La missione di Rosetta è compiuta

Oggi la sonda dell'ESA si è posata sulla cometa 67P, alla fine di un viaggio di 7,9 miliardi di chilometri durato 12 anni: non si farà mai più sentire

di Emanuele Menietti – @emenietti

Dopo avere girato intorno alla cometa 67P per 786 giorni, oggi la sonda Rosetta dell’Agenzia Spaziale Europea ha compiuto l’ultima manovra per l’evento definitivo della sua missione: posarsi sulla superficie della sua compagna di viaggio. Il contatto è avvenuto alle 12:39 (ora italiana, confermato alle 13:19) a quasi 720 milioni di chilometri dalla Terra, dopo un viaggio interplanetario che ha tenuto impegnata Rosetta per 12 anni, 6 mesi e 28 giorni con una distanza percorsa di oltre 7,9 miliardi di chilometri. Ora che è finita, possiamo dire che la missione dell’ESA è stata un successo: ha permesso di raccogliere informazioni sulle caratteristiche delle comete e sul modo in cui cambiano quando si avvicinano al Sole, senza contare l’impresa senza precedenti di fare atterrare il lander Philae sulla sua superficie, una cosa mai provata prima nella storia delle esplorazioni spaziali con un atterraggio controllato. I dati raccolti da Rosetta terranno impegnati per molti anni i ricercatori, che studiano le comete per comprendere meglio come si è formato ed evoluto il nostro Sistema solare, cercando anche indizi su come si svilupparono le prime forme di vita sulla Terra.

Fine
La decisione di terminare la missione è stata presa dai ricercatori dell’ESA dopo lunghe considerazioni sui costi e i benefici di estendere a oltranza le attività della sonda. Nel suo viaggio intorno alla cometa 67P, Rosetta stava continuando ad allontanarsi dal Sole attraverso l’orbita di Giove, a una distanza tale da non avere la possibilità di raccogliere luce a sufficienza con i suoi pannelli solari per alimentare i suoi sistemi di bordo. Le cose si sarebbero complicate ulteriormente a ottobre, quando a causa di una congiunzione solare il Sole si sarebbe trovato in mezzo tra la Terra e Rosetta con la sua cometa, riducendo notevolmente le possibilità di comunicare con la sonda e di ricevere nuovi dati. Rosetta aveva inoltre viaggiato nello Spazio per più di 12 anni, trascorrendone due intorno a una cometa che emette di continuo frammenti di ghiaccio, polveri e gas che hanno messo a dura prova i suoi sistemi. Un tempo così lungo nello Spazio interplanetario fa invecchiare rapidamente le sonde e l’ESA ha ritenuto che a breve Rosetta non avrebbe più potuto fornire dati e informazioni utili per proseguire lo studio delle comete.

Nelle ore precedenti al contatto, i tecnici della missione hanno inviato a Rosetta le istruzioni per eseguire una serie di manovre necessarie per sganciarla dalla sua orbita intorno a 67P, rendendo possibile una traiettoria a spirale per farla avvicinare sempre di più alla cometa. Il luogo è stato scelto mettendo insieme necessità tecniche, come quello di avere un’area non in ombra e orientata in modo da consentire fino all’ultimo le trasmissioni con la Terra, con necessità scientifiche di ottenere anche in questa fase quante più informazioni possibili sulla superficie di 67P.

Dov’è finita Rosetta
Il punto del contatto è nella regione denominata Ma’at, sul lobo più piccolo della cometa. È stata scelta perché dalle immagini fornite in precedenza da Rosetta ospita numerose depressioni attive, larghe circa 100 metri e profonde 50, dalle quali escono getti di vapore d’acqua dovuti alla sublimazione degli strati ghiacciati della cometa (la sublimazione è il passaggio dallo stato solido a quello gassoso senza passare per quello liquido). La conformazione della superficie sembra inoltre suggerire che siano visibili formazioni molto antiche, risalenti alle prime fasi in cui si formò il Sistema solare. Gli strumenti montati su Rosetta, fotocamere comprese, hanno lavorato fino all’ultimo per registrare dati da vicinissimo su questa regione, prima che la sonda finisse contro 67P.

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Rosetta durante la sua ultima discesa non ha visto Philae, il lander che si era portata dietro dalla Terra e che aveva poi sganciato nel 2014 per farlo atterrare sulla cometa. Philae si trova sul lobo più grande di 67P, quasi agli antipodi rispetto a dove è stata fatta scendere la sonda. Il lander ebbe qualche problema con il suo atterraggio è finì in una zona in ombra, che rese difficoltoso il suo utilizzo e l’alimentazione dei suoi sistemi con i pannelli solari: la sua posizione precisa è stata identificata a inizio settembre, a pochi giorni dalla fine dell’intera missione.

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Fine delle comunicazioni
Come programmato, dopo l’arrivo sulla superficie, Rosetta ha smesso di comunicare con la Terra e non avremo mai più sue notizie. La sonda è stata programmata per spegnere tutti i suoi sistemi al momento del contatto con la cometa, compreso il trasmettitore come previsto dalle regole che l’ESA e le altre agenzie spaziali si sono date per ridurre le interferenze radio nello spazio profondo, che potrebbero disturbare le altre strumentazioni per le ricerche spaziali. La disattivazione non rende possibile in nessun modo una riattivazione a distanza dei sistemi di Rosetta, ammesso che siano rimasti interi: l’impatto è avvenuto a circa 90 centimetri al secondo, non molto veloce, ma la sonda non ha sistemi per attutire l’atterraggio ed è molto probabile che si siano danneggiati i pannelli solari e la sua antenna principale.

La conferma sull’avvenuto spegnimento di Rosetta non può quindi essere diretta, ma basata sulla rilevazione delle onde radio nello Spazio da parte del Centro europeo per le operazioni spaziali (ESOC). Quando la sonda si risvegliò dalla sua ibernazione nel 2014, resa necessaria per preservare i suoi strumenti nel lungo viaggio durato anni, l’ESOC rilevò un picco in uno spettro radio di riferimento, determinando quindi che Rosetta si fosse svegliata. Ora è avvenuto il contrario: la scomparsa del picco ha testimoniato che la sonda ha terminato le sue attività.

I tecnici dell’ESA hanno scelto traiettoria e punto di contatto per fare in modo che, dopo l’arrivo, Rosetta non rimbalzasse sulla superficie e tornasse in un’orbita intorno a 67P. Possiamo quindi solo assumere che la sonda sia sulla superficie della cometa. I suoi sistemi sono comunque programmati per spegnersi non appena avviene il contatto con la superficie, quindi nel caso di un rimbalzo, riprenderebbe a girare intorno alla cometa, ma senza inviare dati.

67P
67P/Churyumov-Gerasimenko (67P/C–G) è grande circa 3,5 chilometri per 4 chilometri nei punti di massima estensione. Fu scoperta nel 1969 e, dopo qualche traversia, nei primi anni Duemila fu selezionata come obiettivo per la missione di Rosetta. La sonda deve il suo nome alla stele di Rosetta, la lastra di pietra che permise agli archeologi di decifrare i geroglifici degli antichi egizi. L’ESA ha deciso di chiamarla così perché confida che la sonda possa essere una sorta di stele del nostro tempo: un mezzo per rendere comprensibili i meccanismi che portano alla formazione dei pianeti in generale, e più in particolare ai fenomeni che resero possibile la formazione del nostro sistema solare per come lo conosciamo oggi. Philae, invece, si chiama così per ricordare l’isola di Philae (in italiano File), dove fu trovato un obelisco le cui iscrizioni furono utilizzate per decifrare parte delle cose scritte sulla stele di Rosetta. Il suo compito è stato di trasmettere dati e informazioni registrati sulla superficie di 67P per interpretarne meglio le caratteristiche.

Foto cometa 67P/Churyumov–Gerasimenko - Missione Rosetta

Nell’ambito della missione dell’ESA, l’Italia ha contribuito molto per realizzare la sonda Rosetta e il lander Philae. L’Agenzia Spaziale Italiana ha coordinato lo sviluppo e la realizzazione per Rosetta degli strumenti VIRTIS, per studiare il nucleo di 67P, GIADA, per lo studio delle polveri della chioma della cometa, e OSIRIS/WAC, per mappare la superficie. Su Philae ci sono altri due strumenti sviluppati in Italia: DS2, per trapanare e raccogliere i campioni, e la serie di pannelli solari che avrebbero dovuto ricaricare le batterie del lander se fosse finito in una posizione meno infelice.

Comete
Le comete hanno di solito dimensioni relativamente piccole e sono formate quasi completamente da ghiaccio. La maggior parte degli astronomi ipotizza che siano residui rimasti dopo la condensazione della grande nebulosa da cui ha avuto origine il nostro sistema solare. Semplificando, una nebulosa è un grande ammasso di polvere, idrogeno e plasma le cui dinamiche possono portare alla formazione di stelle e pianeti. Le zone periferiche della “nostra” nebulosa erano fredde a tal punto da permettere all’acqua di trovarsi allo stato solido, quindi ghiaccio, cosa che portò alla formazione delle comete.

Ogni cometa segue una propria orbita intorno al Sole che la porta quindi ad avvicinarsi periodicamente alla stella: il grande calore fa sublimare gli strati più esterni di ghiaccio. È in questa fase che intorno al nucleo delle comete si forma una “chioma” di vapori. Il vento solare e la pressione della radiazione del Sole spingono parte del vapore portando alla formazione della “coda”, che punta quindi in direzione opposta rispetto a quella in cui si trova il Sole. In molti casi il fenomeno rende visibile la cometa anche dalla Terra, talvolta a occhio nudo come accadde nel 1997 con Hale-Bopp.

Le scoperte di Rosetta e Philae
Ancora prima di finire, la missione Rosetta ha permesso di scoprire molte cose interessanti, a volte sorprendenti, sulle comete. I ricercatori hanno per esempio trovato molecole di ossigeno (O2) nella sua chioma, analizzando i dati raccolti tra settembre 2014 e marzo 2015, mentre 67P proseguiva il suo viaggio verso il Sole, il cui calore fa sciogliere gli strati più esterni della cometa composti da ghiaccio e frammenti di roccia portando alla formazione di vapori e gas. Lo spettrometro ha indicato la presenza di ossigeno molecolare (come quello che respiriamo qui sulla Terra) in una concentrazione pari al 3,8 per cento nella nuvola di gas, composta principalmente da vapori d’acqua. I dati sono stati controllati e ricontrollati per assicurarsi che non fossero dovuti a un’anomalia dei sistemi a bordo di Rosetta. La presenza di O2 è inattesa perché di solito nella sua forma molecolare l’ossigeno reagisce rapidamente con altri elementi chimici trasformandosi in altre sostanze.

I ricercatori non sanno di preciso quale sia la sua origine, ma l’ipotesi più affascinante è che l’ossigeno rilevato da Rosetta risalga a miliardi di anni fa, quando si formò la cometa. Durante quella fase, molecole di ossigeno rimasero intrappolate in minuscoli granelli di ghiaccio e roccia che si fusero poi insieme formando 67P per come la conosciamo oggi. Gli strumenti di Rosetta avrebbero quindi “annusato” ossigeno vecchio di miliardi di anni, quando il Sistema solare era ancora nella sua turbolenta fase di formazione. Il problema è che questa ipotesi contrasta con le teorie più affermate su come si formò il Sistema solare, soprattutto perché l’ossigeno tende a reagire rapidamente con l’idrogeno e quindi è difficile da spiegare come l’O2 sia rimasto tale prima di restare intrappolato dentro 67P. Secondo i ricercatori, sotto determinate condizioni di temperatura e di abbondanza dello stesso elemento chimico potrebbe comunque essere successo.

Nei pochi giorni in cui è stato possibile utilizzarlo nel 2014, Philae ha fornito dati interessanti sulla consistenza della superficie della cometa, in alcuni punti molto più dura di quanto era stato ipotizzato. Altri dati hanno offerti indizi sulla presenza di molecole organiche, su cui sono ancora in corso ricerche e approfondimenti. Le rilevazioni effettuate oggi da Rosetta forniranno nuove serie di dati sia sulla conformazione della superficie di 67P, sia sui gas e le polveri emesse dalla cometa.

Un successo
Rosetta è stata la missione spaziale più importante degli ultimi tempi per l’Agenzia Spaziale Europea e il suo costo complessivo è stato di 1,4 miliardi di euro, cifra che comprende tutte le spese affrontate in un periodo di 20 anni dalla progettazione della missione alla sua esecuzione, costruzione degli strumenti, della sonda e del lander compresa. Considerati gli scopi, le sfide tecniche e i risultati ottenuti, non si è trattato di una cifra particolarmente alta, soprattutto se confrontata con i costi di altre missioni spaziali. Ogni cittadino europeo ha contribuito a Rosetta con una spesa di 3,50 euro, meno di un biglietto per vedere un film di fantascienza al cinema. E con la differenza non da poco che sulla cometa ci siamo andati sul serio.