C’è un importante accordo sui gas serra

In Ruanda oltre 150 paesi hanno deciso di limitare gli idrofluorocarburi: cosa sono e perché l'accordo è stato definito “storico”

Muri di condizionatori fuori dagli uffici di un palazzo a Fuzhou, in Cina il 15 agosto 2011 (ChinaFotoPress/Getty Images)
Muri di condizionatori fuori dagli uffici di un palazzo a Fuzhou, in Cina il 15 agosto 2011 (ChinaFotoPress/Getty Images)

Più di 150 paesi hanno raggiunto un importante accordo per eliminare gradualmente l’utilizzo degli idrofluorocarburi, tra i gas che più contribuiscono all’effetto serra. Il segretario di Stato americano John Kerry ha descritto l’accordo come “monumentale”, e molti osservatori hanno sostenuto sia un traguardo “storico” per la tutela dell’ambiente. L’accordo è stato raggiunto nel corso della conferenza di Kigali, in Ruanda, dove si è svolto il ventottesimo incontro dei paesi che hanno firmato il Protocollo di Montréal, l’accordo del 1987 con cui vennero vietati la produzione e l’uso delle sostanze che causavano il buco nell’ozono, i clorofluorocarburi, all’epoca impiegati comunemente nei frigoriferi e nelle bombolette spray.

Negli anni tutti i paesi membri delle Nazioni Unite hanno ratificato il Protocollo di Montréal, facendolo diventare il primo trattato firmato da tutti paesi dell’ONU. Con l’incontro di Kigali i firmatari hanno inserito delle aggiunte al Protocollo di Montréal che stabiliscono come iniziare a eliminare anche gli idrofluorocarburi, con cui erano stati inizialmente sostituiti i clorofluorocarburi.

Qual è il problema con gli idrofluorocarburi
L’anidride carbonica non è l’unico gas che, se emesso in quantità eccessive, provoca un aumento dell’effetto serra, e quindi il riscaldamento della Terra. Ad esempio c’è il metano prodotto dall’allevamento degli animali e gli idrofluorocarburi che servono per far funzionare gli impianti di aria condizionata, i frigoriferi e le bombolette da cui escono sostanze in schiuma. A differenza dei clorofluorocarburi, gli idrofluorocarburi non danneggiano l’ozonosfera, cioè lo strato di ozono che si trova nella stratosfera terrestre, il cui assottigliamento negli anni passati ha provocato il passaggio di una quantità eccessiva di raggi ultravioletti del Sole nell’atmosfera terrestre.

Proprio per questo i paesi firmatari del Protocollo di Montréal avevano sostituito l’uso dei clorofluorocarburi con quello degli idrofluorocarburi. Nel frattempo, però, gli idrofluorocarburi sono diventati il terzo tipo di gas maggiormente responsabile del riscaldamento dell’atmosfera attraverso l’effetto serra, dopo anidride carbonica e metano. I gas come idrofluorocarburi e clorofluorocarburi sono ritenuti responsabili dell’8 per cento del totale dell’impatto umano sul riscaldamento globale.

Perché è un accordo importante
Nei giorni precedenti all’accordo, esperti e giornalisti avevano scritto che le trattative sarebbero state molto difficili. Limitare la produzione e l’utilizzo degli idrofluorocarburi, infatti, rischia di rendere troppo costoso l’utilizzo dell’aria condizionata per milioni di persone che vivono in paesi in via di sviluppo, come l’India. L’impatto di una riduzione nell’uso di questi gas, però, potrebbe essere molto significativo. Secondo i promotori della conferenza, l’accordo porterà a una riduzione del riscaldamento globale di 0,5 gradi centigradi entro la fine del secolo. Il sito Vox aveva scritto che «la posta in palio è incredibilmente alta per una conferenza così poco conosciuta».

Cosa c’è nell’accordo
Nel documento approvato a Kigali è prevista una riduzione della produzione e dell’uso degli idrofluorocarburi divisa in tre fasi. La prima riguarderà i paesi sviluppati, come Stati Uniti ed Europa, che entro il 2019 dovranno raggiungere una riduzione del 10 per cento nelle emissioni di questi gas. La seconda fase riguarderà invece paesi in via di sviluppo, come Cina e i paesi del Sud America, che dovranno tagliare le emissioni a partire dal 2024 (la Cina comincerà a diminuire la produzione a partire dal 2029). La terza fase riguarda invece India, Pakistan, Iran, Iraq e i paesi del Golfo, che inizieranno a ridurre l’uso dei gas a partire dal 2028.

Secondo i critici, però, proprio le concessioni fatte ad India e Cina hanno depotenziato l’accordo. «Ci siamo avvicinati all’obbiettivo di ridurre il cambiamento climatico di 0,5 gradi, ma non siamo ancora arrivati», ha detto Paula Tejon Carbajal, una dirigente di Greenpeace. Secondo i suoi promotori, l’accordo di Kigali è stato costruito sulle fondamenta messe dall’accordo di Parigi dello scorso dicembre, in cui 195 paesi si sono impegnati a ridurre le emissioni inquinanti a partire dal prossimo novembre. Il successo nell’eliminazione dei clorofluorocarburi, sostengono, fa ben sperare per quello dell’accordo di Kigali. Durwood Zaelke, membro dell’Institute for Government and Sustainable Development, una ONG canadese tra i più attivi promotori dell’accordo, ha detto che sarà il mercato a fornire alternative economiche all’uso degli idrofluorocarburi a paesi come India e Cina.