La trattativa nel PD

Come procede il complicato negoziato tra maggioranza e minoranza per decidere come cambiare l'Italicum (e come fidarsi gli uni degli altri)

(ANSA/ANGELO CARCONI)
(ANSA/ANGELO CARCONI)

Da due settimane è in corso dentro il Partito Democratico (PD) un’importante trattativa su come modificare la legge elettorale, cioè quella che stabilisce in che modo trasformare i voti espressi dagli elettori in seggi parlamentari. Una parte della minoranza del partito, guidata dal deputato Gianni Cuperlo, chiede che l’Italicum – la legge attualmente in vigore, ma solo per la Camera – sia cambiata in senso più rappresentativo e proporzionale, diminuendo il numero di parlamentari eletti con le liste bloccate e l’entità del premio di maggioranza. La maggioranza, e il segretario Matteo Renzi, si dicono da tempo disponibili a cambiare la legge, ma non hanno ancora detto quali sono per loro i punti irrinunciabili.

Dall’esito della trattativa dipende se il PD arriverà più unito di così al referendum costituzionale del 4 dicembre, oppure se una parte più o meno consistente della minoranza voterà No. Da mesi, infatti, la minoranza del partito chiede che l’Italicum venga modificato e minaccia di votare No al referendum in caso contrario. La preoccupazione di molti di loro sembra essere il famoso “combinato disposto“, cioè il fatto che in caso di approvazione della riforma costituzionale, l’Italicum permetterebbe a una forza politica con un consenso relativamente basso di ottenere la maggioranza assoluta nell’unica camera che dà la fiducia al governo (nello scontro attuale, comunque, sono anche presenti ragioni di tattica politica e reciproche antipatie personali).

La conseguenza di un eventuale fallimento della trattativa non sembra essere il rischio di una scissione del partito (i leader della minoranza hanno già detto che resteranno nel PD in ogni caso). Piuttosto, il pericolo è che all’interno del PD si apra una nuova e ancor più profonda lacerazione che, come in altri casi passati, causi un ulteriore calo di consensi; senza contare che renderebbe più lontana la vittoria del Sì al referendum e quindi metterebbe in pericolo la sopravvivenza del governo e la carriera del suo presidente Matteo Renzi.

Dalla scorsa estate – e in particolare dopo la sconfitta alle elezioni amministrative di giugno – la maggioranza del PD e lo stesso Renzi hanno aperto alla possibilità di modificare la legge elettorale, ma fino alla direzione nazionale dello scorso 10 ottobre (quando Renzi ha proposto di iniziare la trattativa in corso in questi giorni) non c’erano stati passi concreti. Una parte della minoranza, e in particolare gli esponenti del partito vicini all’ex segretario Pierluigi Bersani, hanno criticato molto questa lunga attesa, al punto che negli scorsi giorni in diversi hanno detto che è oramai troppo tardi e che, qualunque sia l’esito della trattativa, voteranno No al referendum. Martedì sera, ospite della trasmissione tv Otto e mezzo, lo stesso Bersani è stato più disponibile, anche se è rimasto molto critico della lentezza con cui la maggioranza ha concretamente aperto alle modifiche.

Nella pratica, la trattativa si sta svolgendo all’interno di una commissione che si è riunita per la prima volta lo scorso 20 ottobre. Della commissione fanno parte il presidente del PD Matteo Orfini, il vicesegretario Lorenzo Guerini, i capigruppo di Camera e Senato Ettore Rosato e Luigi Zanda, e Gianni Cuperlo, come rappresentante della minoranza del partito. La commissione dovrebbe riunirsi per una seconda volta nei prossimi giorni.

Bersani ha detto che il successo della commissione dipenderà dalla possibilità di trovare un accordo sui punti tecnici della legge (maggiore rappresentatività e proporzionalità) ma anche dal tipo di impegno per modificare l’Italicum che la maggioranza sarà disposta a prendere. Il referendum, infatti, è troppo vicino per riuscire ad approvare una nuova legge elettorale prima del 4 dicembre, e sembra altrettanto difficile riuscire a presentare un testo in Parlamento e iniziarne la discussione. La strada per ricucire la situazione nel PD, quindi, è molto stretta. La commissione dovrà raggiungere rapidamente un accordo sui punti tecnici, ottenere un qualche tipo di assenso sulla bozza da parte di altre forze parlamentari (il PD da solo non ha i numeri per modificare l’Italicum al Senato) e impegnarsi a portare avanti le modifiche proposte in maniera sufficientemente chiara da soddisfare le richieste della minoranza, che teme che una promessa troppo vaga potrebbe essere tradita dopo il referendum.