Il M5S resterà alleato dello UKIP

Dopo il fallimento delle trattative con l'ALDE, il gruppo al Parlamento europeo ha trovato un accordo per rimanete alleato degli euroscettici britannici, facendo delle concessioni

Dopo che la sua proposta di accordo con l’ALDE, il gruppo dei liberali al Parlamento Europeo, è stata respinta, il Movimento 5 Stelle ha deciso di restare alleato dello UKIP, il partito degli euroscettici britannico con cui forma il gruppo EFDD. Si è trattato di una scelta difficile, dopo che negli ultimi giorni i leader dei due partiti si erano scambiati dichiarazioni e accuse piuttosto forti. Grazie all’accordo, il Movimento 5 Stelle non rischia di perdere finanziamenti e possibilità di intervenire nel dibattito parlamentare e anche lo UKIP manterrà una posizione più sicura. Il leader dello UKIP al Parlamento Europeo, Nigel Farage, ha annunciato l’accordo dicendo che tutte le divergenze sono state risolte in maniera “amichevole”.

Grillo ha scritto in un post sul suo blog che nel pomeriggio lui e Davide Casaleggio (figlio di Gianroberto e coordinatore del partito insieme a Grillo) hanno avuto una conversazione via Skype con Farage. Sempre oggi c’è stata una riunione del gruppo EFDD, con gli eurodeputati di UKIP e quelli del M5S. L’unico punto certo dell’accordo negoziato tra M5S e UKIP è che David Borrelli, europarlamentare del M5S descritto come molto vicino a Davide Casaleggio, rinuncerà alla co-presidenza di EFDD, che deteneva proprio insieme a Farage. Era stato Borrelli, secondo i giornali, a trattare l’accordo con ALDE, poi saltato: la rimozione di Borrelli dalla copresidenza di EFDD è stata annunciata dallo stesso Grillo nel suo post. L’account Twitter di EFDD ha anche annunciato martedì pomeriggio che l’eurodeputato del M5S Fabio Massimo Castaldo non sarà più il candidato del gruppo a vice presidente del Parlamento Europeo, suggerendo che anche questo fosse un punto dell’accordo tra M5S e UKIP.

Repubblica scrive però che ci sarebbero state anche altre richieste fatte da Farage al M5S, e che riguarderebbero la rinuncia da parte del partito di Grillo al coordinamento delle attività di EFDD in alcune commissioni europarlamentari. Repubblica parla della commissione per l’Ambiente e di quella che si occupa dei diritti civili e dell’immigrazione, spiegando che le posizioni di M5S e UKIP sono particolarmente distanti su questi temi, e Farage vorrebbe riprendere il controllo del gruppo in questi settori.

Nel post sul suo sito, Grillo ha attaccato duramente Guy Verhofstadt, leader di ALDE, scrivendo che «dovrebbe solo vergognarsi, perché da meschino si è piegato alle pressioni dell’establishment», in riferimento alla sua decisione di far saltare l’accordo con il M5S.

Soltanto domenica scorsa, Grillo era stato estremamente critico con lo UKIP e sul suo blog aveva scritto: «Abbiamo studiato le percentuali di voto condiviso con UKIP e le altre delegazioni minori: la cifra non supera il 20%. Molto poco. Rimanere in EFDD equivale ad affrontare i prossimi due anni e mezzo senza un obiettivo politico comune, insieme a una delegazione che non avrà interesse a portare a casa risultati concreti». Grillo aveva anche aggiunto delle critiche molto dure alla correttezza dei suoi colleghi britannici: «Non nascondiamo anche un certo disagio rispetto all’utilizzo improprio di capitali delle Fondazioni (a cui noi abbiamo rinunciato e continueremo a rinunciare) da parte di alcuni colleghi di EFDD, in riferimento alle notizie pubblicate e da cui prendiamo le dovute distanze».

Cosa è successo?
Domenica, con un post sul suo blog, Beppe Grillo aveva annunciato a sorpresa una votazione per decidere la collocazione del gruppo parlamentare del M5S al Parlamento Europeo. Gli iscritti al Movimento avevano tre alternative: rimanere nell’attuale gruppo EFDD, formato da M5S, alcuni indipendenti, più il partito degli euroscettici britannici UKIP, entrare nel gruppo misto oppure allearsi con l’ALDE, un gruppo formato da liberali europeisti. Nel testo che accompagnava la votazione, Grillo sottolineava come considerasse conclusa l’alleanza con lo UKIP e come fosse favorevole a un nuovo accordo con l’ALDE. Quasi l’80 per cento dei votanti ha accettato di allearsi con l’ALDE, ma nella serata di lunedì, la maggioranza dei liberali europei ha costretto Verhofstadt a ritirare la proposta di alleanza.

L’alleanza con lo UKIP

Formalmente, il Movimento non è mai uscito dal gruppo EFDD, quindi, dopo il fallimento dell’alleanza con l’ALDE, l’alternativa più semplice era quella di non spostarsi affatto, conservando così i fondi per l’attività parlamentare, circa 680 mila euro l’anno, e tutte le altre prerogative che spettano ai membri di un gruppo parlamentare: maggiore possibilità di intervenire nei dibattiti, di coordinare le commissioni e di essere relatori di provvedimenti legislativi. È una soluzione che conviene anche allo UKIP, che al Parlamento Europeo è ancora guidato dal suo storico leader, Nigel Farage. Senza il Movimento 5 Stelle, il gruppo EFDD scenderebbe da 44 a 27 membri, cioè appena tre sopra la soglia minima per formare un gruppo. Venti dei 27 parlamentari che rimarrebbero sono britannici, quindi basterebbe la defezione di un unico altro parlamentare per far scendere il gruppo sotto l’altro requisito minimo: avere tra i propri membri parlamentari provenienti da almeno 7 paesi diversi.

Oggi, il giornalista di Repubblica, Carmelo Lopapa, ha scritto che Grillo avrebbe voluto percorrere proprio questa strada: «Parlerò io personalmente con Nigel Farage, gli spiegherò che in fondo conviene anche a loro se torniamo insieme». Non tutti pensavano che sarebbe stato così facile ricucire la divisione. In un’intervista al Corriere della Sera, l’eurodeputato del Movimento 5 Stelle Piernicola Pedicini aveva detto: «Noi siamo ancora nel gruppo EFDD: è chiaro però che non ci sono più le condizioni per stare insieme». Lunedì Farage era sembrato piuttosto adirato nei confronti del Movimento e aveva risposto alle critiche che gli aveva mosso Grillo dichiarando: «Beppe Grillo entrerà a far parte dell’establishment degli euro-fanatici dell’ALDE, che appoggiano il TTIP, l’immigrazione di massa e l’esercito europeo, ma sono contrari alla democrazia diretta».

Le alternative
Le alternative a restare nell’EFDD, però, non erano molto attraenti. La più probabile era quella di finire nel “gruppo misto”, che in Europa si chiama gruppo dei non-iscritti e al momento è formato da 18 parlamentari, quasi tutti provenienti da gruppi di estrema destra, come la greca Alba Dorata e l’ungherese Jobbik. Come ha detto Pedicini nell’intervista al Corriere: «Finire tra i non iscritti porterebbe ad affrontare situazioni difficili. I sacrifici economici non sono un problema, siamo abituati come forza politica a restituire i soldi e a fare al meglio con le risorse che abbiamo. Le rinunce al personale, quelle sì sono un sacrificio doloroso».

I sacrifici economici significano rinunciare ai circa 680 mila euro l’anno che attualmente spettano al Movimento. Perdere questa entrata, a sua volta, significherebbe rinunciare ai 20 dipendenti su cui al momento può contare il Movimento 5 Stelle in Europa. Il Movimento perderebbe anche il diritto di presiedere commissioni, concesso solo ai membri dei gruppi (al momento, però, il Movimento 5 Stelle non presiede alcuna commissione), la possibilità di partecipare alla conferenza dei capigruppo, nella quale viene deciso il calendario dei lavori e un’altra serie di importanti questioni, e avrebbe una ridotta possibilità di intervenire nei dibattiti.

La seconda alternativa, molto più difficile, era quella di formare un nuovo gruppo, ma il M5S avrebbe dovuto trovare 8 parlamentari provenienti da sei paesi differenti da aggiungere ai suoi 17, in questo modo raggiungerebbe la soglia minima di 25 membri provenienti da sette paesi diversi. Non era impossibile, visto che ci sono molti parlamentari indipendenti piuttosto “flessibili” sulla loro collocazione, ma non era nemmeno semplice. Il Movimento ci aveva provato subito dopo le elezioni europee del 2014, ma il tentativo non aveva avuto successo.