I tormenti di un padre il cui figlio non vota Clinton

Siegmund Ginzberg ne scrive su Repubblica, sfiorato dal dubbio se tradire la fiducia di suo figlio e votare Clinton al posto suo

(Justin Sullivan/Getty Images)
(Justin Sullivan/Getty Images)

Siegmund Ginzberg è un giornalista di 68 anni che ha lavorato molto come inviato per l’Unità in diversi posti del mondo, poi ha scritto per il Foglio e ora collabora con Repubblica, dove mercoledì ha pubblicato un racconto delle proprie riflessioni e rapporti con la scelta di suo figlio – che vive a Londra ma ha la cittadinanza statunitense – di non votare Hillary Clinton, pur sdegnando Trump.

Mio figlio non voterà per Hillary Clinton. Sono sorpreso. È registrato come elettore democratico. In America gli elettori registrano la propria scelta di campo, a prescindere da per chi voteranno. Lui ha sempre votato per i democratici. Nelle ultime due presidenziali per Obama. Alle primarie si era pronunciato per Bernie Sanders. Sanders a conclusione della convention di Philadelfia aveva calorosamente appoggiato la candidatura Clinton: «Non possiamo far vincere Trump». Ma evidentemente anche in America non bastano più le indicazioni di voto per convincere gli elettori. Ma come, tu che non voteresti mai per Trump, non voti per Hillary a rischio di far vincere Trump?
“No non rischio: a New York Trump comunque non vince (in ogni Stato tutti i “grandi elettori” vanno a chi ha avuto più voti, e lo Stato di New York è tra quelli sicuri). Per chi voti allora? Per il candidato verde, o per quello libertarian. Insomma, il voto lo butti via pur di non darlo a Hillary? Ti sta così antipatica? Risposta: Trump presidente sarebbe terribile per l’America. Ma Hillary potrebbe essere terribile per il mondo.

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