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  • Giovedì 12 gennaio 2017

Qualcosa si muove su Obamacare

I Repubblicani hanno iniziato il tortuoso percorso per smantellare la storica riforma sanitaria americana, ma ci vorrà un po' e ancora non è chiaro con cosa verrà sostituita

 (AP Photo/Cliff Owen)
(AP Photo/Cliff Owen)

I Repubblicani e il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump hanno cominciato a muoversi per smantellare la riforma sanitaria approvata durante l’amministrazione di Barack Obama, soprannominata “Obamacare”, che è forse la più importante delle riforme di Obama e la meno apprezzata da politici ed elettori Repubblicani. Nelle prime ore di giovedì 12 gennaio i Repubblicani del Senato hanno approvato una risoluzione che permetterà loro di modificare il budget federale – e quindi tagliare i fondi alla riforma – avviando il percorso legislativo per abolirla. È solo il primo di una serie di passaggi che probabilmente terrà impegnati per mesi i parlamentari Repubblicani, che non hanno ancora risolto un nodo importante: in che modo sostituire il sistema esistente. Tornare alla situazione precedente sarebbe molto impopolare: in tutto circa 20 milioni di persone hanno ottenuto una copertura sanitaria grazie alla riforma di Obama.

Durante la campagna elettorale, Donald Trump e il Partito Repubblicano hanno promesso più volte che avrebbero abolito e sostituito la riforma sanitaria di Obama nei primi giorni della nuova amministrazione. Ora che i Repubblicani hanno davvero la possibilità di sostituirla, dato che controllano le due camere del Congresso e la presidenza, molti si accorti che il vero problema non sarà abolire la riforma ma rimpiazzarla in maniera efficace. Prima dell’accelerazione di questi giorni, i leader Repubblicani contavano di prendersi diversi mesi per decidere cosa fare: Politico ha scritto che al momento i parlamentari Repubblicani sono “nel caos” e che alcune recenti dichiarazioni di Trump hanno aggiunto confusione a una vicenda già molto intricata.

Qual è il problema
In breve, la riforma sanitaria – approvata nel 2010 ed entrata in vigore nel 2014 – costringe ogni cittadino americano a stipulare una polizza sanitaria, pena il pagamento di una multa. Il governo federale in cambio garantisce sussidi e la creazione di un mercato federale per acquistare una polizza, così da renderle sostenibili anche per i meno ricchi. Nessun ente assicurativo può rifiutarsi di stipulare una polizza a causa dei trascorsi clinici o delle attuali condizioni di salute di un paziente, come accadeva in passato. I meriti di Obamacare sono evidenti anche solo da alcuni numeri: prima dell’ottobre 2013 circa 42 milioni di cittadini americani non avevano una copertura sanitaria; nel 2015 sono diventati 28,6 milioni. Altri milioni di americani – nel 2015 erano 8 – erano già assicurati ma hanno utilizzato i sussidi per acquistare un’assicurazione migliore. La percentuale delle persone non assicurate si è quasi dimezzata dal 2010 ad oggi, passando dal 16 per cento della popolazione all’8,6.

La riforma insomma ha avuto il merito di fornire copertura sanitaria a milioni di persone che prima ne erano sprovviste, ma da qualche tempo viene criticata trasversalmente per alcune sue storture, che per esempio hanno comportato un diffuso aumento dei costi delle polizze sanitarie proprio poche settimane prima delle elezioni (e in generale un aumento dei costi per la classe media di alcuni stati); molti elettori Repubblicani, inoltre, percepiscono l’obbligo di pagare centinaia di dollari all’anno per una cosa di cui magari non hanno immediato bisogno come un’ingerenza dello Stato e una tassa indesiderabile (nel 2016 in media la multa per chi non ha stipulato una polizza è stata di circa 470 dollari). Nel corso della campagna elettorale persino la candidata Democratica Hillary Clinton aveva detto più volte che da presidente ne avrebbe modificato alcuni aspetti fondamentali. Trump ha spesso criticato la riforma, proponendone l’abolizione totale e il ritorno alla situazione precedente. In una delle prime interviste da presidente eletto, però, ha detto che intende conservarne gli aspetti che funzionano.

Gli ultimi sviluppi
Ora Trump sembra avere cambiato nuovamente opinione, tanto che su Vox Matt Yglesias ha suggerito che non abbia davvero idea di cosa fare. In una breve intervista al New York Times pubblicata il 10 gennaio, Trump ha sollecitato i parlamentari Repubblicani a votare per abolire la riforma già «la prossima settimana» e sostituirla «molto presto o immediatamente, oppure subito dopo». In un virgolettato attribuito da tutti i media statunitensi all’articolo del New York Times ma che non è presente nella sua versione online, Trump ha spiegato: «La riforma non sarà abolita per essere poi sostituita dopo due anni». Nella sua prima conferenza stampa ufficiale da presidente eletto, tenuta mercoledì 11 gennaio, Trump ha aggiunto che presenterà un piano non appena avrà nominato il nuovo segretario alla Salute, e che Obamacare sarà sostituita da una nuova riforma «quasi simultaneamente».

Il problema è che i Repubblicani più prudenti e pragmatici avevano in mente altri piani: abolire subito Obamacare, anche per dare un preciso segnale politico, e pensare con calma a un piano duraturo per sostituirla (tenendo anche conto del fatto che è davvero molto complicata: l’amministrazione Obama ci ha messo praticamente due anni per metterla a punto). Politico ha scritto che il presidente della Camera Paul Ryan e il capogruppo al Senato Mitch McConnell, i due Repubblicani più alti in grado al Congresso, stavano preparando da tempo un piano per «far passare l’abolizione entro questo inverno per poi pensare più tardi a come sostituirla».

Questo perché ancora non esiste un piano ufficiale del partito: anche chi ha detto di aver visto i pochi documenti interni circolati finora, dice che sono piuttosto essenziali. «È per questo», ha scritto la giornalista del Washington Post Amber Phillips, «che secondo alcune stime che circolano al Congresso ci vorranno ancora tre o quattro anni per avere la nuova riforma». Nessuno, inoltre, ha idea di cosa possa contenere il piano di Trump, che non ha voluto fornire nessun dettaglio in particolare nemmeno durante la campagna elettorale.

Un primo problema
Ma il partito Repubblicano non ha solamente il problema di trovare una riforma che sostituisca adeguatamente Obamacare: anche il percorso legislativo per abolirla è tutt’altro che semplice. Trump potrebbe provare ad abolirla con una serie di ordini esecutivi, ma rischierebbe solo di privare immediatamente milioni di persone della copertura sanitaria, dato che questo tipo di provvedimento serve a provocare effetti immediati ma non può sostituire complesse leggi federali.

I Repubblicani hanno quindi deciso di intervenire per via legislativa, cioè al Congresso. Al Senato – dove i Repubblicani hanno 52 seggi, solo sei in più dei Democratici – una legge deve passare con almeno 60 voti per essere al riparo dall’ostruzionismo: significa che i Repubblicani dovrebbero convincere 8 senatori Democratici a votare per abolire la riforma sanitaria, cosa che al momento sembra quasi impossibile. I Repubblicani stanno quindi percorrendo la strada dei tagli ai fondi, che consentirebbe loro di abolire la riforma sanitaria con un voto a maggioranza semplice e quindi solamente con 51 voti.

Secondo il regolamento del Congresso, una particolare modifica al budget federale chiamata “voto di conciliazione” non può essere bloccata da ostruzionismo: è una norma che era stata pensata per approvare più in fretta delicati provvedimenti economici, ma negli anni è stata usata come una specie di scorciatoia per altri scopi. Il trucco è questo: tagliando alcune voci specifiche del bilancio federale, da cui vengono presi i soldi per far funzionare il sistema sanitario, si possono eliminare alcuni sussidi che di fatto farebbero crollare l’impianto di Obamacare. I Repubblicani hanno già provato a far passare un provvedimento di questo tipo nel 2015, in quella che venne esplicitamente definita una “prova generale” in vista dell’abolizione vera in caso di vittoria delle elezioni (la legge passò e Obama fu costretto a mettere il veto).

Ma anche la strada del voto di “conciliazione” per molti Repubblicani è un compromesso al ribasso. Nel caso venisse approvata, la misura farebbe decadere molti dei punti chiave di Obamacare ma non tutti: dato che è una misura di tipo economico, non può eliminare norme non-economiche previste dalla legge, come l’obbligo per ciascun cittadino di procurarsi una assicurazione sanitaria – che pure è molto contestato dai Repubblicani – o il divieto per le società assicurative di rifiutare un paziente sulla base delle sue condizioni di salute. Le modifiche al budget proposte nel 2015, che secondo fonti del Washington Post potrebbero essere simili a quelle che verranno presentate prossimamente dai Repubblicani, si “limitavano” ad abolire le multe pecuniarie per chi non si procurava una copertura sanitaria e le detrazioni fiscali che permettevano di finanziare i sussidi individuali. La procedura di “conciliazione” inoltre non è così immediata: dopo alla “risoluzione” sul budget – cioè quella votata ieri, che si può leggere qui – ha bisogno di settimane per essere redatta. Successivamente dovrà passare nelle commissioni competenti di Camera e Senato, e poi essere nuovamente discussa e votata dalle due camere. Nella risoluzione passata oggi alle commissioni viene dato tempo fino al 27 gennaio per esaminare le modifiche, ma sembra che diversi Repubblicani stiano considerando di chiedere una proroga, spaventati dall’abolire una riforma così organica senza prima avere preparato un piano per sostituirla.

Nel frattempo, la settimana scorsa Obama si è incontrato con i parlamentari Democratici suggerendogli sostanzialmente di non aiutare i Repubblicani a mettere in piedi una nuova riforma, e lasciare che si assumano le responsabilità politiche di modificare una legge di questa portata.