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  • Lunedì 28 novembre 2016

La storia delle firme false del M5S continua

Ci sono nuovi indagati tra cui una deputata, mentre quelli che sono stati interrogati dai magistrati hanno scelto di non rispondere

ANSA/MIKE PALAZZOTTO
ANSA/MIKE PALAZZOTTO

Il numero degli indagati per la vicenda delle firme false a Palermo legata al Movimento 5 Stelle è salito a 13. Da settimane diversi attivisti ed eletti del partito sono accusati di aver falsificato alcuni moduli allo scopo di presentare le liste elettorali alle elezioni comunali di Palermo del 2012. Nei giorni scorsi erano stati posti sotto indagine, fra gli altri, anche i deputati Claudia Mannino e Riccardo Nuti. Da oggi si sa che sono indagati anche la deputata Giulia Di Vita, il marito di Mannino e il marito della deputata siciliana Loredana Lupo, Riccardo Ricciardi. Stamattina, inoltre, Nuti e Mannino sono stati interrogati dalla procura ma si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Quella di Palermo non è l’unica storia che riguarda le firme e il Movimento 5 Stelle: nei giorni scorsi quattro attivisti del Movimento 5 Stelle di Bologna sono stati posti sotto indagine dalla procura di Bologna con l’accusa di aver falsificato alcuni documenti presentati per le elezioni regionali del 2014.

La vicenda di Palermo è iniziata grazie ad alcuni servizi trasmessi in tv dalle Iene. Secondo le accuse, alcuni moduli per la raccolta delle firme presentati per le elezioni comunali di Palermo del 2012 – a cui il M5S candidò a sindaco Riccardo Nuti – contenevano firme falsificate, dato quelli che veri avevano difetti formali e i dati e le firme che contenevano erano stati copiati su nuovi moduli. Nei servizi successivi le Iene hanno intervistato alcune delle persone che avevano firmato i moduli “originali” in questione, che hanno riconosciuto come autentica la loro firma su alcuni moduli trovati dalle Iene – quindi mai depositati – e riconosciuto che la firma che compare sui moduli depositati fosse falsa. La procura di Palermo ha aperto un’inchiesta lo scorso l’11 ottobre. Circa un mese dopo la deputata regionale del Movimento 5 Stelle Claudia La Rocca si è presentata spontaneamente in procura confermando le accuse. Il 18 novembre il Movimento 5 Stelle ha chiesto alle persone indagate dalla Procura di Palermo di autosospendersi dal Movimento.

Sui giornali di oggi sono comparse diverse piccole novità sull’inchiesta. La prima è che un altro parlamentare regionale del M5S, Giorgio Ciaccio, ha parlato con i magistrati confermando la versione di La Rocca (e quindi le accuse contenute nei servizi delle Iene). Repubblica ha scritto inoltre che, parlando coi magistrati, Ciaccio ha espressamente fatto i nomi di Nuti e Mannino indicandoli come responsabili. Non è chiaro se Ciaccio sia formalmente indagato, ma già da qualche giorno si era capito che era coinvolto nella vicenda: il 20 novembre si era autosospeso dal Movimento 5 Stelle in seguito a un articolo di Repubblica in cui si ipotizzava che fosse indagato. Al momento fra l’altro, scrive LiveSicilia, La Rocca e Ciaccio sono gli unici due membri del Movimento 5 Stelle a essersi effettivamente autosospesi in seguito alla richiesta del loro partito.

Non è chiarissimo invece il coinvolgimento nella vicenda dei tre nuovi indagati: riguardo Ricciardi, il Corriere della Sera scrive che «sarebbe stato colui che materialmente ha consegnato la liste delle firme in comune». Prima di oggi, inoltre, il nome di Di Vita non era mai stato citato dai giornali.

Della vicenda si sta già parlando molto sui giornali italiani, ma la storia potrebbe ingrandirsi ulteriormente se fossero effettivamente confermate le accuse contro Nuti – che stando a Repubblica ha anche rifiutato di fornire un esempio della propria calligrafia ai magistrati – e Di Vita. Nuti è stato capogruppo alla Camera ed è spesso apparso in tv come rappresentante del Movimento. Di Vita è una delle parlamentari più attive sui social network: ha una pagina Facebook con 82mila “mi piace” e 39mila follower su Twitter.