“Knight of Cups”: forse un capolavoro, forse una gran noia

È il penultimo film di Terrence Malick ed è come gli altri suoi: ma stavolta sono più quelli che lo hanno detestato di quelli a cui è piaciuto

(Da "Knight of Cups")
(Da "Knight of Cups")

Terrence Malick è un regista particolare: è un tipo molto riservato (non si fa vedere in giro quasi mai, nemmeno ai festival) ed è uno che ci tiene a fare le cose per bene (dal 1973 a oggi ha diretto otto film in tutto). Il suo film più recente – che in Italia deve però ancora uscire – è Voyage of Time e Malick ci lavora da decenni: è un documentario-su-tutto e la sinossi dice che è «una celebrazione della vita e della grande storia del cosmo, che trasporta il pubblico in un vasto viaggio e al tempo stesso vicino e personale che attraversa gli eoni dal Big Bang fino alla l’età dei dinosauri al presente mondo umano… e non solo».

In Italia, come dicevamo, Voyage of Time deve ancora uscire. Il 9 novembre in alcuni (pochi) cinema italiani è invece uscito Knight of Cups, il penultimo film di Malick, che in gran parte del resto del mondo è uscito mesi fa. Knight of Cups racconta una storia decisamente più piccola di quella di Voyage of Time – parla di uno sceneggiatore depresso che più che altro vaga per Los Angeles e Las Vegas incontrando donne e cercando se stesso – ma il film è comunque ambizioso, complicato e per certi spettatori forse respingente. Come spesso è capitato per altri film di Malick (La sottile linea rossa, The New World, The Tree of Life e To the Wonder) molti spettatori l’hanno trovato noioso e anche tra i critici ci sono opinioni diversi: qualcuno lo trova presuntuoso, qualcun altro lo ritiene stupendo e geniale. Di questa categoria fa parte anche Roger Ebert, probabilmente il critico di cinema più famoso di sempre: nel 2011 disse che Malick era «uno dei pochi registi i cui film non sono mai meno che capolavori».

Knight of Cups vuol dire “il cavaliere di coppe” e il nome deriva da quello di una carta dei tarocchi: per farla breve, quando esce rivolta verso l’alto rappresenta cambiamento e ottime prospettive, soprattutto amorose; quando è rivolta verso il basso rappresenta inaffidabilità, inganno, promesse non realizzate. Il film è diviso in otto capitoli, i primi sette prendono il nome da altri tarocchi.

Il protagonista di Knight of Cups è Rick, interpretato da Christian Bale, e nel cast ci sono anche Cate Blanchett, Natalie Portman, Antonio Banderas, Isabel Lucas e Freida Pinto. Nessuno di loro aveva letto la sceneggiatura prima di girare il film: Malick dava loro indicazioni su cosa dire e fare scena dopo scena, per non far sapere loro di cosa parlava il film. Altre volte Malick ha anche fatto entrare in scena, senza preavviso, un ulteriore attore inizialmente non previsto, per costringere gli altri a improvvisare. Le riprese del film sono finite nell’estate 2012; il film è stato presentato al festival di Berlino nel 2015: per montarlo ci sono voluti più di due anni. Oltre a essere un film di Malick, Knight of Cups è anche – forse più che in altri casi – un film del direttore della fotografia: Emmanuel Lubezki, che ha vinto l’Oscar per la Miglior fotografia negli ultimi tre anni, per The Revenant, Birdman e Gravity. 

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Su IMDb il voto medio di Knight of Cups è 5,7 e anche su Rotten Tomatoes il film non ha raggiunto la sufficienza. La sintesi delle recensioni fatta dal sito è: «In Knight of Cups Malick scava ancora più a fondo nell’immaginario pittorico che ha esplorato nei suoi ultimi film, ma persino i fan più sfegatati potrebbero fare fatica con la quasi inesistente trama». Justin Chang di Variety ha scritto che il film è «imperfetto ma affascinante» ma che è comunque una «corrosiva critica all’edonismo di Hollywood». Todd McCarthy ha scritto su Hollywood Reporter che Knight of Cups riesce a «far capire bene le relazioni umane» ma alla fine «si prova un certo tedio». Matt Zoller Seitz ha invece scritto su RogerEbert.com che «nessuno fa più film come questo, non a questo livello» e la «sua assoluta libertà crea dipendenza», ma ha ammesso che «per la maggior parte degli spettatori il film potrebbe essere intollerabile e impenetrabile». Qualcuno ha paragonato Knight of Cups a 8 1/2 di Fellini: un film altrettanto strano e difficile, che è però considerato dalla maggior parte dei critici uno dei migliori film di sempre.

Su The Playlist, Jessica Klang ha fatto un commento più tecnico, criticando l’eccessivo uso di dialoghi fatti da personaggi non inquadrati (una cosa che va contro i principi del cinema classico) e che ci sono troppi monologhi filosofeggianti che si confondono e si sovrappongono con altre parole, con il silenzio e con la musica di sottofondo. Una delle peggiori recensioni l’ha invece fatta Peter Bradshaw, il più importante critico del Guardian: «Ci sono momenti di brillantezza visiva, momenti di riverenza e pure di grandezza. Malick è sempre Malick, e tutto quello che fa merita interesse. Ma il suo stile è ormai stagnante e sta diventando manierismo, cliché e auto-parodia». Il film non è piaciuto un granché nemmeno a Peter Travers, che su Rolling Stone ha scritto:

Visto che Malick non dà neanche un indizio di trama, sta a noi trarre le conclusioni. Questa è la mia: dopo due ore passate a osservare dei ricchi che non godono dei loro privilegi, vorrei prenderli a sberle con le carte dei tarocchi che Malick usa per dividere i capitoli. Tutti i film sull’alienazione devono essere alienanti? Andate a fare due passi e pensateci. C’è una linea che divide l’artistico e l’artistoide, e Malick l’ha sorpassata.

Uno a cui Knight of Cups è piaciuto davvero molto è Richard Brody, che sul New Yorker ha scritto: «Forse nessun film nella storia del cinema segue l’andamento della memoria così profondamente, appassionatamente e fiduciosamente come Knight of Cups. È un instant classic in vari generi – la confessione, il dietro le quinte di Hollywood, il dramma dantesco della mezza età, la riflessione religiosa, il melodramma famigliare, il sogno erotico – poiché la storia del protagonista, come quella di molte persone, è un insieme intrecciato di varie vite che non si sovrappongono ma sono inseparabili le une dalle altre». Secondo Brody, «nel suo tono di confessione spiazzante, Knight of Cups parla di quel tipo di film che i registi fanno quando riescono a essere onesti sulla loro esperienza e, allo stesso tempo, è quel tipo di film».