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  • Martedì 6 dicembre 2016

È grazie a lei che avete letto Garcia Márquez

Giuliano Malatesta racconta su Studio chi era Carmen Balcells, l'agente letteraria che ha reso famosi gli scrittori sudamericani in Europa

Carmen Balcells, da "La cláusola Balcells" (RTVE)
Carmen Balcells, da "La cláusola Balcells" (RTVE)

Il 20 settembre 2015 è morta a Barcellona Carmen Balcells, la più famosa e importante agente letteraria di autori spagnoli e latinoamericani. Tra gli anni Sessanta e Settanta Balcells, soprannominata La Mamá Grande da Gabriel García Márquez, mise in contatto autori sudamericani e lettori europei e statunitensi. Negli anni rappresentò, tra gli altri, Pablo Neruda, Isabel Allende e Mario Vargas Llosa e, fino alla loro morte, Jorge Luis Borges e Roberto Bolaño. Nel maggio 2014 Balcells si accordò con il più famoso agente letterario americano, Andrew Wylie, per unire le rispettive agenzie, dato che Balcells non aveva eredi. Sul sito di Studio il giornalista Giuliano Malatesta fa un profilo di Balcells ispirato dal recente documentario sulla sua vita realizzato dalla rete televisiva spagnola RTVELa cláusula Balcells.

Mario Vargas Llosa arrivò per la prima volta a Barcellona in nave un sabato estivo del 1958, che non aveva ancora trent’anni. Partito da Lima in una cabina di terza classe, aveva fatto scalo a Rio de Janeiro e Lisbona e diciotto giorni dopo si era ritrovato, non appena oltrepassata la statua dedicata a Cristoforo Colombo, a passeggiare lungo la Rambla, con in mano il libro che più lo aveva emozionato durante la traversata: Omaggio alla Catalogna di Orwell. Si fermò in città una notte soltanto, prima di ripartire per Madrid. Ma una decina di anni più tardi, quando Barcellona aveva preso il posto di Buenos Aires come capitale letteraria dell’America Latina, lo scrittore peruviano decise che era il giunto il momento di fare ritorno in quella città «bellissima e turbolenta». Non sarebbe stato da solo.

Julio Cortazar all’epoca era di stanza a Parigi, ma andava frequentemente a Barcellona, alla affannosa ricerca di bar dove perdersi; Sergio Pitol arrivò in città nel 1969 con un treno proveniente da Belgrado e un lavoro come traduttore presso la raffinata casa editrice Seix Barral, del leggendario Carlos Barral. Anche José Donoso, sul finire dei Sessanta, fece il suo ingresso a Barcellona in nave, proveniente da Marbella, in compagnia della moglie Maria Pilar e della figlia adottiva Pilarcita, che in seguito scriverà cose spregevoli sul conto del padre. Ad attenderli in città trovarono un certo Gabriel García Márquez, che si era trasferito a Barcellona nel 1967, subito dopo aver pubblicato, in Argentina, il suo quinto romanzo, quel Cent’anni di solitudine che avrebbe esportato in tutto il globo il realismo magico e trasformato il romanziere colombiano nel principale esponente del boom letterario latino-americano. «Giovani scrittori di tutti i Paesi venivano a Barcellona con il sogno di trionfare», ricorda Mario Vargas Llosa, nel libro del giornalista spagnolo Xavi Ayén, Aquellos años del boom, «le case editrici permettevano di raggiungere un pubblico più ampio di quelle dei nostri Paesi d’origine, il clima era esaltante, il luogo mitologico, non c’è dubbio che il boom sia nato a Barcellona». La Madrid franchista, quel «pueblo a nord di Toledo», secondo la sprezzante definizione di Barral, era lontanissima.

Chi certamente approfittò di quella congiunzione astrale favorevole contribuendo in maniera determinante alla costruzione di uno dei più famosi fenomeni letterari del Novecento fu Carmen Balcells, una ragazza catalana che era nata in un minuscolo villaggio a nord di Barcellona, aveva studiato da perito commerciale e mai avrebbe immaginato di ritrovarsi, a metà degli anni Cinquanta, a iniziare il mestiere allora non così comune di agente letterario.

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