Gli archivi della Stasi

Venticinque anni fa entrò in vigore la legge che permette a ogni cittadino tedesco di consultare il proprio dossier preparato dalla polizia segreta della Germania est

(AP Photo/Jockel Finck)
(AP Photo/Jockel Finck)

Il 29 dicembre del 1991 nella Germania da poco riunificata entrò in vigore lo “Stasi-Unterlagen-Gesetz”, una legge che permetteva a tutti i cittadini tedeschi di accedere agli archivi della Stasi e di consultare i dossier preparati su di loro da quella che è stata definita la più scrupolosa ed estesa polizia segreta della storia moderna. La Stasi, abbreviazione di “Ministero per la sicurezza dello stato” (Ministerium für Staatssicherheit), fu attiva dal 1950 fino alla caduta del muro di Berlino e alla fine della Germania orientale, nel 1990. Fu creata dalla Repubblica democratica tedesca, il regime comunista instaurato nella Germania orientale dopo la fine della Seconda guerra mondiale, per fare controspionaggio e spionaggio internazionale. Nel corso degli anni diventò enorme e si occupò molto di sorveglianza interna.

L’agenzia sorvegliava soprattutto visitatori stranieri, dissidenti politici e semplici sospetti di simpatie anti-governative; nel corso dei suoi 40 anni di storia impiegò 274 mila persone, tra cui 173 mila informatori. Significa che il 2,5 per cento degli abitanti della Germania orientale tra i 18 e i 60 anni in qualche momento avevano collaborato con la polizia segreta. Secondo alcune stime, se al conto venissero aggiunti quelli che fornivano informazioni all’agenzia in maniera occasionale, il totale degli informatori potrebbe arrivare fino a due milioni di persone. Il lavoro metodico di queste centinaia di migliaia di spie ha prodotto uno dei più vasti e completi archivi mai realizzati da un apparato di sicurezza. Nel corso della sua storia, la Stasi ha sorvegliato, intercettato, indagato e archiviato informazioni su milioni di cittadini tedeschi e contribuito all’arresto o all’intimidazione di centinaia di migliaia di persone.

Per questa ragione, gli archivi della Stasi divennero un obiettivo sensibile già nei primi giorni della rivoluzione pacifica del 1989. Il 4 dicembre una folla occupò l’edificio della Stasi di Erfurt, quando vide che dal camino si stava levando del fumo nero, frutto del tentativo degli agenti di bruciare i documenti più delicati. Un mese dopo, il 15 gennaio 1990, i dimostranti riuscirono a forzare l’ingresso della sede centrale del ministero, a Berlino. Manifestazioni simili avvennero in tutta la Germania. Dopo le irruzioni, in genere, sul posto arrivava la magistratura che apponeva dei sigilli agli edifici. Secondo alcune stime gli agenti della Stasi riuscirono a distruggere soltanto il 5 per cento dei documenti prima di essere bloccati.

Dopo la riunificazione della Germania, nell’autunno del 1990, il governo tedesco creò una commissione con lo scopo di studiare e conservare gli archivi della polizia segreta. Diversi ministri sostennero che rendere i documenti pubblici e permettere alle persone spiate di leggere i dossier su di loro avrebbe reso la riunificazione più difficile. Il cancelliere Lothar de Maizière ipotizzò anche che gli ex dipendenti della Stasi avrebbero rischiato persecuzioni e linciaggi. Michael Diestel, ministro dell’Interno, disse che gli archivi sarebbero stati usati per perseguire gli ex agenti in tribunale, ma che sarebbe stato ingiusto perché nel sistema della Germania orientale «c’erano solo due tipi di innocenti: i neonati e gli alcolizzati». Anche Wolfgang Schäuble, oggi ministro dell’Economia tedesco, sostenne che bisognava lasciarsi alle spalle gli anni della dittatura comunista e concentrare tutte le energie sulla riunificazione.

Alla fine però si decise che fosse diritto dei cittadini tedeschi sapere quali informazioni la polizia segreta avesse raccolto su di loro. Oggi qualsiasi cittadino tedesco ha il diritto di esaminare i documenti che lo riguardano, e l’intera documentazione prodotta dal ministero è stata analizzata e catalogata. Anche i media e le istituzioni accademiche hanno accesso ai documenti, a meno che non riguardino minori di 18 anni o ex membri della Stasi (per evitare vendette). Tra il 29 dicembre del 1991 e il 2011 quasi tre milioni di persone, soprattutto ex cittadini della Germania est, hanno fatto richiesta di visionare i dossier che li riguardano. Lo storico Timothy Garton Ash ha scritto così nel suo libro “The file: a personal history“, in cui racconta la storia della Stasi attraverso i rapporti che la polizia segreta compilò su di lui mentre alla fine degli anni Settanta si trovava a Berlino per ragioni di studio:

«Un estremo segue un altro. Probabilmente nessuna dittatura nel corso della storia moderna ha avuto una polizia segreta così estesa e fanaticamente scrupolosa. Nessuna democrazia nella storia moderna ha fatto di più per portare alla luce l’eredità della dittatura che l’ha preceduta»