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  • Lunedì 12 dicembre 2016

Dovremmo essere tutti più rilassati, con la grammatica

Lo ha detto al Corriere il linguista Francesco Sabatini, presidente onorario della Crusca: soprattutto col congiuntivo nell'italiano parlato

(E. Dean/Topical Press Agency/Getty Images)
(E. Dean/Topical Press Agency/Getty Images)

Paolo Di Stefano ha intervistato sul Corriere della Sera Francesco Sabatini, linguista italiana e presidente onorario dell’Accademia della Crusca, che oltre a essere un importante studioso da anni è uno dei più apprezzati divulgatori sulla lingua italiana (tiene per esempio ogni domenica una rubrica sul programma “Uno Mattina”). Sabatini ha da poco pubblicato per Mondadori Lezione di italiano. Grammatica, storia, buon uso, un saggio sulla storia dell’italiano e sul suo uso corretto. Nell’intervista, Sabatini dice alcune cose che potrebbero sorprendere qualcuno, visto che arrivano da un illustre linguista: dice per esempio di essere meno schizzinosi con il congiuntivo, perché espressioni come “credevo che stava” esistevano già ai tempi di Dante e anche prima. Ma secondo Sabatini ci vuole più tolleranza anche con il gli usato per il femminile, o sul luilei usati come soggetto: perlomeno nelle situazioni informali e nel parlato.

«La lingua è dentro di te, tu sei tra le sue braccia». Le parole di Mario Luzi, poste in epigrafe, riassumono bene la prospettiva del nuovo libro di Francesco Sabatini Lezione di italiano. Grammatica, storia, buon uso(Mondadori). Quale prospettiva? «La lingua verbale — dice Sabatini — entra in noi naturalmente dalla nascita e diventa lo strumento ineguagliabile per la nostra crescita culturale».

Presidente onorario dell’Accademia della Crusca, linguista, filologo, lessicografo, autore, con Vittorio Coletti, di un fortunato Dizionario della lingua italiana, nel tono confidenziale più adatto a una materia che si intende porgere in modo piano attraverso dieci «dialoghi» e altrettanti «inviti», ma senza semplificazioni eccessive, Sabatini espone subito la tesi del libro rivolgendosi a un lettore vicino e curioso: «Sapevi che, quando avevi tre o quattro anni, il tuo cervello aveva già fatto silenziosamente l’“analisi grammaticale” e l’“analisi logica” (come poi si chiamano a scuola)  dei discorsi captati dal tuo orecchio?». Sabatini sa come si comunica con i non addetti ai lavori, del resto ogni domenica, a «Unomattina», offre ai telespettatori un «pronto soccorso linguistico» che oltre a dare consigli grammaticali è anche una sorta di percorso storico-culturale.

Cominciamo dalla fine (del libro) sgombrando il campo dal buon uso. Ci sono quattro psicodrammi del parlante italiano: «Casi che infiammano gli animi e che a molti tolgono il sonno», li definisce Sabatini. Quali sono? L’eterna questione del congiuntivo, difeso con appelli e impegnate campagne di salvaguardia. Ebbene, il presidente onorario della Crusca invita a una «minore schizzinosità». Nei costrutti indipendenti il congiuntivo resiste, per esempio nella frase: «Sapessi che dolore!». Nelle frasi cosiddette «completive» tende a essere sostituito dall’indicativo: «credevo che stesse» diventa spesso «credevo che stava», ma è un’alternanza presente sin dalle origini della lingua italiana (risale a Dante e anche più indietro). Idem in certe subordinate, tipo: «Se mi chiamavi, venivo ad aiutarti». È la tendenza del parlato: non facciamone un dramma.

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