Gli americani di Robert Frank

Sono i protagonisti di uno dei libri che ha fatto la storia della fotografia del Novecento, ora in mostra a Milano

La copertina del libro Gli Americani, di Robert Frank
La copertina del libro Gli Americani, di Robert Frank

Fino al 19 febbraio 2017 la galleria Forma Meravigli di Milano ospiterà una mostra dedicata al libro The Americans (Gli Americani) di Robert Frank, definito dal New York Time Magazine “il più influente fotografo in vita”. The Americans è stato ed è tuttora uno dei progetti più importanti della storia della fotografia statunitense: raccoglie le foto scattate da Frank viaggiando in 48 stati a metà degli anni Cinquanta, con uno stile nuovo che cambiò il modo di vedere i reportage. Alla galleria Forma Meravigli di Milano verrà esposta la serie completa delle 83 fotografie che compongono il libro, che sarà anche acquistabile in un’edizione pubblicata da Contrasto.

Nel 1955 Frank, su incoraggiamento del suo maestro Walker Evans, chiese una borsa di studio alla Fondazione Guggenheim: la ottenne e utilizzò il denaro per realizzare The Americans. Tra il 1955 e il 1956, a bordo di una Ford Business Coupe, fotografò le strade, i volti, le piazze, i bar e i negozi di 48 stati degli Stati Uniti, scattando più di 27 mila fotografie. Raccolse le migliori 83 in un libro pubblicato prima in Francia, nel 1958, e l’anno dopo negli Stati Uniti, con una prefazione dello scrittore Jack Kerouac, di cui Frank fu molto amico (come di altri esponenti della Beat Generation). Kerouac scrisse:

«Quella folle sensazione in America, quando il sole picchia forte sulle strade e ti arriva la musica di un jukebox o quella di un funerale che passa. È questo che ha catturato Robert Frank nelle formidabili foto scattate durante il lungo viaggio in quarantotto stati su una vecchia macchina di seconda mano».

Robert Frank nacque a Zurigo, in Svizzera, nel 1924, ma si trasferì negli Stati Uniti nel 1947. Inizialmente lavorò come fotografo di moda per la rivista Harper’s Bazaar, poi come freelance. Già nel 1950 il fotografo e allora direttore del MoMA Edward Steichen incluse alcune sue fotografie nella mostra 51 American Photographers e poi nella celebre The Family of Man del 1955.

Lo stile di Frank era molto diverso da quello che si poteva vedere in quegli anni nelle riviste del settore, con ritratti sfocati e fotografie mosse e dai tagli apparentemente casuali, che divennero poi elementi distintivi di The Americans. Il fotografo Elliott Erwitt – della nota agenzia Magnum e di cui Frank fu anche amico per un periodo di tempo – ha spiegato che le immagini del tempo dovevano essere taglienti e tecnicamente impeccabili. Quelle di Robert Frank erano molto diverse: «era l’inizio di quel tipo di fotografia che faceva Robert: era apparentemente sciatta, ma solo apparentemente, e molto emozionante». Per questo motivo Frank fu rifiutato da Magnum (Robert Capa considerava le sue foto troppo orizzontali per le riviste verticali) e anche dalla rivista LIFE, la più autorevole per i fotografi americani (i suoi lavori erano troppo distanti dalle richieste di una narrazione lineare e immediata). Le foto di Frank erano faticose da leggere: «Lascio a voi la scelta – ha spiegato Frank in un lungo ritratto pubblicato dal New York Times Magazine – Le mie foto non hanno un inizio o una fine. Stanno nel mezzo».

Negli anni Sessanta Robert Frank abbandonò la fotografia per dedicarsi al cinema, dove non ebbe però lo stesso successo: il suo primo film, Pull My Daisy, diretto insieme al pittore Alfred Leslie, viene considerato quello che diede inizio al New American Cinema. Si riavvicinò alla fotografia negli anni Settanta, ma con uno stile molto diverso: usando collage, vecchie fotografie, fotogrammi, polaroid e incidendo direttamente il lato sensibile della pellicola. È di quel periodo il libro The Lines of My Hand, pubblicato nel 1972 e considerato da molti una sorta di racconto autobiografico per immagini vista la quantità di fotografie personali che contiene, in particolare del figlio Pablo.
La vita di Frank fu condizionata da due grandi tragedie famigliari: nel 1974 la figlia Andrea morì a vent’anni in un incidente aereo, nel 1994 il figlio Pablo si suicidò dopo aver passato molti anni in cliniche psichiatriche e case di cura, malato di cancro e schizofrenia. Pablo e Andrea erano i suoi unici figli, avuti con la prima moglie Mary, dalla quale si separò nel 1969. Subito dopo si mise con la pittrice e scultrice June Leaf, con cui si risposò e con cui vive tuttora a Manhattan.