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  • Venerdì 30 dicembre 2016

Stati Uniti contro Russia contro Stati Uniti

Barack Obama ha disposto sanzioni e l'espulsione di 35 diplomatici russi dal paese, in risposta agli attacchi informatici subiti per provare a influenzare l'esito delle elezioni

Il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, e il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, in un incontro a Parigi nel novembre 2015 (MIKHAIL KLIMENTYEV/AFP/Getty Images)
Il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, e il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, in un incontro a Parigi nel novembre 2015 (MIKHAIL KLIMENTYEV/AFP/Getty Images)

Il governo degli Stati Uniti ha annunciato di avere imposto sanzioni contro la Russia e ordinato l’espulsione di 35 persone sospettate di essere agenti dell’intelligence russa, in risposta a quelle che considera attività svolte per influenzare il risultato delle elezioni presidenziali dello scorso novembre. La decisione ha pochi precedenti nella storia recente delle relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Russia, ha portato a una risposta piuttosto dura da parte del governo russo e complicherà le relazioni tra i due paesi, a poche settimane dall’insediamento del nuovo presidente, Donald Trump. Secondo alcuni osservatori la reazione del presidente Barack Obama è stata tardiva e male organizzata, mentre secondo altri non ci sono abbastanza prove per accusare la Russia; altri ancora fanno notare che Trump potrebbe annullare le sanzioni tra poche settimane, anche se avrebbe un notevole costo politico.

Le sanzioni riguardano, tra gli altri, quattro funzionari del GRU (Glavnoe razvedyvatel’noe upravlenie, Direttorato principale per l’informazione), il potente servizio segreto militare russo che secondo le agenzie di intelligence degli Stati Uniti ha disposto gli attacchi informatici contro il Partito Democratico e altre organizzazioni politiche, con l’approvazione da parte del governo russo. Lo stesso GRU è accusato di avere facilitato la diffusione delle informazioni rubate (per lo più documenti e scambi di email dei dirigenti politici del partito), attraverso organizzazioni come WikiLeaks. Sono state emesse sanzioni economiche anche nei confronti di tre aziende che avrebbero contribuito agli attacchi informatici.

I 35 russi definiti “persona non grata” (locuzione latina che si usa in ambito diplomatico per definire le persone non gradite) sono accusati di avere lavorato come spie in territorio statunitense, fingendo di essere diplomatici o funzionari di vario livello, con coperture anche per le loro famiglie. Il Dipartimento di Stato ha chiarito che la loro espulsione è stata disposta anche in seguito alle numerose vessazioni subite negli ultimi anni dai diplomatici statunitensi che lavorano in Russia. Non è ancora chiaro se le 35 persone abbiano avuto un ruolo negli attacchi informatici, mentre è certo che avranno tempo fino a mezzogiorno di domenica prossima (1 gennaio 2017) per lasciare gli Stati Uniti.

È stata anche disposta la chiusura di due storici edifici, uno a New York e uno a Washington, utilizzati da decenni dai diplomatici russi, ufficialmente come luoghi per organizzare incontri e attività di svago. L’intelligence statunitense ritiene che i due complessi fossero utilizzati per organizzare attività di spionaggio, ma anche in questo caso non sono stati forniti altri dettagli su un eventuale coinvolgimento negli attacchi informatici contro i Democratici e altre organizzazioni politiche.

Il governo russo ha criticato la decisione degli Stati Uniti e non ha escluso che possa esserci qualche ritorsione. Il portavoce del presidente Vladimir Putin ha detto ai giornalisti: “Provvedimenti di questo tipo da parte di un governo statunitense a tre settimane dalla fine del suo mandato hanno due obiettivi: danneggiare ulteriormente i legami tra Russia e America, che sono già a un punto molto basso, e naturalmente danneggiare i piani per la politica estera del nuovo governo del presidente eletto”. Nella mattina di oggi le agenzie di stampa russe avevano annunciato che il governo russo avrebbe disposto, in tempi brevi, l’espulsione di 35 diplomatici statunitensi dalla Russia e il divieto di utilizzare due edifici solitamente a disposizione della diplomazia statunitense: la notizia è stata però smentita dallo stesso Vladimir Putin.

Altri esponenti politici russi hanno usato toni molto più duri nei confronti di Barack Obama e della sua decisione, così come hanno fatto alcune rappresentanze diplomatiche russe in giro per il mondo. L’Ambasciata russa nel Regno Unito ha pubblicato, per esempio, un tweet in cui si parla di un déjà vu della Guerra Fredda e dove Obama viene definito un’anatra zoppa (termine usato in gergo giornalistico per definire un presidente che non ha la maggioranza al Congresso, o nelle ultime settimane del suo mandato dopo l’elezione del suo successore).

FBI e il Dipartimento della Sicurezza Interna hanno diffuso alcune informazioni sulle indagini condotte negli ultimi mesi, fornendo qualche dettaglio in più sulle soluzioni tecniche adottate per eseguire gli attacchi informatici: software malevolo (malware), indirizzi numerici (IP) utilizzati dagli autori degli attacchi e altre tracce lasciate durante le incursioni nei sistemi. Non sono però stati forniti altri dettagli che dimostrino un coinvolgimento diretto del GRU e delle altre organizzazioni di intelligence russe. Gli Stati Uniti stanno comunque lavorando a un rapporto più dettagliato, richiesto alcune settimane fa da Barack Obama, che dovrebbe essere pubblicato entro la fine del suo mandato e con maggiori informazioni sugli attacchi informatici da parte russa.

Molte delle informazioni su questa vicenda resteranno comunque riservate, per evitare di dare altri elementi all’intelligence russa e ridurre i rischi di ritorsioni. Stando a quanto emerso finora, gli attacchi informatici erano piuttosto estesi e questo pone qualche incertezza su cosa deciderà di fare la Russia in risposta alle sanzioni. Potrebbero esserci altre iniziative di questo tipo e non tutti gli osservatori sono certi sulla capacità degli Stati Uniti di fermarle tutte.

La reazione di Barack Obama è stata giudicata tardiva da molti analisti ed esperti di intelligence. Il New York Times scrive che “per mesi l’amministrazione Obama si è divisa in un dibattito interno su cosa rendere pubblico delle prove raccolte”. Alcuni funzionari intervistati dal giornale hanno espresso rammarico per non averle rese da subito pubbliche, ma hanno comunque detto di non pensare che questo abbia in qualche modo influenzato l’esito delle elezioni dello scorso novembre.

Sempre secondo il New York Times, l’FBI informò il Partito Democratico su una violazione dei suoi server per le email nell’autunno del 2015 e che “seguirono mesi tra lungaggini e perdite di tempo”. In una conferenza stampa, Barack Obama ha detto di essere venuto a conoscenza della vicenda all’inizio dell’estate, anche se qualcosa gli era già stato annunciato in precedenza, considerato che lo scorso aprile uno dei suoi più stretti collaboratori aveva avuto un incontro a Ginevra, in Svizzera, con funzionari russi per esprimere le preoccupazioni e le proteste degli Stati Uniti. Obama in estate decise di non disporre subito sanzioni nel timore che ci potessero essere ritorsioni nel giorno delle elezioni, con attacchi informatici diretti verso i sistemi per il voto elettronico, molto diffuso negli Stati Uniti. Alcuni suoi collaboratori hanno detto in forma anonima ai giornali che ritardare l’annuncio delle sanzioni è stato un errore, e che si sarebbe dovuto intervenire prima.

Le sanzioni e gli altri provvedimenti assunti dagli Stati Uniti sono stati resi possibili da una modifica a un precedente ordine esecutivo (atti che diventano legge senza passare dal Congresso), che consente all’attuale presidente e al suo successore di disporre il divieto di viaggio e il congelamento dei beni di “coloro che causano danno, alterano o si appropriano indebitamente di informazioni, allo scopo di interferire con i processi elettorali e le loro istituzioni”. Annunciando le sanzioni, Obama ha detto che “tutti gli statunitensi dovrebbero essere allarmati dalle azioni della Russia”, facendo indirettamente riferimento a Donald Trump, che durante la campagna elettorale non aveva espresso nessuna preoccupazione, tanto da fare battute in cui invitava la Russia a proseguire nei suoi attacchi contro la sua avversaria Hillary Clinton.

Trump si insedierà il prossimo 20 gennaio e da quel momento potrà disporre anche dell’ordine esecutivo di Obama, cosa che potrebbe metterlo in una posizione complicata: ha sempre lodato la leadership di Vladimir Putin, e ci sono indizi di molti affari condotti dalle sue società in Russia proprio grazie alle conoscenze con oligarchi russi, mentre buona parte dei Repubblicani ha posizioni dure e intransigenti nei confronti del presidente russo. Se i nuovi rapporti in fase di preparazione da parte dell’intelligence statunitense fornissero altre prove solide sugli attacchi informatici da parte russa, Trump riceverebbe forti pressioni per estendere le sanzioni o per lo meno sostenere e mantenere quelle decise da Obama. Trump per ora ha invitato a “andare oltre” e di occuparsi di temi più importanti e urgenti, ma si è comunque ripromesso di incontrare i responsabili dell’intelligence che hanno lavorato al caso.