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  • Venerdì 9 dicembre 2016

E il riconteggio dei voti negli Stati Uniti?

Sta andando male, come ampiamente prevedibile: e molti si chiedono se l'iniziativa dei Verdi non servisse soprattutto a raccogliere fondi e far parlare di sé

Il riconteggio dei voti delle elezioni presidenziali controllato da alcuni osservatori a Madison, in Wisconsin, il 1 dicembre 2016 (Andy Manis/Getty Images)
Il riconteggio dei voti delle elezioni presidenziali controllato da alcuni osservatori a Madison, in Wisconsin, il 1 dicembre 2016 (Andy Manis/Getty Images)

Alla fine di novembre una candidata minore alle ultime elezioni presidenziali statunitensi, Jill Stein dei Verdi, aveva chiesto che i voti del Wisconsin fossero ricontati. Stein ha fatto poi la stessa cosa anche per i voti del Michigan: in entrambi gli stati ha vinto il presidente eletto Donald Trump, con un margine dello 0,7 e dello 0,2 per cento su Hillary Clinton. Finora le operazioni di riconteggio non hanno dato risultati significativi, come previsto dagli osservatori. Il riconteggio in Wisconsin è quasi finito e per adesso si sono scoperti solo 82 voti che sono andati erroneamente a Trump invece che a Clinton. Il riconteggio in Michigan invece è stato bloccato dopo che la corte d’appello statale ha detto che Stein non poteva chiederlo, dato che aveva un tale distacco da Trump che non è possibile che possa vincere.

Stein ha detto più volte di aver chiesto il riconteggio dei voti in questi stati per assicurarsi che non siano state commesse scorrettezze e per migliorare i sistemi di voto delle prossime elezioni. In un tweet, ha spiegato: «Il riconteggio non serve per aiutare un candidato piuttosto che un altro: serve per portare integrità nel processo di voto». I critici di Stein – tra cui lo stesso Trump, ma molti anche tra i Democratici – pensano però che le richieste di riconteggio di Stein siano solo un pretesto per ottenere visibilità illudendo gli elettori anti-Trump e raccogliere fondi, dato che chi chiede un riconteggio deve anche finanziarlo – per pagare le molte persone impiegate e per scoraggiare richieste pretestuose – e la cosa può essere molto costosa. Stein ha raccolto in totale 7 milioni di dollari (quasi 6,6 milioni di euro) per pagare i riconteggi. Ma anche la questione dei fondi raccolti da Stein è molto contestata.

«Il riconteggio non serve per aiutare un candidato piuttosto che un altro: serve per portare integrità nel processo di voto»

Oggi un tribunale federale stabilirà se permettere il riconteggio dei voti in Pennsylvania, sempre richiesto da Stein. La Pennsylvania è l’altro stato, insieme a Wisconsin e Michigan, in cui la vittoria di Trump è stata decisiva ai fini della sua vittoria finale sul piano dei grandi elettori (come noto, Trump sul piano nazionale ha ottenuto 2,7 milioni di voti in meno di Clinton). In questi tre stati Trump ha vinto complessivamente per circa 107mila voti (circa 68mila dei quali in Pennsylvania): pochi ma abbastanza da permettergli di ottenere i grandi elettori necessari per vincere le elezioni. La data finale per chiedere il riconteggio dei voti delle elezioni è il 13 dicembre. Anche in Nevada, dove ha vinto Clinton per 27.202 voti, sta avvenendo un riconteggio parziale: non lo ha chiesto Stein ma il candidato indipendente Roque De La Fuente, che ha preso meno dell’1 per cento dei voti. Se dal riconteggio, che si sta svolgendo solo per alcuni seggi di cinque delle 17 contee dello stato, venisse fuori una discrepanza di almeno l’1 per cento dei voti, saranno ricontate tutte le schede del Nevada. De La Fuente ha detto di aver chiesto il riconteggio per controbilanciare l’operazione di Stein.

I risultati del riconteggio in Wisconsin finora

L’8 dicembre il riconteggio in Wisconsin, dove Trump ha vinto le elezioni per più di 22mila voti, era stato completato al 70 per cento: sarà finito entro martedì. Sono stati ricontati i voti di 34 delle 72 contee in cui è diviso il Wisconsin, tra cui quelli di Milwaukee, la città più popolosa dello stato. Alcuni errori sono stati trovati: 492 voti che spettavano a Clinton non le erano stati assegnati e lo stesso è successo a Trump con altri 410 voti. Quindi finora i voti che Clinton ha guadagnato su Trump sono 82. A Jill Stein sono stati riassegnati 60 voti: considerando che per ottenere il riconteggio in Wisconsin il suo comitato elettorale ha dovuto pagare 3,5 milioni di dollari (quasi 3,3 milioni di euro), è come se Stein avesse speso più di 58mila dollari (quasi 55mila euro) per ogni voto che le è stato riconosciuto. Secondo la Commissione elettorale del Wisconsin, la maggior parte degli sbagli commessi durante il primo spoglio dei voti è stata fatta per errori umani. Per esempio nella contea di Marinette si è dovuto rifare lo spoglio a mano, perché agli elettori era stato dato un tipo di penna sbagliato e le macchine per il conteggio non erano riuscite a leggere 309 schede.

Perché non si riconteranno i voti in Michigan

Inizialmente un giudice federale, Mark Goldsmith, aveva autorizzato il riconteggio in Michigan, che Stein aveva il diritto di chiedere in quanto candidata alle elezioni. Trump in Michigan ha vinto per 10.700 voti. Il 7 dicembre però Goldsmith ha lasciato perdere, dopo che la corte d’appello dello stato ha detto che Stein non può ottenere il riconteggio, dato che è impossibile che abbia vinto in Michigan visto che ha ottenuto solo l’1,07 per cento dei voti. Secondo Stein questa decisione è basata su un’interpretazione distorta della legge: il semplice fatto di essere stata una dei candidati renderebbe la possibilità di ottenere il riconteggio un suo diritto costituzionale.

Nello spiegare la sua decisione, Goldsmith ha detto che le accuse del comitato elettorale di Stein – secondo cui ci sarebbero stati dei brogli nello spoglio dei voti – sono molto gravi, ma dato che non ci sono prove concrete che siano davvero avvenuti queste accuse non possono essere prese in considerazione. Goldsmith ha anche detto che mai prima d’ora è avvenuto un conteggio per verificare se ci siano stati o meno dei brogli.

Perché Jill Stein ha chiesto il riconteggio

Fox News e il Washington Post hanno sollevato dei dubbi sulla scelta dei tre stati dove Stein ha chiesto il riconteggio: dato che Stein ha detto di non averlo fatto per aiutare Clinton, perché chiederli proprio negli stati che hanno fatto perdere la candidata Democratica? Inizialmente Stein si era giustificata dicendo che aveva chiesto i riconteggi negli stati in cui c’era stato un piccolo margine di vittoria. Ma anche il New Hampshire, dove Clinton ha vinto con lo 0,4 per cento, e il Minnesota, dove Clinton ha vinto per l’1,5 per cento, rientrerebbero in questa categoria. A questo punto, dato che il Michigan non ha autorizzato il riconteggio dei suoi voti e in Wisconsin il riconteggio non sta cambiando le cose, è proprio impossibile che il risultato delle elezioni possa cambiare, com’era prevedibile fin dall’inizio.

«L’unica persona che ha la legittimità giuridica per chiedere il riconteggio in Michigan è Hillary Clinton. Invece che farsi avanti, si sta tirando indietro»

Stein ha anche lasciato intendere di essersi concentrata in quegli stati in cui il risultato elettorale è stato diverso da quello predetto dai sondaggi, dato che questo potrebbe indicare dei brogli; ma la differenza tra sondaggi e risultati è stata molto più significativa in Minnesota, Ohio e Indiana rispetto ad altri stati, e lì Stein non ha chiesto riconteggi. L’unica caratteristica che davvero lega Wisconsin, Michigan e Pennsylvania è che sono stati determinanti per far vincere Trump. Probabilmente anche per questa ragione è stato facile raccogliere fondi per finanziare i riconteggi: sarebbe stato più difficile per Stein ricevere sostegno per far ricontare i voti in New Hampshire, dove ha vinto Clinton, dato che le persone interessate ai riconteggi sono soprattutto elettori di Clinton (infatti Stein ha raccolto più soldi così che durante tutta la sua campagna elettorale).

Un’altra ragione addotta da Stein per giustificare le richieste di riconteggio sono le teorie di due gruppi di attivisti ed esperti di informatica, che hanno insistito perché Hillary Clinton chiedesse un riconteggio dei voti in Michigan e Wisconsin perché hanno notato che Clinton ha ottenuto un numero superiore di voti nelle contee in cui si votava con la scheda elettorale cartacea, rispetto a quelle in cui gli elettori votavano tramite una macchina elettronica. Secondo loro questo dato potrebbe indicare che i risultati dei posti in cui il voto è avvenuto per via elettronica sono stati manipolati. Ma non ci sono prove che questo sia davvero successo, ragion per cui il comitato elettorale di Clinton non ha presentato richieste di riconteggio: e quello scarto tra Trump e Clinton è simile allo scarto riscontrato altrove tra i seggi situati in città e quelli in provincia.

Trump aveva attaccato i Verdi definendo il riconteggio una «truffa» con cui Stein e il suo partito hanno raccolto soldi ingannando i propri elettori: secondo lui i soldi serviranno solo in parte per le spese per il riconteggio, e il resto sarà trattenuto dai Verdi. Trump non è l’unico ad aver sollevato dubbi sugli scopi della raccolta fondi di Stein. Nate Silver, il giornalista statistico fondatore e direttore di FiveThirtyEight, ha lasciato intendere di essere d’accordo con Trump su questo argomento. Alcuni hanno fatto notare che la campagna elettorale di Stein non restituirà i soldi raccolti per i riconteggi se questi non avverranno; su un comunicato del comitato è scritto vagamente che i soldi in esubero saranno usati per finanziare «l’impegno per garantire la correttezza nelle elezioni» e chiedere una riforma del sistema di voto.

«Non dico che la cosa di Stein sia una truffa, ma se fosse una truffa, sarebbe fatta così»

Di soldi in esubero ce ne saranno molti, sia perché il riconteggio in Michigan non avverrà sia perché probabilmente anche quello in Pennsylvania sarà bloccato. Inoltre le spese in Wisconsin si sono rivelate più basse di quanto preventivato da Stein. Con le richieste di riconteggio Stein ha ottenuto più del doppio dei soldi raccolti dal suo comitato elettorale per la campagna per le presidenziali: 7 milioni di dollari contro 3,5. Le persone che hanno fatto delle donazioni sono 137mila. La scelta degli stati in cui Stein ha chiesto i riconteggi insieme a questa affermazione sembra supportare l’ipotesi che lo scopo principale di Stein fosse raccogliere fondi per i Verdi e dar loro visibilità. Le regole della Commissione elettorale federale non vietano che quei soldi finiscano al partito: possono essere usati per campagne politiche separate.