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  • Domenica 4 dicembre 2016

Tre anni dopo, cosa succede in Ucraina

Nel novembre 2013 iniziavano le manifestazioni contro il presidente filo-russo Yanukovych, e da allora è successo un po' di tutto, tra cui due invasioni e una guerra mai finita

Un uomo inginocchiato rende omaggio al monumento ai morti di Piazza Indipendenza a Kiev, nel terzo anniversario dall'inizio degli scontri il 21 novembre 2013 (Photo credit should read SERGEI SUPINSKY/AFP/Getty Images)
Un uomo inginocchiato rende omaggio al monumento ai morti di Piazza Indipendenza a Kiev, nel terzo anniversario dall'inizio degli scontri il 21 novembre 2013 (Photo credit should read SERGEI SUPINSKY/AFP/Getty Images)

Poco più di tre anni fa in piazza Indipendenza a Kiev, la capitale dell’Ucraina, iniziarono le proteste contro il presidente Viktor Yanukovych, accusato di voler rafforzare i rapporti politici e commerciali con la Russia a scapito delle aperture verso l’Unione Europea. Le proteste andarono avanti per mesi: ne seguì una crisi politica molto grave, Yanukovych scappò e poi successero cose completamente inaspettate. La Russia invase la Crimea e prese di fatto il controllo di alcuni territori in Ucraina orientale tramite l’azione di gruppi ribelli che ancora oggi stanno combattendo una guerra – anche se di bassa intensità – contro l’esercito ucraino. Per un certo periodo i giornali di tutto il mondo si occuparono di seguire gli eventi in Ucraina, anche per la loro potenziale portata internazionale: si cominciò a parlare di un atteggiamento sempre più aggressivo della Russia, contraria all’espansione della NATO verso est e desiderosa di ritrovare la potenza di un tempo. Poi l’attenzione internazionale cominciò a diminuire e oggi della crisi in Ucraina non parla quasi più nessuno. Ma la guerra non è finita e l’Ucraina continua ad avere una montagna di problemi ancora irrisolti, tra cui grandi difficoltà economiche e una diffusissima corruzione.

Cosa rimane della guerra in Ucraina orientale
Nell’Ucraina orientale esistono ancora la Repubblica Popolare di Luhansk e quella di Donetsk, le due entità proclamate dai ribelli filo-russi nell’aprile 2014. Quello che succede al loro interno non è facile da decifrare, anche perché l’accesso per i giornalisti a questi territori è molto limitato. A metà ottobre un importante comandante dei ribelli è stato ucciso a Donetsk da una bomba posizionata in un ascensore: il comandante si chiamava Arsen Pavlov, conosciuto anche con il nome di guerra “Motorola”, per la marca di walkie-talkie che preferiva. I funzionari ucraini hanno detto che Pavlov era stato ucciso dalle forze speciali russe che stavano mettendo in pratica un piano per liberarsi dei leader ribelli più imprevedibili e meno controllabili; i separatisti, invece, avevano dato la colpa agli ucraini. Dopo la morte di Pavlov, Aleksandr Zakharchenko, leader di uno dei gruppi separatisti di Donetsk, aveva detto che il governo ucraino avrebbe pagato per quello che aveva fatto.

Da mesi le tensioni tra separatisti filo-russi e governo ucraino si sommano alle incertezze del processo di pace, a cui stanno partecipando anche diversi paesi europei. Proprio pochi giorni dopo l’uccisione di Pavlov, i rappresentanti di Ucraina, Russia, Germania e Francia si sono incontrati a Berlino per fare il punto della situazione e trovare un modo di implementare gli accordi di Minsk, firmati nella capitale bielorussa nel 2014 ma da allora non ancora completamente attuati. Gli accordi di Minsk prevedevano la fine dei combattimenti, il ritiro di tutte le armi pesanti e l’introduzione di una nuova Costituzione entro la fine del 2015 che garantisse maggiori autonomie alle regioni controllate dai separatisti. A causa del parziale fallimento degli obiettivi stabiliti, nell’ultimo incontro a Berlino si è ridiscussa la realizzazione di “aree di disimpegno”, zone dalle quali le forze armate delle due fazioni dovranno arretrare, lasciando uno spazio libero di almeno due chilometri per due. Le aree verranno controllate da un dipartimento dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OCSE), di modo da monitorare costantemente la situazione e permettere alle popolazioni di attraversare questi territori in modo sicuro.

Le tensioni in Crimea
La situazione in Crimea, la penisola nel sud-est dell’Ucraina, è ancora piuttosto tesa: per esempio Russia e Ucraina si scontrano sporadicamente sui confini crimeani. In generale la Russia ha avviato un programma di intensa militarizzazione di tutto il territorio della Crimea: tempo fa Reuters scrisse che un segno di questo cambiamento era la trasformazione che avevano subìto i bunker sparsi sulle colline e usati dall’Unione Sovietica durante la Guerra fredda per sorvegliare i movimenti sul mar Nero. Da attrazioni turistiche piuttosto popolari, i bunker sono ridiventati di recente zone sotto il controllo del ministero della Difesa russo, all’interno delle quali non è più possibile entrare.

Ci sono stati poi altri episodi che hanno mostrato come la situazione non sia ancora del tutto tranquilla. La scorsa settimana, per esempio, i servizi segreti russi hanno detto di aver arrestato un gruppo di cittadini ucraini accusati di stare progettando un attacco terroristico nella città di Sebastopoli, in Crimea. Altre nove persone erano state arrestate ad agosto perché accusate di essere i terroristi che avevano ucciso un ufficiale dei servizi segreti e un soldato russi durante una sparatoria avvenuta sul lato russo del confine. Lo scorso 21 novembre, invece, ha iniziato a circolare la notizia dell’arresto di due soldati russi da parte dell’esercito ucraino, vicino al confine con la Crimea. Secondo i servizi di sicurezza ucraini, i due uomini erano in realtà soldati ucraini che avevano disertato e avevano iniziato a combattere per l’esercito russo dopo l’annessione della Crimea. Vasi Hrytsak, capo dei servizi di sicurezza ucraini, ha detto che i due uomini sarebbero stati fermati nella città Chongar, in territorio ucraino, e che verranno processati per tradimento e diserzione. Il ministero della Difesa russo sostiene invece che l’esercito ucraino abbia sequestrato i due uomini in Crimea e ha definito l’azione un atto provocatorio.

Come se la sta cavando il nuovo primo ministro
Il 14 aprile 2016 il parlamento ucraino ha nominato primo ministro Volodymyr Groysman del partito vicino al presidente Poroshenko. Groysman – che ha preso il posto di Arseniy Yatsenyuk, che a sua volta era stato in carica da febbraio 2014 fino allo scorso aprile, quando ha annunciato le sue dimissioni per via della crisi che da mesi colpiva il suo governo – ha trentotto anni ed è stato sindaco di Vinnytsia. Al momento della nomina, Groysman ha elencato la corruzione, il populismo e l’inefficienza statale come minacce paragonabili alla situazione di tensione nell’est del paese e tra le prime cose che ha deciso c’è stata la pubblicazione, in forma elettronica, dei patrimoni di centomila funzionari pubblici, tra i quali lo stesso presidente, i membri del gabinetto, alcuni magistrati e pubblici ministeri. A capo della squadra anticorruzione è stata nominata Anna Kalynchuk, di ventitré anni, laureata in giurisprudenza. Nell’ultimo mese sono state nominate diverse persone giovani a seguito delle dimissioni di altri politici, come il nuovo capo della polizia, o la nuova vice ministra dell’Interno.

Il presidente è sempre Petro Poroshenko, in carica da giugno 2014. Poroshenko è un importante imprenditore nel settore del cioccolato (per questo soprannominato il “re del cioccolato”) ed è stato l’unico oligarca a schierarsi fin dall’inizio con i manifestanti ucraini filo-europei. Intanto ancora oggi stanno proseguendo le indagini sulle uccisioni di oltre 100 manifestanti durante le proteste del 2013 in Piazza Indipendenza, per le quali l’ex presidente Yanukovych è stato sentito pochi giorni fa dalle autorità ucraine (la polizia ucraina fu accusata di avere risposto con grande violenza alle manifestazioni). Yanukovych vive in una città sconosciuta nel sud della Russia dal 2014, quando scappò dall’Ucraina, nel pieno delle proteste.