Le pillole per diventare più intelligenti

Che cosa sono i nootropi, le sostanze per aumentare le capacità del proprio cervello e come funzionano, se funzionano

Una scena del film Limitless del 2011 con Bradley Cooper nel ruolo di Eddie Morra
Una scena del film Limitless del 2011 con Bradley Cooper nel ruolo di Eddie Morra

Nel film Limitless (2011), Eddie Morra è un scrittore newyorkese in profonda crisi: è stato mollato dalla fidanzata e da tempo non riesce a mettere insieme nemmeno una riga per il nuovo romanzo che ha in progetto. Gli viene proposto di prendere una pillola sperimentale e acquisisce di colpo capacità mentali senza precedenti, quasi sovrumane: diventa un genio. Le cose per Morra poi si complicano di nuovo (come in tutti i film dove c’è qualcosa di nuovo e all’apparenza incredibilmente efficace), ma l’idea di una pillola che rende superintelligenti ha contribuito a rendere nuovamente popolari i nootropi (“smart drugs”), le sostanze che dovrebbero aumentare le nostre capacità cognitive. Il loro mercato è in espansione, con un giro di affari globale che solo nel 2015 ha superato il miliardo di dollari. Nella Silicon Valley sono nate startup per sviluppare nootropi di nuova generazione, ma nonostante il grande interesse e i milioni spesi dagli investitori, a oggi ci sono ancora poche evidenze scientifiche per dire con certezza se una pillola per potenziare le capacità mentali funzioni veramente.

Da dove arrivano i nootropi
La parola nootropo fu utilizzata per la prima volta tra gli anni Sessanta e Settanta dal chimico e psicologo romeno Corneliu E. Giurgea, che aveva dedicato studi alla ricerca di sostanze per stimolare la mente umana e aumentarne le capacità cognitive. “Nootropo” deriva dalle parole greche “noos” (mente) e “tropein” (modificare, cambiare). Una sostanza viene definita in questo modo se aumenta il rilascio di neurotrasmettori, enzimi e ormoni, l’apporto di ossigeno al cervello e la crescita di alcune parti del sistema nervoso. Nel corso degli anni sono state dedicate diverse ricerche scientifiche ai nootropi, che in alcuni casi hanno rilevato qualche beneficio, anche se nel complesso gli effetti segnalati non sono stati ancora verificati in modo esteso e attendibile dalla ricerca medica.

Integratori e farmaci
Ci sono sostanzialmente due classi di nootropi, anche se sono molto diffusi prodotti con caratteristiche intermedie e che attingono da entrambe le categorie. La prima è quella degli integratori e dei prodotti naturali: contengono estratti di erbe, legumi, cortecce e di alimenti con nutrienti che teoricamente favoriscono l’attività cerebrale. Questi prodotti sono venduti in farmacia senza prescrizione medica e sempre più spesso nei supermercati e nelle erboristerie, o direttamente online da alcune aziende specializzate. La loro efficacia è messa in dubbio perché di fatto offrono nutrienti che possono essere assunti con una normale alimentazione, a patto che sia varia ed equilibrata.

La seconda classe di nootropi è composta da farmaci veri e propri, spesso già in commercio e per precisi scopi, per esempio alleviare gli effetti di malattie degenerative come l’Alzheimer e il Parkinson, o per trattare i deficit di attenzione o altre condizioni cliniche come l’ipossia, la mancanza di ossigeno nelle cellule. Un loro utilizzo a basse dosi può avere qualche effetto nelle persone sane, ma la loro prescrizione per scopi diversi dal trattare una specifica patologia è da tempo tema di dibattito in ambito medico, soprattutto perché i farmaci utilizzati portano effetti collaterali di vario tipo e il rischio di sviluppare una dipendenza.

Piracetam
È il nootropo più conosciuto e usato, nonché il primo a essere stato identificato come tale da Giurgea e i suoi colleghi. È un colinergico, una sostanza che influisce su un neurotrasmettitore che si chiama acetilcolina, e di conseguenza sulle parti del cervello in cui è attiva. L’acetilcolina svolge un ruolo importante nei processi cognitivi, dal calcolo al pensiero astratto alla creatività, e influenza anche la memorizzazione delle cose. In linea teorica, garantendo un livello costante di questo neurotrasmettitore si possono estendere le capacità cerebrali, contrastando il normale decadimento di questo componente. Come quasi tutte le altre sostanze che fanno funzionare il nostro organismo, la prima fonte per produrre neurotrasmettitori in quantità adeguate è l’alimentazione: la teoria che ne consegue è che si possano assumere sostanze per dare un sostegno migliore ai neutrostramettitori, anche negli individui sani e senza patologie mentali.

Il piracetam ha effetti su diversi neurotrasmettiori e fa aumentare il metabolismo delle cellule cerebrali, secondo alcuni studi velocizzando la trasmissione stessa delle informazioni nel cervello. È utilizzato per alleviare gli effetti dell’Alzheimer, della demenza e della dislessia, mentre non è ancora chiaro se abbia effetti nei disordini dell’attenzione nei bambini affetti da ADHD, la sindrome da deficit di attenzione e iperattività.

Negli Stati Uniti, il piracetam è venduto da diverse aziende farmaceutiche e la sua commercializzazione è libera, mentre in Europa per poterlo utilizzare è necessario presentarsi in farmacia con una prescrizione del proprio medico. Come tutti i farmaci, può portare a numerosi effetti indesiderati comuni e meno comuni dopo l’assunzione: nervosismo, depressione, sonnolenza e ipotensione. Il sovradosaggio è pericoloso e lo stesso dosaggio per chi vuole provare a migliorare le proprie capacità cognitive deve essere calibrato con attenzione: quello dei neurotrasmettitori è un equilibrio molto delicato e si devono evitare scompensi eccessivi. Un eccesso di acetilcolina, per esempio, porta all’effetto opposto e a una temporanea riduzione delle capacità mentali.

Amfetamine
Le amfetamine sono utilizzate in medicina da decenni con diversi scopi, soprattutto per il loro effetto di soppressione dell’appetito (utile nelle diete per persone con gravi problemi di obesità) e per trattare disturbi mentali, come il deficit di attenzione e iperattività o la narcolessia. Viene utilizzata, in modo illecito e con gravi rischi per la salute, come sostanza stupefacente e per il doping. A dosaggi bassi e sotto il controllo del medico, le amfetamine sono talvolta prescritte per migliorare le capacità di concentrazione e la memoria. Questa pratica non è molto diffusa in Europa, mentre è affermata negli Stati Uniti, dove però sono periodicamente sollevate perplessità e obiezioni nella comunità scientifica sull’opportunità di somministrare eccitanti di questo tipo negli adulti sani.

Uno dei farmaci più usati per migliorare le capacità cognitive è l’Adderall, una combinazione di due coppie di entità molecolari (enantiomeri) dell’amfetamina – che innescano un aumento dell’attività dei neurotrasmettitori norefrina e dopamina – e di alcuni sali minerali. L’uso primario del farmaco è per i disordini dell’attenzione e la narcolessia, ma molti medici lo prescrivono ai loro pazienti che vogliono migliorare la concentrazione. È un farmaco assunto tipicamente dagli studenti, dai manager e da chi fa lavori di concetto.

Un’analisi del 2015 sui test clinici condotti finora sull’Adderall ha messo in evidenza effetti limitati, ma riscontrabili, negli adulti sani che lo assumono a basse dosi: miglioramenti della memoria e dell’attenzione, incremento delle capacità cognitive. Studi sull’autovalutazione delle prestazioni degli studenti in alcuni college statunitensi hanno portato a conclusioni simili, in studi precedenti, rilevando un aumento nella capacità di mandare a memoria informazioni, e di ricordarle con più precisione nel medio periodo.

Come tutti gli psicofarmaci, l’Adderall e gli altri medicinali che si basano sulle amfetamine devono essere assunti con grande cautela, e sotto il controllo del proprio medico. Sono sconsigliati nei pazienti con dipendenza da farmaci e droghe, in chi ha problemi di ansia o malattie cardiache. Le amfetamine comportano numerosi effetti indesiderati e a dosi eccessive hanno l’effetto contrario, riducono le capacità cognitive.

Altre sostanze
Le sostanze che hanno un effetto diretto sull’attività cerebrale sono innumerevoli, quindi l’elenco potrebbe andare avanti a lungo. La cocaina contribuisce a un aumento della concentrazione e della lucidità, ma ha effetti collaterali molto gravi e provoca dipendenza, e lo stesso vale per la nicotina con alti tassi di dipendenza. La caffeina è lo stimolante più usato al mondo e ha una riconosciuta funzione psicoattiva, che contribuisce a migliorare la concentrazione. Ha però il difetto di ridurre e ostacolare la memorizzazione e di avere tempi di permanenza nell’organismo piuttosto ridotti, se confrontati con altre sostanze. I meccanismi di molte di queste sostanze sono conosciuti solo in parte e a oggi non sono state prodotte ricerche sufficienti per dire, con certezza e in quali misure, se contribuiscano effettivamente a migliorare nel medio-lungo periodo le capacità cognitive di chi le assume. Il caffè è tra le bevande più diffuse al mondo, ma non sembra avere reso la specie umana più intelligente, forse un filo più nervosa.

Le startup dei nootropi
Mentre in Europa l’utilizzo dei nootropi è ancora molto ridotto, o limitato all’assunzione degli integratori alimentari, negli Stati Uniti il loro impiego è più diffuso, complici la possibilità di assumerne alcune versioni senza ricetta medica. Negli ultimi anni nella Silicon Valley sono nate diverse startup che stanno applicando a questo settore le logiche applicate finora alla ricerca, sviluppo e vendita dei prodotti tecnologici. Anche se ha ancora pochi clienti, Nootroo è tra le startup più attive nel settore e di recente l’Atlantic ha dedicato un lungo articolo a Eric Matzner, il suo fondatore di appena 28 anni e con piani molto ambiziosi. Per capire quali siano le sue intenzioni basta leggere la frase scritta in grande sulla homepage del sito della sua azienda, una citazione di Giurgea: “L’uomo non attenderà passivamente che passino milioni di anni per avere un cervello migliore grazie all’evoluzione”.

Matzner è convinto di essere sulla strada giusta per trovare una pillola che si avvicina a quella di Limitless, ma senza gli inconvenienti annessi. Nootroo vende già un trattamento: due pillole, una con “formula oro” e l’altra con “formula argento”, da prendere ogni giorni alternandole. Secondo la startup, con il tempo permettono di migliorare l’attenzione, la memoria e le funzioni cognitive. Un mese di trattamento costa intorno ai 55 dollari, se si decide di attivare una sorta di abbonamento per ricevere mensilmente un nuovo barattolo. Le pillole oro contengono il “noopept”, una sostanza sviluppata in Russia che secondo Nootroo aiuta a sviluppare la memoria, mentre quelle argento contengono fenilpiracetam, uno stretto parente del piracetam.

All’Atlantic, Matzner ha raccontato di avere iniziato come molti altri con basse dosi di amfetamine per mantenere alta l’attenzione, ma di essersi accorto dopo un po’ di tempo che questa sostanza e altri psicotropi non gli davano ciò di cui aveva davvero bisogno: imparare le cose più velocemente. Passò al piracetam notando qualche beneficio in più, inducendolo ad approfondire le sue conoscenze sul tema. Le ricette usate oggi nelle sue pillole sono derivate da un’analisi su tutta la documentazione trovata nei paper scentifici online sui nootropi di vario tipo, e sui loro effetti (dove riscontrabili). Nootroo esiste dal 2014 e per ora ha solo qualche migliaio di clienti, che però sono fedeli abbonati al rifornimento mensile di pillole. Matzner dice che il numero di clienti sta aumentando del 20 per cento su base mensile.

A differenza di altre startup e di aziende che vendono nootropi già da tempo, Nootroo non definisce mai i suoi prodotti “integratori alimentari”, ma sostanze a “scopo di ricerca per le neuroscienze”. In questo modo la pillole possono contenere fenilpiracetam e altre sostanze senza avere problemi con la Food and Drug Administration, l’ente che regolamenta la diffusione dei farmaci negli Stati Uniti.

Funzionano?
A oggi gli studi sui nootropi e i loro effetti sono limitati e non ci sono molti elementi per affermare con certezza quali diano i migliori benefici e in quanto tempo. Le reazioni chimiche che fanno funzionare il cervello sono innumerevoli, integrate tra loro e mantenute da equilibri piuttosto variabili a seconda delle circostanze e dei compiti da svolgere. Basta pensare agli psicofarmaci sviluppati finora per trattare la depressione e altri disturbi neurologici: medici e ricercatori conoscono gli effetti ma in moltissimi casi ignorano con precisione i meccanismi che li rendono possibili. Una sostanza stimolante ed eccitante può funzionare in un individuo ed essere del tutto inutile in un altro, a parità di trattamento. Gli studi in questo settore sono inoltre complicati dall’effetto placebo, per il quale se ci si convince che una sostanza sta facendo aumentare la concentrazione, anche se è solo una limonata, l’autosuggestione è tale da influire sulla propria resa. Le variabili sono molte e tali da non potere dire con certezza che un nootropo stia funzionando, sulla base delle attuali conoscenze.

Mi servono?
Oltre a essere consapevoli del loro effetto soggettivo, prima di ricorrere ai nootropi (soprattutto se di sintesi) ci si deve chiedere se si sta avendo sufficiente cura del proprio corpo, e di conseguenza del cervello. Un adulto sano, che fa moderata attività fisica, dorme un numero adeguato di ore (7-8) e ha una dieta varia a sufficienza dà già le risorse necessarie alla sua mente per funzionare bene, al meglio delle sue capacità. Non esiste una pillola che rende più intelligenti o dei fenomeni a ricordare le cose, così come non esiste un solo alimento che migliora le capacità cognitive: è l’insieme dei vari nutrienti a favorire l’attività del sistema nervoso. L’uso di integratori può essere utile in momenti di particolare stress, per chi ha notato benefici di qualche tipo, reali o frutto di autosuggestione. Per le altre sostanze ci si deve rivolgere al proprio medico curante, che probabilmente consiglierà di ricorrere lo stesso a integratori e di cambiare qualche stile di vita, lasciando come ultima soluzione la prescrizione di farmaci, per quanto a bassi dosaggi.

E non è vero che usiamo solo il 10 per cento del nostro cervello, ma questa è un’altra storia.