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  • Giovedì 20 ottobre 2016

La morte della donna di Catania incinta di due gemelli

Se ne parla molto sui giornali perché i familiari hanno accusato un medico di non aver praticato un aborto che forse poteva salvarla

L'ospedale Cannizzaro di Catania (Ansa)
L'ospedale Cannizzaro di Catania (Ansa)

Il 16 ottobre una donna di 32 anni, Valentina Milluzzo, è morta all’ospedale Cannizzaro di Catania: era stata ricoverata il 29 settembre, incinta di due gemelli, un maschio e una femmina, per una complicazione legata alla gravidanza. Il Mattino, che come quasi tutti i giornali italiani si è occupato della vicenda negli ultimi giorni, scrive che al momento del ricovero Milluzzo era alla diciannovesima settimana di gravidanza, ottenuta grazie alla procreazione assistita eseguita in un’altra struttura sanitaria. La situazione clinica di Milluzzo si è aggravata il 15 ottobre fino a quando i feti sono morti; alle ore 14 del giorno successivo anche Milluzzo è morta, a causa di una grave sepsi, cioè un’infezione.

Il marito della donna, Francesco Castro, ha presentato una denuncia alla procura di Catania perché pensa che sia stato commesso un errore da parte del personale sanitario del Cannizzaro: secondo i famigliari un medico obiettore di coscienza si sarebbe rifiutato di intervenire per salvaguardare la salute della donna anche quando già era chiaro che i feti sarebbero probabilmente morti in un aborto spontaneo. Sulla morte della donna è stato aperto un fascicolo d’inchiesta, il ministero della Salute ha inviato degli ispettori e il funerale di Milluzzo, che avrebbe già dovuto svolgersi a Palagonia, il paese della provincia di Catania in cui la donna viveva, è stato posticipato per effettuare un’autopsia per stabilire le causa della morte.

I maggiori quotidiani – Repubblica, Corriere della Sera e Stampa – e l’agenzia di stampa Ansa riportano la dichiarazione dell’avvocato della famiglia di Milluzzo, Salvatore Catania Milluzzo, su quanto scritto nella denuncia:

«La signora al quinto mese di gravidanza era stata ricoverata il 29 settembre per una dilatazione dell’utero anticipata [normalmente l’utero inizia a dilatarsi prima del parto, alla fine dei nove mesi di gravidanza, ndr]. Per 15 giorni va tutto bene. Dal 15 ottobre mattina la situazione precipita. Ha la febbre alta che è curata con antipiretico [un farmaco per far scendere la febbre, come il paracetamolo o l’acido acetilsalicilico, ndr]. Ha dei collassi e dolori lancinanti. Lei ha la temperatura corporea a 34 gradi e la pressione arteriosa bassa. Dai controlli emerge che uno dei feti respira male e che bisognerebbe intervenire, ma il medico di turno, mi dicono i familiari presenti, si sarebbe rifiutato perché obiettore di coscienza: “fino a che è vivo io non intervengo”, avrebbe detto loro. Quando il cuore cessa di battere viene estratto il feto e mostrato morto ai familiari. Due di loro possono avvicinare la donna che urla dal dolore e grida continuamente “aiuto”. Viene eseguita una seconda ecografia e anche il secondo feto mostra delle difficoltà respiratorie. E anche il quel caso il medico avrebbe ribadito che lo avrebbe fatto espellere soltanto dopo che il cuore avesse cessato di battere perché lui era un obiettore di coscienza».

La ricostruzione dell’avvocato non è del tutto corretta dal punto di vista medico dato che nella placenta un feto di cinque mesi non respira: i medici possono verificare che i feti stiano male facendo ecografie e tocografie, che permettono di vedere l’attività dei cuori dei feti e scoprire se c’è una diminuzione dei loro movimenti. Un’altra frase dell’avvocato riportata dal Corriere fa capire che nel caso di Valentina Milluzzo, è stata un’ecografia a mostrare i problemi ai feti. Il Corriere riporta anche un’altra dichiarazione di Catania Milluzzo: «Noi non siamo dei medici ma adesso chiediamo alla magistratura di stabilire se esiste un nesso di causa tra il comportamento del medico obiettore che non interviene e l’infezione che ha ucciso la partoriente».

Il primario di Ginecologia dell’ospedale Cannizzaro Paolo Scollo, che è anche presidente della Società Italiana di Ostetricia e Ginecologia, ha detto al Corriere della Sera: «Nel mio reparto i medici sono tutti obiettori e quando è il caso vengono fatti intervenire specialisti esterni. Ma qui siamo di fronte a un aborto spontaneo, non era necessario alcun aiuto esterno; dunque riteniamo che non ci sia stata negligenza da parte del dottore che anzi molto tempestivamente ha fatto eseguire un esame con il quale è stata rivelata la presenza della sepsi». A Repubblica Scollo ha detto: «Non esiste l’obiezione di coscienza in un aborto spontaneo, la signora prima ha abortito e poi è stata male. E nessuno dei miei medici ha mai pronunciato quelle parole. È tutto falso».

Maurizio Bini, direttore del centro di riproduzione assistita e del servizio di sessuologia e adeguamento di genere dell’ospedale Niguarda di Milano, ha spiegato al Post che la legge 194 del 22 maggio 1978 che regola come si eseguono gli aborti in Italia non riguarda i casi in cui la vita della donna incinta sia in pericolo. Anche il personale obiettore di coscienza è obbligato a intervenire se la donna rischia di morire, a prescindere dallo stadio di avanzamento della gravidanza. Un’altra cosa di cui tenere conto, e su cui è probabile che saranno fatti degli accertamenti, è se Milluzzo fosse stata bene informata sulla sua situazione medica quando ancora non c’era il pericolo di morte ma già la situazione stava peggiorando: Bini ha spiegato al Post che in circostanze analoghe a quella di Milluzzo i medici sono tenuti a informare la donna che l’articolo 6 della 194 dice che la gravidanza può essere interrotta anche dopo la tredicesima settimana «quando la gravidanza o il parto comportano un grave pericolo per la vita della donna». Non è chiaro se Milluzzo fosse stata informata di questa cosa e da questo potrebbe dipendere un’eventuale colpa dei medici. Come ha spiegato Bini le gravidanze gemellari – come lo era quella di Milluzzo – sono sei volte più rischiose di quelle normali, e per quelle ottenute tramite la procreazione assistita il rischio è quattro volte più alto.

L’inchiesta della procura di Catania è stata affidata al procuratore aggiunto Carmelo Zuccaro e al sostituto procuratore Fabio Saponara. A indagare sull’accaduto andranno anche degli gli ispettori del ministero della Salute e altri dell’assessorato regionale alla Sanità. Dai primi esami sulla cartella clinica di Milluzzo non risulta che il medico citato dalla famiglia avesse detto di essere obiettore di coscienza.