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  • Domenica 8 gennaio 2017

Le molte vite di Behgjet Pacolli

Bloomberg racconta la storia di un imprenditore miliardario, ex marito di Anna Oxa, ex presidente del Kosovo, amico di molti dittatori

di Hugo Miller e Alexander Sazonov – Bloomberg

Behgjet Pacolli nel 2011, durante il suo periodo come presidente del Kosovo (ARMEND NIMANI/AFP/Getty Images)
Behgjet Pacolli nel 2011, durante il suo periodo come presidente del Kosovo (ARMEND NIMANI/AFP/Getty Images)

In una fresca sera all’inizio di settembre, il magnate edile kosovaro Behgjet Pacolli ha aperto le porte della sua residenza circondata da mura per festeggiare il suo compleanno con 20mila dei suoi “amici di Facebook”. Molti degli ospiti erano troppo giovani per ricordarsi del comunismo o delle guerre che seguirono la dissoluzione della Jugoslavia, e la festa era un tentativo di ottenere nuovo sostegno per il partito politico appoggiato da Pacolli nel suo stato natale, autoproclamatosi indipendente nel 2008. Gli invitati hanno invaso la grande proprietà che Pacolli ha costruito a venti minuti a sud dalla capitale Pristina per ascoltare famose popstar e dj albanesi. «È stata una festa davvero divertente, dei giovani bellissimi», ha raccontato il 65enne Pacolli tre giorni dopo, tra la colazione e le sigarette sulla sua terrazza, che si affaccia su un giardino in stile Versailles che si estende verso il basso per centinaia di metri fino alle recinzioni della residenza.

Pacolli – che parla correntemente italiano, albanese, tedesco, russo e inglese, ha un talento nel coltivare relazioni importanti ed è stato sposato con la cantante italiana Anna Oxa – ha passato quasi trent’anni a costruire Matebex Group, una società edile e di ingegneria, mentre intratteneva rapporti diplomatici con dittatori ora defunti come Slobodan Milošević e Mu’ammar Gheddafi. La società, che ha sede a Lugano, ha ottenuto appalti che hanno contribuito a ripristinare lo splendore dell’epoca zarista dei fatiscenti palazzi del Cremlino e a fare di Astana, la capitale del Kazakistan nella steppa dell’Asia centrale, una città futuristica. Matebex è diventata una potenza regionale con 1,5 miliardi di euro in ricavi annuali, secondo il sito della società. Pacolli è riuscito a superare le indagini su alcuni dei primi appalti della società da parte di investigatori russi e svizzeri, trasformando il conglomerato fondato 25 anni fa in una fortuna valutata 1 miliardo di dollari dal Bloomberg Billionaires Index. Quando gli si chiede cosa pensi del fatto di essere un miliardario, Pacolli risponde: «Non cambia niente. Ero una persona semplice e credo di esserlo ancora oggi nel cuore».

Tito e Eltsin

Pacolli ha prestato servizio nell’esercito come assistente di Josip Broz Tito, il carismatico dittatore che governò la Jugoslavia per la maggior parte della Guerra fredda, ma il successo imprenditoriale arrivò solo decenni dopo al servizio di un altro titano della geopolitica, l’ex presidente russo Boris Eltsin. Nel 1993, dopo aver bombardato la Casa Bianca di Mosca per sbarazzarsi dei parlamentari che volevano la sua rimozione, Eltsin incaricò Pavel Borodin, capo del dipartimento che si occupava della gestione delle proprietà del Cremlino, di occuparsi delle riparazioni. Borodin, che aveva aiutato Pacolli a farsi strada in Russia quando era sindaco di Yakutsk, in Siberia, affidò a Mabetex il lavoro, a cui seguirono poi incarichi ancora più redditizi per il rinnovamento delle camere del Parlamento.

Ma fu il successivo e costoso incarico, la ristrutturazione di alcune delle stanze più famose del Cremlino, a consolidare la reputazione di Pacolli come imprenditore in grado di portare a termine lavori in condizioni difficili. Nel 1996 Mabetex riuscì a completare in tempo il rinnovamento del palazzo presidenziale, che richiese l’impiego di centinaia di artigiani e di 50 chili di oro. L’appalto portò all’inizio di un’indagine internazionale sulla corruzione che minò il potere di Eltsin prima ancora che Vladimir Putin fosse nella posizione di succedergli. Mentre nel 1998 la Russia procedeva verso la bancarotta e i ribelli kosovari combattevano le forze di Milošević, alleato di Eltsin, a Mosca arrivò Carla Del Ponte, una procuratrice svizzera. Del Ponte arrivò con molti registri bancari riservati che sembravano dimostrare che Mabetex aveva pagato milioni di dollari in tangenti a Borodin e alla famiglia di Eltsin per ottenere appalti miliardari, stando a quanto riportato da Yuri Skuratov, all’epoca omologo russo di Del Ponte.

Incontro breve

Durante un’intervista durata due ore e mezza nella sua villa, Pacolli ha raccontato che Del Ponte ebbe un breve colloquio anche con lui. Lui le disse di non aver fatto niente di illegale e che tutti i suoi contratti erano stati ottenuti in modo corretto, per poi andarsene lasciando che fossero i suoi collaboratori a rispondere alle altre domande. «Se avessi fatto queste cose mi sarei impegnato di più in modo che non le scoprisse mai», disse Pacolli a Del Ponte, che successivamente avrebbe processato Milošević per crimini di guerra all’Aia. Del Ponte, che oggi fa parte del gruppo di lavoro che sta indagando sugli abusi dei diritti umani in Siria, non ha voluto commentare, e l’ufficio del procuratore generale della Svizzera si è rifiutato di discutere dei dettagli dell’indagine.

Skuratov, in un libro pubblicato nel 2010, racconta una versione diversa dei fatti e dice che Pacolli attirò per la prima volta l’attenzione delle forze dell’ordine russe nel 1997, quando volò a Mosca con suo fratello in un jet privato e una «valigetta piena di dollari e sterline non dichiarati». Skuratov racconta che i due furono trattenuti fino a che Borodin non li fece liberare. Pacolli ha detto che i documenti bancari che dimostrerebbero i suoi illeciti derivano da un equivoco sul suo ruolo nell’attività che portò in Russia le carte di credito. Edy Grignola, un avvocato di Pacolli, ha scritto in un’email del 6 dicembre che le dichiarazioni di Skuratov sono false, e che le indagini russe e svizzere su Mabetex non hanno scoperto nessuna operazione irregolare. Dopo la visita di Del Ponte e un’altra da parte di un whistleblower di una banca svizzera di cui Pacolli era cliente, Skuratov ha detto di aver portato avanti il caso fino alla sua rimozione avvenuta nel 1999. Il declino di Skuratov iniziò dopo la messa in onda da parte della televisione di stato russa di un video in cui «un uomo che sembra Skuratov» è in compagnia di due presunte prostitute. Putin, allora capo dell’ente principale che era succeduto al KGB sovietico, segnò il destino di Skuratov quando annunciò che l’uomo del video era in effetti il procuratore generale.

Il giudice di Ginevra

«Pacolli sapeva molto bene come fare affari in Russia», ha raccontato Skuratov in un’intervista telefonica del 15 novembre dalla fondazione che oggi gestisce a Mosca, XXI Century Legal Practices. Nel 2002 un giudice di Ginevra dichiarò Borodin colpevole di aver preso tangenti per 38 milioni di franchi svizzeri, condannandolo al pagamento di un multa da 300mila franchi. Successivamente le autorità svizzere sospesero l’indagine su Mabetex e Pacolli. Borodin, che oggi ha 70 anni e fu l’uomo che diede a Putin il suo primo incarico, facendolo diventare suo vice nel 1996, non ha voluto commentare. Nella sua email del 6 dicembre Grignola ha detto che la possibilità di un’azione legale contro Borodin non preoccupa Mabetex o Pacolli.

Pacolli lasciò la Russia una decina di anni fa per concentrarsi sul Kazakistan, dove il presidente Nursultan Nazarbayev, uno storico alleato di Putin, lo paga circa un miliardo di dollari all’anno per trasformare la città di Astana, che nel 2007 subentrò ad Almaty come capitale del paese ricco di petrolio. Dal palazzo presidenziale al teatro dell’opera, i risultati di Pacolli sono stupefacenti. Ora, però, con il calo del prezzo del greggio, il boom sta per terminare, e così Pacolli sta tornando a interessarsi al Kosovo, sia per diversificare le sue imprese che per ricostruire la sua immagine politica. Ottenere la fiducia della maggioranza dei suoi 1,8 milioni di concittadini non sarà semplice: i legami dell’imprenditore di etnia albanese con Serbia e Russia, due paesi che si oppongono all’indipendenza del Kosovo, fanno sì i kosovari diffidino delle sue motivazioni.

Sicurezza

Nel 1998, per esempio, Pacolli incontrò per otto ore a Belgrado di sua iniziativa Milošević, una persona odiata da molti kosovari. Pacolli ha detto che stava cercando di sventare l’imminente guerra del Kosovo, in cui morirono oltre 11mila persone. Alla sua morte nel 2006, Milošević era sotto processo per accuse tra cui l’espulsione forzata di 800mila persone di etnia albanese dal Kosovo. Lo stesso anno, secondo i documenti diplomatici diffusi da WikiLeaks, l’ambasciata americana di Pristina disse che le operazioni di Pacolli con Serbia e Russia fecero sì che fosse «impopolare e visto con diffidenza».

Essendo uno degli uomini più controversi – e ricchi – di una regione impoverita con una lunga storia di violenza, la mente di Pacolli è sempre rivolta alla sicurezza: una volta tornata nella sua proprietà, anche una delle sue auto è stata fatta controllare per assicurarsi che non ci fossero bombe. «Il Kosovo oggi è un posto sicuro, ma è bene stare attenti», ha detto Pacolli. Pacolli riuscì a ottenere sostegno sufficiente per farsi eleggere presidente del Kosovo dal Parlamento nel 2011, ma oltre 50 parlamentari boicottarono poi l’elezione, i cui risultati vennero annullati rapidamente. Qualche mese prima Pacolli era volato in Libia per convincere Gheddafi a riconoscere il Kosovo.

Gheddafi, che sarebbe poi stato deposto e ucciso, si rifiutò di farlo finché il Kosovo avesse continuato a essere gestito dai «barboncini americani», stando a quanto riportato dall’Economist all’epoca.

Ricostruire i ponti
Ora Pacolli, il cui biglietto da visita recita «Ex presidente della Repubblica del Kosovo», sta preparando il suo partito Nuova Alleanza per il Kosovo per le elezioni del 2018, con un programma che si concentra su integrazione economica e occupazione. Dice di aver già assunto tre dei suoi fratelli e un cugino per aiutare Mabetex a costruire ospedali, terminal di aeroporti e hotel in Europa e Asia centrale. Mabetex non ha debiti, ha raccontato Pacolli.

Circa il 25 per cento dei 14mila dipendenti della società vivono in Kosovo, una percentuale che Pacolli sta cercando di aumentare espandendo la sua società bancaria e orientandosi sui settori assicurativo, degli oleodotti e della trasformazione alimentare. Ha anche detto di stare lavorando alla costruzione di un resort da 1,5 miliardi di dollari nella vicina Albania, che dovrebbe creare molti posti di lavoro ed essere molto più imponente degli attuali progetti lungo la costa adriatica, che sta vivendo un periodo di intensa costruzione. Con un reddito medio di poco meno di 4.300 euro all’anno, i kosovari e gli albanesi sono tra le popolazioni più povere d’Europa, stando alle statistiche dell’Unione Europea, e quindi dal punto di vista economico non hanno molte alternative alla crescita. Pacolli dice di voler aiutare i due paesi in questo percorso, a patto che accettino di ricostruire le relazioni con i Balcani, una regione che è sinonimo di conflitti. «La mia idea è eliminare i confini», ha detto Pacolli, «la chiave è l’economia, solo l’economia. L’epoca del patriottismo è finita».

© 2016 – Bloomberg