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  • Giovedì 13 ottobre 2016

Contro Bob Dylan

Abbiamo scoperto un pezzo del 2004 del direttore del Post, che ci aveva provato davvero a capirlo, Dylan, ma niente

(Adam Bettcher/Getty Images)
(Adam Bettcher/Getty Images)

È il giorno in cui tutti celebrano Bob Dylan, la cui grandezza è stata riconosciuta nientemeno che dal Nobel per la Letteratura. Ma al Post è emerso un articolo del peraltro direttore che sarebbe vile tacere, pubblicato sul supplemento Musica di Repubblica il 24 giugno 2004, in cui lo stesso direttore confessava una propria diffidenza nei confronti dei superlativi dedicati a Dylan da parte dei suoi grandi fans (con riferimento esplicito a Carlo Feltrinelli). Richiesto di un commento dodici anni dopo, il direttore ha dichiarato “confermo tutto, imbarazzo e playlist compresa”.

Ora, lo dico con tranquillità, che tanto non ho un romanzo nel cassetto. Io non ho mai capito Bob Dylan. E quando tanti dicono che Bob Dylan è il più grande di sempre, e gli fanno pure i corsi universitari (glieli fanno da anni, ciclicamente, ma ogni volta facciamo finta che sia una notizia), e tu non capisci perché, non è che puoi dire: siete dei cretini, Bob Dylan non è poi quel granché. È un po’ il concetto di quello che vede uno che viene contromano in autostrada, e poi un altro, e poi un altro… 50,000,000 Bob Dylan Fans Can’t Be Wrong, come diceva quello.

Quindi dev’essere un limite mio (spero che stiate apprezzando le precauzioni con cui cerco di evitare che si ripeta il fenomeno per cui quando scrissi che Yesterday era noiosa, mi trovai per settimane delle teste di cavallo mozzate sotto le lenzuola). Quindi sono io che sono cretino. Bene. Adesso, cerchiamo di analizzare per ragioni mediche i sintomi della mia cretineria.

Primo sintomo: penso che non esista un solo disco di Dylan in cui non compaia almeno un paio di canzoni mediocri. Secondo sintomo: possiedo sei cd di Bob Dylan, in Infidels ci sono tre canzoni che mi piacciono, “You belong to me” la trovo dolcissima, “It ain’t me”, “Lay lady lay” e “The man in me” sono molto belle e “Like a rolling stone” è una delle più grandi canzoni della storia; però penso che “Like a rolling stone” sia l’unica grande canzone della storia scritta da Bob Dylan, e che il rapporto tra la sua overproduzione e le canzoni notevoli sia altissimo, tipo venti contro uno. Terzo sintomo: vabbè la rivolta, vabbè il Sessantotto, vabbè la novità del tempo, vabbè che la risposta è nel vento (che poi se ne potrebbe parlare). Ma ora che due palle. Quarto sintomo: e qui rischio – ma sono cretino io, ricordatevelo – dicendo che secondo me la creatività musicale di Bob Dylan è, da zero a dieci, sei. Certo, lui è un poeta, e le parole, e la voce, e il mito, e il maestro e figuriamoci. Basta mettersi d’accordo sul fatto che all’inventiva musicale e melodica non dico Peter Gabriel, non dico gli Smiths, ma persino i Dire Straits hanno dato di più.

Sono un caso grave, dottore? Io ci ho provato a uscirne, a capire. Sono stato ai concerti, ho ascoltato attentamente ogni singolo disco che i critici unanimi celebravano come l’ennesimo capolavoro (come si chiamava l’ultimo? E il penultimo?). Una volta ho scritto pure che “come icone viventi del Ventesimo secolo restano solo Giovanni Paolo e Bob Dylan”. Però non lo capisco. Certo, se avessi avuto un romanzo nel cassetto non l’avrei scritta, questa cosa. Che ora Carlo Feltrinelli mi toglierà il saluto.