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  • Venerdì 2 dicembre 2016

Nove bufale sul referendum

Cose che avete sentito, ma che non sono proprio vere: dal mezzo miliardo di risparmi alla "deriva autoritaria", dalla "cessione di sovranità" ai referendum

(ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)
(ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)

Tra due giorni si voterà per il referendum Costituzionale del 4 dicembre e in rete, nei talk show e sui social network continuano a circolare moltissime notizie false che riguardano la riforma che sarà sottoposta al voto. Ne abbiamo scelte otto, tra quelle che sono vere e proprie bufale, e abbiamo cercato di spiegare bene che cos’è che non torna.

La riforma rischia di produrre una deriva autoritaria
È un argomento usato da alcuni sostenitori del “No”, soprattutto all’inizio della campagna elettorale, ma che è caduto successivamente in disuso: anche il gruppo di costituzionalisti che ha fondato uno dei principali comitati per il “No” ha esplicitamente escluso questo rischio. È un tema però che è ancora molto caro a Silvio Berlusconi, che a sua volta in passato è stato a lungo accusato di voler produrre una “deriva autoritaria” da altri che oggi come lui sono a favore del “No.” Berlusconi lo ha ripetuto molto negli ultimi giorni nonostante sia stato inizialmente favorevole alla nuova Costituzione e nonostante la sua riforma, quella del 2006, assegnasse molti più poteri al presidente del Consiglio rispetto a quella attuale. Lo stesso Berlusconi ha detto oggi al Foglio che se non fosse saltato il “patto del Nazareno” con l’elezione di Mattarella oggi Forza Italia sosterrebbe la riforma.

Di fatto, la riforma non cambia direttamente alcun potere del presidente del Consiglio. Togliere al Senato la possibilità di dare la fiducia renderà potenzialmente i governi più stabili e duraturi, e questo potrebbe influenzare indirettamente i poteri del governo, ma il presidente del Consiglio continuerà ad avere gli stessi limiti che politici come lo stesso Berlusconi hanno sempre denunciato. Per esempio, il presidente del Consiglio continuerà a non poter rimuovere ministri dal suo governo senza un voto parlamentare, né tantomeno potrà sciogliere le camere.

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