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  • Sabato 3 dicembre 2016

In Gambia è successa una cosa importante

Il presidente che governava in modo autoritario da 22 anni ha perso le elezioni e ha accettato la sconfitta: è un risultato storico, che crea un precedente edificante

(AP Photo/Jerome Delay)
(AP Photo/Jerome Delay)

L’1 dicembre in Gambia ci sono state le elezioni presidenziali: il presidente in carica Yahya Jammeh – che governa in maniera autoritaria dal colpo di stato del 1994, e da allora aveva vinto largamente tutte le elezioni – le ha perse e ha accettato la sconfitta. Il nuovo presidente è quindi Adama Barrow, un imprenditore di 51 anni sostenuto dai principali partiti di opposizione. Barrow ha ottenuto 263mila voti, il 45,5 di quelli totali. In queste ore in molti stanno sottolineando l’importanza pratica e simbolica della vittoria di Barrow, dato che Jammeh era considerato uno dei leader autoritari africani più saldamente al potere. Rukimini Callimachi, che prima di occuparsi di terrorismo per il New York Times ha lavorato come corrispondente in vari paesi africani, ha scritto su Twitter che per l’Africa l’elezione di Barrow sarà praticamente “un terremoto” politico.

Cos’è il Gambia

È il più piccolo stato dell’Africa continentale ed è nell’Africa occidentale: si sviluppa lungo l’omonimo fiume, completamente all’interno del territorio del Senegal. Gli abitanti sono poco meno di due milioni e la superficie dello stato è di circa 11mila chilometri quadrati (poco più di quella dell’Abruzzo). Nonostante il fiume Gambia solo un sesto del territorio è coltivabile e BBC ha spiegato che le maggiori fonti di guadagno sono i soldi spediti a casa dai gambiani all’estero e il turismo. Il Gambia ha ottenuto l’indipendenza dal Regno Unito nel 1965 ed è una repubblica presidenziale. Il 95 per cento della popolazione è musulmano. Il tasso di disoccupazione è intorno al 38 per cento – uno dei più alti di questa parte dell’Africa – e quasi un abitante su due vive sotto la soglia di povertà. Molti gambiani provano ogni anno ad emigrare in Europa ma le loro richieste di asilo vengono spesso respinte, dato che il Gambia è considerato più stabile di altri paesi.

Chi è Jammeh

Ha 51 anni (come Barrow), è nato a Kinali, al confine col Senegal, e riunisce in un’unica figura molti degli stereotipi sui leader autoritari africani: imprigiona e fa uccidere i propri oppositori, espelle i giornalisti stranierisostiene di avere poteri taumaturgici che guariscono dall’AIDS e dall’infertilità, ed è convinto di poter governare per un miliardo di anni (ha anche abolito il limite di mandati per la carica di presidente). Di recente ha proclamato il Gambia una “nazione islamica” e spiegato che le manifestazioni di piazza sono «una scorciatoia che viene usata per destabilizzare i governi africani». Da quando è presidente ha sempre vinto tutte le elezioni successive – alle ultime presidenziali del 2011 era stato rieletto col 71 per cento dei voti – ed è stato accusato dagli oppositori di repressione e di non permettere lo svolgimento di elezioni libere e democratiche. Nel 2011 disse alla BBC che avrebbe governato per «un miliardo di anni» e nell’ottobre del 2013 ha annunciato con un comunicato alla televisione di Stato l’uscita del paese dal Commonwealth, definendolo una istituzione neo-coloniale. Jammeh è già sopravvissuto a due tentativi di colpo di stato: nel 2006 e poi nel 2009.

«Il paese è nelle vostre mani»

In molti temevano che Jammeh avrebbe provato a truccare le elezioni – anche perché il sistema con cui votano in Gambia è tutt’altro che infallibile – oppure che non avrebbe accettato un’eventuale sconfitta. Di certo ha fatto di tutto per impedire che si svolgessero in un contesto pacifico: nei giorni precedenti il voto ha sospeso la connessione Internet del paese e schierato diversi soldati a Banjul, la capitale.

Al momento però sembra che la transizione di poteri sarà pacifica. In un discorso trasmesso la sera del 2 dicembre dalla tv di stato, Jammeh ha detto: «Vi avevo annunciato che non avrei messo in discussione i risultati elettorali, e li accetto». Il messaggio registrato terminava con le immagini di Jammeh che chiama Barrow e si congratula con lui, assicurandogli la sua collaborazione. Il New York Times ha scritto che non si sa dove si trovi ora Jammeh ed è probabile che abbia già lasciato il paese. In realtà non è ancora chiaro perché Jammeh abbia scelto di accettare la sconfitta: si sa solo che ha detto di voler «collaborare per la pace e la stabilità», perché senza di quelle «in Africa non si può ottenere niente». BBC ha scritto che Jammeh ha anche chiesto ai suoi collaboratori di organizzare un incontro con Barrow.

Dopo la vittoria di Barrow e il messaggio di Jammeh, Internet è stato ripristinato e molti gambiani hanno festeggiato per le strade.

Chi è il nuovo presidente

Adama Barrow un imprenditore che si occupa soprattutto di affari immobiliari. È nato nell’est del paese e si trasferì a Londra nei prima anni Duemila dove sembra che lavorò come guardia di sicurezza per un negozio. È tornato in Gambia nel 2006 per fondare la sua attività imprenditoriale, che ha ancora oggi. Il New York Times lo ha definito un «presidente per caso», perché è finito per essere il candidato dopo che altri membri del suo partito sono stati arrestati o dopo che sono morti in prigione. È musulmano ma viene descritto come tollerante verso i cristiani. In campagna elettorale ha detto che intende migliorare l’economia e la sanità, rendere gratuita l’educazione base e tornare a far rispettare i diritti umani. La sua principale capacità è stata far mettere d’accordo tutti i gruppi di opposizione a Jammeh. Diversi analisti hanno però spiegato che più che votare per lui molti elettori contro Jammeh.

Perché è una vittoria importante

Perché un piccolo stato – quindi più facile da governare tramite corruzione, brogli e violenze – è riuscito per la prima volta nella sua storia e in un’area piuttosto instabile a deporre in maniera democratica un leader autoritario. Dal 1965 a oggi in Gambia non c’era mai stato un voto considerato “regolare”: i governi del paese erano arrivati al potere o tramite colpi di stato, oppure con voti “sospetti”.

Quello del Gambia potrebbe rappresentare un nuovo esempio positivo per diversi altri paesi nella sua stessa condizione. Qualcosa di simile era già successo nel 2015 in Costa d’Avorio (che quell’anno ha avuto le sue prime elezioni “pacifiche”) e in Nigeria, (dove il partito d’opposizione ha vinto e la coalizione di maggioranza ha favorito un pacifico passaggio di potere). In molti altri stati centrafricani – come la Repubblica Democratica del Congo e il Gabon – questo non è ancora successo. In altri stati, tra cui il Camerun, continuano a rimanere al potere quelli che vengono definiti presidenti a vita.

In realtà non c’erano molte speranze riguardo al fatto che proprio il Gambia avrebbe potuto rappresentare un esempio positivo. La stessa Callimachi ha scritto: «Ho sperato a lungo che [una cosa del genere] succedesse in vari stati dell’Africa occidentale, ma nemmeno per una volta avevo pensato che sarebbe toccato al Gambia».