Lo spot di Ferrero sui suoi prodotti e l’olio di palma

È la prima pubblicità in cui affronta il dibattito degli ultimi mesi sul grasso vegetale, e la demonizzazione che ne è seguita

Ferrero ha prodotto un nuovo spot nel quale promuove la qualità dei suoi prodotti, alcuni dei quali contengono olio di palma, un grasso naturale molto impiegato nell’industria alimentare e ultimamente al centro di un ampio dibattito in Italia sulla sua sicurezza. Lo spot di Ferrero – una delle più grandi aziende dolciarie del mondo con sede e stabilimento principale ad Alba in provincia di Cuneo (Piemonte) – è stato realizzato con la collaborazione dei dipendenti che mostrano con quali criteri si selezionano le materie prime per la preparazione dei prodotti, compresi i frutti della palma da olio. Dalla loro spremitura e raffinazione si ottiene un grasso vegetale, che ha diverse caratteristiche in comune con il burro, un altro grasso saturo, ma con il vantaggio di essere insapore e quindi più adatto al suo impiego nella produzione dei dolciumi e più in generale dei prodotti da forno. L’olio di palma è un ingrediente fondamentale della Nutella, il prodotto di Ferrero più conosciuto, e per questo l’azienda ha avviato una serie di iniziative di informazione sulle sue caratteristiche, per contrastare la campagna di demonizzazione di questo olio vegetale soprattutto nel nostro paese. Preoccupate delle insicurezze di chi è meno informato, alcune aziende come Barilla hanno iniziato a promuovere i loro prodotti dicendo esplicitamente che non contengono olio di palma.

L’olio di palma fa male?
Il tema è dibattuto da anni e a oggi non ci sono in letteratura scientifica indicazioni per dire che l’olio di palma faccia male in assoluto. Questo naturalmente non significa che se ne può mangiare in grandi quantità: è un grasso saturo, va consumato con moderazione come già facciamo con il burro. Un abuso di grassi saturi può aumentare il rischio cardiovascolare, ma il problema è appunto l’eccesso e non il tipo di grasso saturo ingerito. Molti nutrizionisti consigliano di non assumere più del 10 per cento di calorie derivanti da questi grassi ogni giorno, proprio per consentire all’organismo di smaltirli correttamente. Anche se il tema è molto dibattuto tra i ricercatori, alcuni studi hanno evidenziato che chi consuma molto olio di palma tende ad avere livelli più alti di colesterolo nel sangue, ma non è stato rilevato un aumento del colesterolo cattivo.
I detrattori sostengono che l’olio di palma contribuisca all’obesità, proprio perché viene impiegato per la produzione di merendine e altri prodotti da forno consumati dai bambini. In realtà finora nessuna ricerca scientifica ha dimostrato con certezza una correlazione tra il consumo di olio di palma e questa patologia. Il rischio di diventare obesi dipende soprattutto dalle quantità di dolciumi e altri prodotti da forno consumati, non necessariamente dal tipo di grasso utilizzato per l’impasto. La torta della nonna con una montagna di burro da questo punto di vista può fare tanti danni quanto un dolce con olio di palma confezionato, se consumata in quantità eccessive rispetto alle necessità del bambino. Lo stesso vale per il cancro e il diabete: a oggi non sono stati prodotti studi convincenti per avvalorare la tesi secondo cui un consumo normale di olio di palma aumenti il rischio per queste malattie.

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L’olio di palma e il cancro
La recente pubblicazione da parte dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) di un rapporto sulla presenza di contaminanti in alcuni tipi di oli vegetali, ha portato a nuove polemiche e preoccupazioni circa l’utilizzo dell’olio di palma negli alimenti, e alla diffusione di notizie approssimative e allarmistiche sul fatto che il suo consumo possa causare il cancro. Mentre il ministero della Salute italiano ha chiesto chiarimenti all’EFSA, la catena di supermercati Coop ha annunciato di avere sospeso la produzione e la vendita dei suoi prodotti che utilizzano olio di palma, come hanno già fatto altri produttori in passato, talvolta più per motivi di marketing che altro.

L’EFSA negli ultimi anni ha svolto numerosi studi e analisi sulle ricerche disponibili in letteratura scientifica sui cosiddetti “contaminanti da processo”, sostanze che si formano durante la lavorazione delle margarine e degli oli vegetali quando si utilizzano alte temperature per raffinarli. Al termine del processo di raffinazione, questo gruppo di molecole indesiderato rimane all’interno del grasso vegetale lavorato e finisce quindi negli alimenti in cui viene utilizzato, dalle merendine ai vari prodotti da forno, passando per le patatine fritte. L’EFSA ha studiato la questione per comprendere il livello di esposizione dei consumatori, che le assumono attraverso l’alimentazione.

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