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  • Lunedì 5 dicembre 2016

In South Dakota hanno vinto i Sioux?

Il contestato oleodotto contro cui protestano da mesi cambierà percorso, ma la decisione potrebbe ancora essere rivista da Donald Trump

I festeggiamenti dopo l'annuncio che lo U.S. Army Corps of Engineers - la sezione dell'esercito statunitense che si occupa di ingegneria e progettazione - ha detto che non consentirà la costruzione del Dakota Access Pipeline, Cannon Ball, 4 dicembre 2016
(AP Photo/David Goldman)
I festeggiamenti dopo l'annuncio che lo U.S. Army Corps of Engineers - la sezione dell'esercito statunitense che si occupa di ingegneria e progettazione - ha detto che non consentirà la costruzione del Dakota Access Pipeline, Cannon Ball, 4 dicembre 2016 (AP Photo/David Goldman)

Domenica lo United States Army Corps of Engineers, la sezione dell’esercito americano specializzata in ingegneria e progettazione, ha annunciato che non autorizzerà gli scavi sotto il fiume Missouri necessari per completare la costruzione del Dakota Access Pipeline, un oleodotto di cui si è parlato molto negli ultimi mesi. Il Dakota Access Pipeline è un oleodotto sotterraneo e dovrebbe servire a portare il greggio dalla Bakken Formation – una zona al confine tra Montana e North Dakota, due stati degli Stati Uniti che confinano con il Canada – fino all’Illinois, attraversando il South Dakota e l’Iowa. Il problema è che l’oleodotto passa anche in mezzo a una riserva indiana abitata dai Sioux (la Standing Rock), i quali si sono opposti al progetto organizzando proteste e manifestazioni. Ora sembra che l’abbiano spuntata i Sioux: Jo-Ellen Darcy, che lavora per l’Army Corps Engineers, ha detto che «il modo migliore per completare quel lavoro responsabilmente è esplorare rotte alternative per l’oleodotto». Lunedì pomeriggio il transition team del presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump, cioè lo staff che si sta occupando degli affari politici e tecnici relativi alla successione con l’amministrazione di Obama, ha detto che Trump sostiene la costruzione dell’oleodotto, e che il progetto sarà esaminato dopo l’insediamento, che avverrà il prossimo 20 gennaio.

L’annuncio della deviazione nel percorso dell’oleodotto è stato accolto con grande entusiasmo dai Sioux di Standing Rock, che si sono detti «estremamente grati» verso l’amministrazione di Barack Obama: il governo americano, infatti, aveva già bloccato temporaneamente i lavori e metà novembre, negando i permessi per gli scavi sotto il Missouri. La decisione dell’Army Corps Engineers potrebbe però non essere definitiva, ha detto l’avvocato dei Sioux Jan Hasselman, visto che c’è la possibilità che si vada in appello. Un altro elemento di incertezza, rafforzato dopo le dichiarazioni di lunedì, è legato all’elezione di Trump, che – si è scoperto durante la campagna elettorale – aveva investito dai 500mila a un milione di dollari nella Energy Transfer Crude Oil, la società dietro al progetto. Il CEO della società aveva poi donato oltre 100mila dollari alla sua campagna elettorale e altri 67mila al Partito Repubblicano.

Le proteste della tribù Sioux di Standing Rock, che è riconosciuta dal governo federale statunitense, erano cominciate lo scorso aprile quando i suoi leader si erano lamentati di non essere stati consultati a sufficienza prima della decisione di autorizzare l’oleodotto. Alla protesta si erano poi unite altre tribù indiane – alcune delle quali rivali dei Sioux – e diverse organizzazioni ambientaliste, tra cui Greenpeace. Durante le primarie Democratiche anche Bernie Sanders, senatore del Vermont e principale rivale di Hillary Clinton, si era espresso contro il progetto. La scorsa estate l’accampamento dei manifestanti, chiamato “Sacred Stone”, era arrivato ad ospitare un migliaio di persone, ma la situazione era rimasta tutto sommato tranquilla fino ad ottobre, quando la polizia era intervenuta con arresti di massa e scontri con i manifestanti. A causa delle proteste, la costruzione dell’oleodotto – il cui completamento era previsto per il 2016 – era già stata ritardata e poi sospesa.