizzo – rarissimi – lo associano a un disegno sciatto o insignificante. E si insedia un certo disincanto, pur solidale coi desideri e le gentilezze di chiunque decida di mandarci delle cose, proprio a noi.

Poi scrive Stefano Tartarotti, un giorno di novembre 2015. La sua mail comincia con “Buongiorno Signor Sofri”, formula ammirevole nella sua sobrietà ma non particolarmente attraente (quando si ricevono tante proposte si comincia a stare attenti a dettagli rivelatori, come la maiuscola di Signor), e prosegue con un invito a considerare i disegni dell’autore “per il vostro portale online”. Poche cose possono umiliare la vanità del fondatore di un sito di news che si crede innovatore e contemporaneo come l’uso dell’espressione “portale online” per definirlo, nel 2015. Eppure, già avvelenato dal pregiudizio, cliccai sui link acclusi.

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Ripagherò Stefano Tartarotti della stessa moneta: la prima cosa che pensai dei suoi disegni fu che mi ricordavano certi autori del Corriere dei Ragazzi di quando ero bambino. Ma nel mio caso si tratta di un complimento: perché ci vuole del fegato a recuperare quell’ordine e nitidezza di tratto, e quell’umile autoironia – in tempi in cui nel settore sono cresciute grandi creatività e sovversioni delle forme e della narrazione – e anche perché leggendo i testi ci trovai invece un efficace aggiornamento dei temi e una assai maggiore libertà nello sviluppo dell’esposizione delle storie, piene di parentesi, spin-off, confronti con il lettore, esempi ed allusioni familiari. Ogni storia di Tartarotti non parla di una storia sola, ma di molte, in un riuscito tentativo di conservare l’attenzione del lettore, con l’aria dispersiva e disattenta che tira “al giorno d’oggi”, signora mia. Lessi le storie che Stefano mi aveva indicato, e mi veniva da ridere.
E mi viene ancora da ridere, che non è solo un riconoscimento di capacità umoristiche, ma anche di altro: quei mezzi sorrisi che vi vengono di compiacimento per un’invenzione, una trovata, un’intuizione.
Ecco, poi vale quello che si dice sempre della musica, che “scrivere di musica è come ballare di architettura”. Scrivere di disegni è come spiegare le barzellette. Ve li ho già rovinati troppo.