La morte di Leonard Cohen

Era uno dei più stimati e amati cantautori della storia del rock, aveva 82 anni

(FABRICE COFFRINI/AFP/Getty Images)
(FABRICE COFFRINI/AFP/Getty Images)

Il cantautore canadese Leonard Cohen è morto lunedì 7 novembre a 82 anni. La notizia della morte di Leonard Cohen è arrivata dalla sua pagina ufficiale su Facebook, che ha annunciato un prossimo servizio funebre a Los Angeles. L’ultimo disco, You want it darker, era stato pubblicato appena venti giorni fa. Leonard Cohen era nato nel 1934 alla periferia di Montreal, Quebec, in una famiglia di origini ebraiche. Il padre morì quando lui aveva dieci anni. Cohen si era dedicato giovanissimo alla scrittura di versi e poesie: l’attività di poeta e scrittore l’avrebbe poi mantenuta tutta la vita parallelamente a quella di musicista. Con quest’ultima divenne famoso con una serie di dischi popolarissimi tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta soprattutto, ma il suo stile, la sua sapienza nella scrittura dei testi e la sua voce riconoscibilissima – che sarebbe diventata sempre più profonda col passare degli anni – gli conservarono tantissimi fan e l’apprezzamento della critica per tutta la vita e ancora fino all’ultimo disco.

Nel 1951 si iscrisse alla Mc Gill University di Montreal per studiare lettere, e poi, matematica, commercio, scienze politiche e legge. Negli anni Sessanta si trasferì a New York, e poi a Londra grazie a una borsa di studio. Un lungo articolo sul New Yorker racconta che in Inghilterra Cohen conduceva una vita da bohémien e che i suoi primi acquisti furono un impermeabile blu e una Olivetti da 40 sterline. Di pioggia e cieli grigi non ne poteva più. Un giorno, entrando in una banca, vide un uomo sorridente e abbronzato che era appena tornato dalla Grecia. Cohen decise che la Grecia era il posto dove voleva andare. Visitò Atene e poi si trasferì nell’isola di Idra, prima temporaneamente in affitto a quattordici dollari al mese e poi stabilmente, dopo aver comprato una casa per 1500 dollari grazie a una piccola eredità che aveva ricevuto. Fu qui che incontrò Marianne, la Marianne della canzone “So Long, Marianne”. Marianne era sposata con un famoso scrittore norvegese e aveva un figlio. I due divennero amici, amanti e poi si separarono. Cohen restò in Grecia per sette anni continuando a scrivere poesie e canzoni. Nel 1970 partecipò al festival dell’isola di Wight suonando davanti a 600 mila persone. Alla fine degli anni Ottanta si trasferì in California, a Los Angeles, vivendo per un periodo anche in un monastero buddista.

Tra le sue canzoni più celebri ci sono “Hallelujah” (che ricevette ulteriori notorietà da molte cover, prima tra tutte quella di Jeff Buckley), “Suzanne”, “Famous blue raincoat”, “Bird on a wire”, “Chelsea Hotel no. 2“. Alle sue grandezze come autore e musicista si associarono poi per tutta la sua carriera un fascino e uno stile eccezionali e adorati dal suo pubblico in tutto il mondo.

Secondo il necrologio di Rolling Stone “Cohen era l’eminenza grigia di un piccolo pantheon di cantautori estremamente influenti che emersero tra gli anni Sessanta e Settanta. Solo Bob Dylan esercitò un’influenza più profonda sulla sua generazione, e forse solo Paul Simon e la sua connazionale canadese Joni Mitchell lo eguagliarono come poeti della canzone”. Per il Washington Post “i suoi versi erano scritti con tale grazia e profondità emotiva che la sua capacità compositiva era ritenuta quasi sullo stesso livello di quella di Bob Dylan, anche dallo stesso Bob Dylan”.

Cohen aveva parlato dell’assegnazione del premio Nobel per la letteratura a Bob Dylan poche settimane fa durante un evento organizzato al consolato canadese a Los Angeles. Qualcuno gli aveva chiesto che cosa pensasse dei complimenti che gli aveva recentemente fatto Dylan, e che erano stati pubblicati in un lungo profilo dedicato a Cohen sul New Yorker. Cohen aveva detto che Dylan era stato molto generoso nei suoi confronti, e aveva aggiunto: «Non dirò nulla su quello che Dylan ha detto su di me, ma sul fatto che ha ricevuto il premio Nobel dirò che per me è come aver dato al monte Everest una medaglia per la montagna più alta del mondo». Durante l’evento al consolato canadese Cohen aveva anche detto che non era davvero «pronto a morire»: anzi, aveva intenzione di vivere fino a 120 anni.