Chi sono Tizio, Caio e Sempronio

Ammesso che si possa rispondere a questa domanda (se sono qualcuno, non sono Tizio, Caio e Sempronio), chi è stato il primo a usarli?

L'Imperatore Giustiniano in particolare dei mosaici di San Vitale a Ravenna (ANSA)
L'Imperatore Giustiniano in particolare dei mosaici di San Vitale a Ravenna (ANSA)

Siamo abituati a utilizzare i nomi Tizio, Caio e Sempronio – sia nelle conversazioni che per iscritto – quando vogliamo riferirci a tre persone ipotetiche: peraltro sempre tre, e tutte insieme. Tizio, Caio e Sempronio sono dei nomi veri però, e soltanto a un certo punto, siccome erano diventati nomi comuni, qualcuno cominciò a utilizzarli con il significato che gli attribuiamo adesso.

Stando a quello che scrive Francesca Sboarina nel testo La lingua di due quotidiani veronesi del secondo Ottocento, l’espressione “Tizio, Caio e Sempronio” è apparsa per la prima volta nel 1867 sul quotidiano L’Adige. Usare nomi fittizi a scopo esemplificativo è però una pratica molto più antica, diffusa soprattutto nell’ambiente giuridico. Presi singolarmente, infatti, i tre nomi si trovano frequentemente nei testi giuridici antichi; l’uso del terzetto Tizio, Caio e Sempronio invece è comunemente fatto risalire al Dodicesimo secolo, come invenzione del “giureconsulto” Irnerio. In quel periodo era attiva la cosiddetta “Scuola di Bologna”, un gruppo di giuristi e studiosi che analizzava il Corpus iuris civilis, la raccolta di leggi messa insieme dall’imperatore bizantino Giustiniano I nel Sesto secolo d.C. All’interno della Scuola di Bologna operavano i cosiddetti giureconsulti: esperti di diritto che analizzando il Corpus sapevano dare pareri su questioni pratiche, o che si dedicavano al suo insegnamento: e tra questi Irnerio, che fu il primo a scrivere in latino Titius et Gaius et Sempronius.

La formula latina presenta due differenze rispetto a quella italiana: c’è una e di congiunzione in più e un nome leggermente diverso (Gaius che per noi è diventato Caio). Per questa ragione il professor Yorick Gomez Gane dell’Università della Calabria ha formulato una teoria leggermente alternativa, sull’esistenza cioè di un anello di congiunzione intermedio tra la formula latina utilizzata da Irnerio e quella in italiano. Questo viene individuato in un testo giuridico del 1673, Il dottor volgare di Giovanni Battista De Luca, edito a Roma in 15 libri e nel quale la formula Tizio, Caio e Sempronio appare esattamente in questo modo.

Quanto ai singoli nomi, le origini latine sono diverse. Essendo però la triade uno strumento pratico utilizzato dai giuristi, come una sorte di codice condiviso, i nomi che la compongono sono stati scelti perché abbastanza comuni per l’epoca e facilmente evocabili nella memoria degli addetti ai lavori. Sempronius sembra quello più antico: è presente già nel Digesto, uno dei volumi di cui era composto il Corpus iuris civilis di Giustiniano. L’origine di Gaius (diventato poi Caio) viene ricondotta alla sua grande diffusione come prenome latino, ma era anche il nome di un famoso giureconsulto della Scuola di Bologna. Il più famoso e utilizzato, Titius, diventato nell’uso comune un sinonimo di “tale“, pare invece essere un’invenzione dello stesso Irnerio. Un quarto nome, Mevius (in italiano Mevio), compare quando per esigenze esemplificative si dovevano elencare quattro persone; ed esistono anche un quinto, Filano, e un sesto, Calpurnio.

L’utilizzo di una triade di nomi generici è diffuso anche in altri paesi, ma i singoli nomi sono molto diversi da quelli che utilizziamo in italiano. In inglese si dice Tom, Dick e Harry: l’origine di questo gruppo è sconosciuta, ma si tratta di nomi che erano molto diffusi in epoca elisabettiana. La triade è comparsa per la prima volta nel 1657 negli scritti di John Owen, un teologo di Oxford.
Pierre, Paul e Jaques sono i nomi che vengono utilizzati in Francia, probabilmente per via dei tre apostoli. Nella triade utilizzata in lingua araba, spagnola e portoghese ci sono delle somiglianze, dovute alla dominazione araba della penisola iberica. L’equivalente di “Tizio” in queste lingue è l’arabo Fulan, diventato poi Fulano sia in spagnolo che in portoghese, e che in tutti e tre i casi è tradotto in italiano con “tale“. Traslitterata, la triade araba è Fulàn, ‘Illàn e Tirtàn; in portoghese Fulano, Beltrano e Sicrano, mentre in spagnolo i nomi sono quattro Fulano, Zutano, Mengano e Perengano.

Dato che questi nomi esistono davvero, in teoria è possibile che qualcuno si chiami o si sia chiamato davvero Tizio, Caio o Sempronio. Per sapere quanto un nome sia diffuso in Italia, l’Istat mette a disposizione sul suo sito un “contatore dei nomi per anno di nascita”, che permette di ottenere una risposta incompleta. Bisogna inserire il nome e il sesso al quale il nome corrisponde, dopodiché il contatore rileva il numero di persone che si chiamano in quel modo e sono nate tra il 2003 e il 2014, senza fornire alcun riscontro quando stima che il dato sia inferiore a 5. Il sito non riconosce Tizio e Sempronio come nomi, cosa che lascia pensare che in Italia non ce ne siano; Caio invece compare, ma negli undici anni presi in esame sembra sia stato assegnato a un numero di persone imprecisato e comunque minore di 5.