Cosa pensa Maroni del referendum contro i lavoratori stranieri nel Canton Ticino

Ha detto che è «un’operazione di politica interna dettata non da esigenze di sicurezza ma di “pancia”» e che «senza i nostri lavoratori l’economia ticinese andrebbe in crisi»

(Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)
(Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)

Roberto Maroni, presidente della Lombardia e dirigente della Lega Nord, è stato intervistato oggi da Libero e ha parlato di diverse questioni di attualità politica, dal referendum costituzionale al futuro del centrodestra. Le prime domande del giornalista Matteo Mion sono state tuttavia sul referendum di fine settembre con cui il Canton Ticino ha deciso una riforma della costituzione cantonale affinché venga introdotto un principio per cui in caso di assunzioni lavorative venga data la priorità ai cittadini svizzeri rispetto agli stranieri, che nel caso del Canton Ticino sono per la maggior parte italiani che si spostano ogni giorno in Svizzera per lavorare, i cosiddetti “frontalieri”. Maroni, che fa parte della Lega Nord ed è molto contrario all’immigrazione, ha detto che il referendum è stato voluto non per esigenze reali ma per questioni “di pancia” e che comunque non crede che verrà mai applicato.

Governatore, il Canton Ticino vuole rimandare a casa 60mila lombardi con un referendum contro i frontalieri…
Premesso che qualsiasi referendum merita sempre rispetto perché è sintomo di democrazia, l’esito della consultazione del Canton Ticino non avrà effetto immediato. Vedo un’operazione di politica interna dettata non da esigenze di sicurezza ma di “pancia”, più che un vero e proprio attacco ai nostri frontalieri. Senza i nostri lavoratori l’economia ticinese andrebbe in crisi. Ricordo che due anni fa l’intera Svizzera tenne un identico referendum il cui esito non fu mai applicato.